Intervista a Omar Di Monopoli, autore di Nella Perfida terra di Dio

Intervista a Omar Di Monopoli, autore di Nella Perfida terra di Dio

Omar di Monopoli ci ha concesso una lunga ed intensa intervista in cui racconta il suo ultimo lavoro, Nella Perfida terra di Dio, e non solo. Uno scrittore capace di costruire un ponte di parole tra Puglia e America, proponendo un noir pugliese ricco di tutte le sfumature di una regione che ama e conosce in profondità.

Nella Perfida terra di Dio ha un linguaggio ancora più impastato col territorio e al contempo apocalittico rispetto agli altri libri, è una tua evoluzione o la storia che aveva bisogno di questo linguaggio? Ad essere onesto io non sento questo passaggio, questo cambiamento così forte, credo di aver affinato i mezzi, come normale che sia dopo alcuni anni di lavoro e dopo aver scritti altri libri. Ma il cambiamento non lo sento così forte, avevo già giocato con gli stilemi linguistici in altri libri e mi sono trovato in questo caso forse a migliorare la tecnica.

Vieni accostato a grandi scrittori americani, intrisi di spirito americano, è un accostamento che viene facile eppure i tuoi libri sono profondamente legati al tuo territorio e unici per ambientazione, come spieghi questa bivalenza? Io vengo da Faulkner, mi sono sempre immaginato una Puglia che somigliasse all’America e da lui sono ripartito alla riscoperta prima della Sicilia con Giovanni Verga, poi Bufalino fino ad arrivare agli scrittori pugliesi. Tieni conto che io mi sono riappropriato della lingua e degli stilemi, questi sì molto pugliesi, e quindi ho mescolato le due istanze.
È forse paradossale e paradigmatico che tutto ciò che la scuola mi aveva insegnato a non amare l’ho riscoperto grazie agli scrittori d’oltreoceano.

Leggendo il tuo libro in effetti c’è proprio un meridione noir che forse in nuce c’era anche negli scrittori italiani che ti hanno ispirato? Io vengo dal fumetto, per cui mi è rimasta addosso la volontà di marcare bene i bianchi e neri in maniera molto espressionista, per questo mi sono avvicinato a scrittori molto baroccheggianti come Faulkrner e compagnia sonante. Poi la griglia del genere che io ho adottato, quella del noir mediterraneo, del gotico meridionale, fa sì che questa sia una visione iperbolica, cupa quanto vuoi, vorrebbe in sordina indurre ad una riflessione sul mio territorio.

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Nuzzo il guaritore di Rocca Bardata, è un personaggio davvero ben disegnato e sinistramente affascinante, perché hai deciso di descrivere un pseudo-mistico? Era un po’ di anni che mi portavo dietro questa suggestione, che esiste in particolar modo nella provincia del Sud, della mercificazione del dolore, della elezione a santone di personaggi loschi e cialtroni, vigliacchi che utilizzano la disperazione dei malati per trarne vantaggio.
Poi questa idea è andata sposando l’immagine di questi personaggi un po’ eremiti che vivono in baracche cadenti che già avevo affrontato nel primo libro, per cui alla fine Nuzzo è una sorte di Pietro Lu Sorge, cioè il primo personaggio del primo romanzo che si è sviluppato in forma ancora più mistificatoria.

A quale attore affideresti in un film il ruolo di Nuzzo? Ma sicuramente dovrebbe essere pugliese, mi viene da pensare a Placido, potrebbe essere uno di quelli.
Ma lavorando sulla sceneggiatura diUomini e cani, tra vari intoppi, mi sono reso conto che poi le facce le sceglie il regista, che se vuoi è lo specchio di quello che succede anche con la lettura di un libro, perché è il lettore che sceglie le facce. Quindi non è quasi un mio diritto scegliere le facce dei miei personaggi.

