L’ultima-innocenza---Emiliano-Morreale

L’ultima innocenza – Emiliano Morreale

L’ultima innocenza di Emiliano Morreale ci introduce a sei storie meravigliose, tra poesia e realtà, in cui i protagonisti vivono il cinema come un’ossessione, una chiamata verso la vita vera. Una dimostrazione empirica che le pellicole non finiscano con i titoli di coda.

L’ultima innocenza di Emiliano Morreale

Abbiamo perso qualcosa con l’avvento e in seguito il dominio delle serie tv a scapito del cinema? Impossibile fornire una risposta di quantità visti i numeri e il giro d’affari che sta dietro alle emozioni prêt-à-porter delle serie tv. Per questo Emiliano Morreale traccia un’altra risposta, una chiamata sentimentale al mondo del cinema, dove cinema vuol dire dentro, fuori, oltre, altro.

Già critico, esperto archivista e giornalista dedicatosi al cinema, con la sua prima opera letteraria, Morreale fa un salto verso il metafisico, sognante eppure quotidiano, rappresentato dall’amore per il cinema, dalla dimostrazione empirica che le pellicole non finiscano con i titoli di coda.

Così L’ultima innocenza ci introduce a sei storie meravigliose, tra poesia e realtà, in cui i protagonisti vivono il cinema come un’ossessione, una chiamata verso la vita vera. “Tutti noi abbigliamo una controfigura che mandiamo nel mondo, e che è il nostro unico essere.” scrive Morreale “Pochi temerari però (esteti, narcisi, psicotici) osano farsi fino in fondo creatori di sé”. E proprio di quei pochi temerari si occupa.

Si parte da Palermo, con una storia che potrebbe avere come colonna sonora una splendida aria di Morricone, una di quelle che negli anni Settanta ha raccontato le storie di magistrati e mafiosi, di poliziotti e malviventi. Oppure si potrebbe scegliere un Morricone che apre un film di Tornatore, ma poco cambierebbe, tutto è caldo ed esotico proprio come la Sicilia in cui le storie da cinematografo partono.

A raccontarle è un appassionato frequentatore di sale d’essai periferiche e leggendarie come il Cinema Lubitsch di Palermo, poi archivista a Roma, e ancora studioso e professore in piccole sedi universitarie di provincia. Nei suoi viaggi “intorno” al cinema, si imbatte in una serie di storie che attraversano il ventesimo secolo, in uomini e donne che inseguono desideri e visioni di celluloide.

l'ultima innocenza

Sono vicende crudamente vere ma più che inverosimili e in ognuna si cerca di salvare qualcosa: sé stessi, i propri cari, l’amore, la dignità, rincorrendo una redenzione impossibile. Tutti i protagonisti, in un modo o nell’altro, si accorgono che la bellezza, o la fama, non potranno riscattare né loro né il mondo.

Alcuni passaggi del libro fanno riflettere, alcuni divertono, tutti trasportano in un mondo surreale il lettore incapace di decidere se seguire la linearità della satira narrata, o perdersi nella poesia, spesso drammatica, scatenata dai racconti.

Si percepisce in Morreale una chiave di lettura sentimentale del cinema, visto non come semplice intrattenimento, ma come via di accesso al mondo, come modo di essere presenti al proprio tempo.

In tutta questa lettura c’è anche una chiave psicanalitica, come se il cinema potesse essere un modo per dimenticare il mondo della propria realtà, cercando di aprirsi nuove possibilità esistenziali. In questo senso il racconto forse più caratterizzato e che colpisce di più è quello del figlio del noto mafioso Michele Greco, Giuseppe Greco,  che ambiva ad essere riconosciuto come regista mentre il padre lottava tra i bunker della giustizia per salvarsi la pelle dalle carceri italiane.

Sintomatico in quanto ci mostra in tutta la sua chiarezza come la bellezza del cinema possa assolvere, sollevare, far ambire, ma mai salvare il mondo. Sarebbe bello che così fosse, sarebbe bello come in Truffaut, o Tarantino, che il destino potesse essere cambiato e migliorato da una pellicola di cellulosa, ma non è così, purtroppo.

Quello che però ci insegna questa splendida rassegna di Morreale è che il cinema, alla fine, la salva lo stesso la vita ai suoi adepti, rendendoli capaci di più vite, di più controfigure.

Emiliano Morreale – L’ultima innocenzaSellerio

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Su Andrea Labanca

Andrea Labanca cantautore, laureato in filosofia e performer, ha scritto tre album impregnati di letteratura. "I Pesci ci osservano" disco della settimana di Fahrenheit Rai RadioTre e "Carrozzeria Lacan" ospitato a Sanremo dal Premio Tenco. Ha collaborato con diversi scrittori (tra cui Aldo Nove e Livia Grossi) e ha lavorato come attore per Tino Seghal. Quest’anno è uscito il suo terzo album, “Per non tornare”, racconto noir-poetico in chiave elettro-vintage.

Un commento

  1. I adore how your unique personality shines through in your words. It feels like we’re engaging in a meaningful conversation.

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