Fortuna di Nicolò Govoni narra la storia di Hans, Juju e quella di Nonna che entrano in un campo profughi e possono ottenere cibo, vestiti e cure solo se conquisti dei like e la libertà viene donata se e solo se raggiungono la popolarità e quindi ancora like.
Chi è Nicolò Govoni
“Dicono che siamo gli artefici del nostro destino, che siamo liberi di agire come meglio crediamo. Ma la libertà è una grossa responsabilità, ed è reale solo se condivisa. Nessuno è libero finché non lo sono tutti quanti.” [1]
È con il mese di ottobre 2021 che esce in libreria il nuovo romanzo di Govoni che, come tiene a descrivere nelle sue note finali, è la sua opera «più importante, la più faticosa, la più dolorosa finora. Ma è anche la più ambiziosa, la più complessa, la più vissuta».[2]
Per chi non lo conoscesse Nicolò Govoni è un ragazzo di soli 28 anni che nel 2020 ha concorso per il premio Nobel per la pace. All’età di vent’anni è andato a vivere in India dove ha studiato giornalismo e da lì è iniziato il suo percorso umanitario e la voglia di impegnarsi per gli altri.
Come lui stesso racconta non è stata una strada facile quella compiuta da lui e da altri ragazzi: come sempre ci si può arrendere davanti a situazioni che paiono irreparabili e troppo dolorose o si può lottare per i diritti umani e loro han scelto di occuparsi di tutti coloro che sono nati da quella parte del mondo che non ha la fortuna che abbiamo noi.
Ha così fondato l’organizzazione no – profit Still I Rise i cui valori fondanti sono trasparenza, efficienza e indipendenza come han dimostrato in diverse situazioni e come continuano a fare[3]. Le loro scuole, che a detta dei bambini sono “le più belle del mondo” richiamano un’idea unitaria fin dal loro nome: Mazì, Beraber, Ma’an, i nomi delle diverse scuole da loro aperte significano tutte “insieme”.
Infine a Nairobi hanno aperto il loro ultimo successo scolastico: una scuola che offre gratuitamente agli studenti profughi il diploma baccalaureato, ossia quel diploma che segue i parametri IB (ossia il Baccalaureate Internazionale)[4]. I programmi IB sono solitamente elitari e destinati infatti a una cerchia ristretta di ragazzi visti i loro elevati costi d’accesso: da Singapore a Milano vi sono differenti strutture IB, tra cui l’International School of Monza e la Saint Louis di Milano, scuole esclusive e per pochi. Su 100 bambini di genitori laureati 69 si laureano. Su 100 bambini di genitori non laureati 8 si laureano. Uno degli obiettivi delle scuole aperte da Still I Rise è proprio quello di aprire ai loro studenti “le porte delle migliori università del mondo e delle più influenti posizioni lavorative”.[5]

Fortuna di Nicolò Govoni
E ora torniamo a Fortuna. 400 pagine lette in circa 72 ore. Govoni nei suoi post si definisce sempre prolisso: caro Nicolò, chi più di me può capirti in questo che mando audio agli amici dai 2 ai 6 minuti? Nonostante tu ti definisca prolisso, le tue pagine me le sono godute tutte senza volermi mai fermare, ma purtroppo durante le festività ci sono le incombenze dei panettoni vari da aprire e da regalare che mi hanno interrotta. E ti dirò di più: al termine del libro ho anche pensato “ah, di già?”.
Sì perché nonostante la pesantezza fisica del libro che pur non avendo una copertina rigida pesa nel nostro zaino, e nonostante il peso delle parole importanti che ci scorrono davanti, il testo lo si legge con estrema rapidità e a partire da pagina 26 ti affezioni a Juju e ad Hans in un modo inspiegabile, in seguito a uno scambio di sguardi: tifi per loro e speri subito che le battaglie portate avanti da Juju vengano vinte.
Come avrete capito i protagonisti sono Hans, Juju e un’altra voce, quella di Nonna. Tre persone, tutte e tre una più diversa dall’altra ma con un punto in comune: la fuga da qualcosa di terribile e la voglia di salvarsi, di sopravvivere, di vivere. Tre persone in fuga che si ritrovano immersi in una realtà che ci pare surreale, ma lo è davvero?
Approdano in Turchia. Vengono venduti e comprati e spostati. Viene dato loro un numero d’ingresso. Da lettore ho avuto quel senso di panico che provai nel leggere Hunger Games[6] dove solo uno nel gioco poteva sopravvivere. Anche qui il concetto è similare, ma allo stesso tempo ti turba perché è verosimile: entri in un campo profughi e puoi ottenere cibo, vestiti e cure solo se conquisti dei like e la libertà ti viene donata se e solo se raggiungi la popolarità e quindi ancora like.
Ci sembra davvero così surreale o forse è una triste realtà a cui siamo abituati? Gli abitanti del campo profughi di Fortuna devono poi mostrare solo le meraviglie di quella vita e non le parti oscure, come quotidianamente noi che postando ci ricordiamo di applicare filtri, di rifare la foto 35 volte e di cestinarla se non conforme alle aspettative di Instagram. Che prezzo questa libertà, ma soprattutto un prezzo che va a discapito di chi? Sempre degli ultimi, ovviamente. Quindi cosa faranno Juju, Hans e Nonna?
Non conosco di persona Nicolò Govoni, ma nelle pagine del libro ho rivisto un po’ di lui in Juju e in quei valori che compaiono scritti in grande nel manifesto valoriale di Still I Rise: trasparenza, efficienza e indipendenza.
Un libro da leggere, da rileggere, da consigliare, e da leggere ancora.
[1] Dalla quarta di copertina di Fortuna, N. Govoni.
[2] N. Govoni, Fortuna, Rizzoli, Milano, 2021, p. 405.
[3] Cfr. https://www.stillirisengo.org/it/chi-siamo/storia/
[4] https://www.ibo.org/programmes/
[5] https://www.stillirisengo.org/it/chi-siamo/storia/
Nicolò Govoni – Fortuna – Rizzoli