Sei interessato ai fenomeni di fideismo, o è un caso che in questa vicenda ci sia una forte componente apotropaica, arcaica? Sì sono curioso e fin dal titolo volevo dare un tono biblico che sottolineasse questa religiosità animista e anche ai limiti del paganesimo che intride questi territori e devo dire che molto spesso i sud del mondo sono pentecostali, se pensiamo all’immaginario cinematografico, se pensiamo a True Detective, forse perché legati all’ignoranza e all’isolamento della provincia dove possono attecchire credulità e superstizione.
Quindi si mi interessa molto la questione e credo continuerà ad essere il fulcro del mio lavoro anche in futuro.

Vivi a Manduria, vicino al luogo del delitto, quanto il quotidiano entra nelle descrizioni dei tuoi personaggi? Entra tanto, uno scrittore scopre di essere diventato uno scrittore e non più uno scrivente quando riesce a mettere una distanza tra la propria biografia e la prosa vera e propria.
Naturalmente è ovvio che alcuni lacerti di vita personale fuoriescano nonostante la volontà dell’autore. Per esempio in questo libro c’è una ricerca paterna molto forte e questi sono i mesi in cui ho perso mio di padre e quella ricerca paterna forse è venuta fuori nonostante la mia volontà.
Come quando scrivevo la Legge di Fonzi e raccontavo di un protagonista che aveva la mamma legata al letto per i troppi chili e io in quel momento avevo mia madre legata al letto per una malattia che poi la portò via.
Ribadisco la biografia viene fuori in forme diverse, traslate. Sopratutto il teatro dove faccio accadere le cose somiglia a quello che abitualmente vivo ed è evidente che miasmi dell’Ilva li conosco bene anch’io, come i protagonisti del mio ultimo libro.

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C’e nel libro, a mio parere, un rapporto tra un mondo appunto arcaico e guidato da forze mistiche e il mondo dei media, che non ne escono benissimo, in questo scambio volevi raccontare qualcosa nello specifico? Voleva essere un principio di satira nei confronti dei media. Sai non vivo distante dal luogo del delitto della piccola Sara e ricordo bene, anche perché mi intervistavano ogni giorno i giornalisti locali, la prepotenza e la capacità di deformare il reale in maniera grossolana da parte dei media che entravano in una realtà che non conoscevano per regalare delle verità sensazionali.
Mi interessava l’idea dell’invadenza dei media nelle piccole comunità e anche spiegare quanto i media che si dipingono come buoni nel raccontare un cialtrone finissero per essere l’altra faccia della medaglia.

Quanto ho letto il tuo libro ho messo un disco di Morricone, ho sbagliato? Hai fatto bene, ci stava, l’immaginario cinematografico fa parte della mia costruzione narrativa e poi Sergio Leone veniva veramente in Puglia a prendere le facce da peones, per dire un ottugenario di Manduria faceva unaa parte nel  nella scena in cui impiccano Tuco. Quindi sì un legame tra spaghetti western e questa zona ci sta tutto.

Tu che disco metteresti per consigliarne la lettura? Se devo essere sincero sono molto vicino alle Murder Ballads di Nick Cave e sopratutto nei suoi ultimi lavori con il violinista Warren Ellis che utilizzo nelle mie sessioni di scrittura. Poi se vuoi anche Nick Cave è uno fulminato dal southern gothic infatti le sue ultime cose sono molto western e molto gotiche.

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Su Andrea Labanca

Andrea Labanca cantautore, laureato in filosofia e performer, ha scritto tre album impregnati di letteratura. "I Pesci ci osservano" disco della settimana di Fahrenheit Rai RadioTre e "Carrozzeria Lacan" ospitato a Sanremo dal Premio Tenco. Ha collaborato con diversi scrittori (tra cui Aldo Nove e Livia Grossi) e ha lavorato come attore per Tino Seghal. Quest’anno è uscito il suo terzo album, “Per non tornare”, racconto noir-poetico in chiave elettro-vintage.

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