L’Antigone di Stefano Raimondi è un viaggio dentro un corpo, alla ricerca dei più piccoli sospiri da cui si originarono scelte deflagranti. Oltre i gesti, oltre l’azione, oltre i ruoli, vicini al sangue che ribolle.
L’Antigone di Stefano Raimondi
Chi è Antigone? Cosa può dirci ancora Antigone oggi? Le domande, per quanto leziose, sono lecite, visto il continuo esser tirata per la giacchetta che Antigone ancora oggi subisce. Chi decide di scrivere di Antigone, volente o nolente, deve confrontarsi con tutta la massa di interpretazioni e considerazioni che ne sono derivate. A meno che non si decida di tagliare corto e invertire la rotta, rivolgendosi ad Antigone scevri di ogni pudore o pregiudizio, per ascoltare cosa ancora vuole raccontarci il personaggio mandato tra il mondo da Sofocle nel 442 A.C.
A scegliere questa strada, questa divagazione, questa fuga poetica, ci ha pensato un poeta, un lettore della realtà come Stefano Raimondi. Lo scrittore, poeta e critico milanese, per una volta la connotazione geografica non è un puro escamotage per sfuggire ai pronomi visto il suo radicamento nella città, ha costruito un dialogo con Antigone liberandola dalle gabbie ideologiche in cui spesso si è vista costretta.
Il dialogo, in realtà un monologo come suggerisce il sottotitolo (recitativo per voce sola), è un flusso di coscienza continuo in cui Antigone è prima di tutto corpo e sangue.
Come fa notare nella precisa prefazione Chiara Zamboni, spogliarla dal suo essere prototipo sia nelle letture giuridiche di stampo hegeliano, sia nelle letture femministe, è l’intento di Raimondi per arrivare ad incontrare una specifica donna, una singolarità. Per instaurare un racconto che vada oltre le vicende ben note esposte nella tragedia.
Conoscendo la produzione passata di Raimondi, viene idealmente da immaginare Antigone vecchia, che con le ciabatte cammina fra il centro storico di Milano, una città che non le assomiglia più ma che comunque la riconosce. Infatti lei è L’Antigone: con quell’articolo determinativo che da un lato la milanesizza e dall’altro la precede come una nomea.
Un’Antigone libera
In questo libro, in questo momento, Antigone è libera e si concede ad una lungo soliloquio.
Sono nata da un inganno sudato, stremato dalla cecità, dal buio ventrale della passione, dalla sbordatura della riconoscenza. Come uno zampillo sono uscita da una sorte sbagliata, da uno sguardo malsano, incistato tra le carni vogliose delle madri, dalle reni sfrenate dei padri.
L’Antigone è carne, è passione, è sensualità e violenza insieme, forza e azione in un solo gesto. Grazie alla ricostruzione poetica, troviamo tracce della donna, della bambina, della futura o passata oppositrice. In questo lavoro Raimondi è guidato più dalla pura curiosità che dalla volontà speculativa, inclinazione che lo pone in grado di seguire vicoli anche ciechi dell’esistenza della protagonista, ma interessanti proprio perché arricchenti di particolari minimi che ai miti non sono concessi. Ubi maior minor cessat, ma proprio nel minore invece emerge la donna, la bambina, la singolarità.
Non giocavo sempre da sola. Ismene era taciturna […] Lei tagliava i fili dalle vesti delle mie bambole. Pensava di liberarle dagli incantesimi e invece le scuciva piano, piano denudandole, sconce.
Anche in questa versione dei fatti L’Antigone non è sola, ha una città, una comunità con cui confrontarsi. C’è un prima e c’è un dopo, ma c’è sempre un marchio di matta, di disperata, di sporca che la precede in ogni dove. Una fama che è scherno e vergogna insieme, imbarazzo e storia contemporaneamente.
Naturalmente c’è anche l’incontro con il potere, con Creonte, con la giustizia. Ma anche nel confrontarsi col tema cardine dell’opera sofoclea, Raimondi non confonde Antigone con L’Antigone e traccia una lettura che viene dal corpo, dalla natura, dalla pelle.
Ma la mia ragione è nel mio corpo: m’appartiene per flusso, per sangue che rinviene. La tua a chi appartiene?
Pur non cadendo completamente nell’enfatica lettura politica dell’Antigone, Raimondi distingue nettamente il campo fra chi sceglie la battaglia e chi per condizione se la ritrova addosso: senza possibilità di scegliere. Tema di stretta attualità che pone la differenza biologica, per dirla con Negri, come un criterio imprescindibile di posizionamento politico. Tema oggi dibattuto in tutte le università del Nord Europa che stanno ricostruendo le esperienze coloniali avvicinandosi alle epistemologie del sud seguendo la via tracciata da Boaventura de Sousa Santos.
Dopo aver gironzolato intorno ad Antigone, in conclusione la ritroviamo donna e carne in cerca di assoluzione.
Ho sfidato la legge ho lasciato il mio cuore in mano agli dèi. Anche loro convincerò a volermi bene.
L’Antigone di Stefano Raimondi è un viaggio dentro un corpo, alla ricerca dei più piccoli sospiri da cui si originarono scelte deflagranti. Oltre i gesti, oltre l’azione, oltre i ruoli, vicini al sangue che ribolle.
Stefano Raimondi – L’Antigone – Mimesis