Il rientro lampo di Rossi ha scatenato il visibilio dei tifosi, lo stupore (ma neanche tanto) degli addetti ai lavori, ma soprattutto il complottismo di chi crede alle scie chimiche e alla terra piatta. L’ennesimo rigurgito concesso dalla libertà di parola sui social, neanche il più grave (parliamo comunque di sport), ma che la dice tutta sul valore intellettivo di buona parte degli italiani. La terza piazza ottenuta da Valentino Rossi ieri è fenomenale. A meno di tre settimane da una doppia frattura a tibia e perone, il 38enne (pure questo dato va sempre tenuto a mente) è stato autore di un recupero velocissimo ed è sceso in pista ad Aragon. Con un mondiale decisamente compromesso, il buon senso avrebbe consigliato di aspettare qualche giorno in più e tornare in Giappone, ma Rossi è un pilota, è abituato a ragionare sul filo sospeso tra la ragione e il “che cazzo sto facendo”, per cui eccolo lì, con stampella, fasciatura, e un polso destro che pare non avere mai fine. La terza piazza ottenuta in qualifica è qualcosa di epico che rende ancora più grande questo sport, composto da un iceberg di tecnologia è vero, ma sulla cui punta c’è sempre un uomo che con questa tecnologia deve saper danzare. Io, lo ammetto, facendo questo lavoro faccio fatica a essere tifoso, però quello che ha fatto Rossi è senza dubbio meraviglioso, perché l’ha fatto per se stesso (o se volete essere fin troppo romantici, per i suoi tifosi) prima ancora che per gli interessi. Questi sono gli ultimi scampoli di una carriera straordinaria, e Rossi ama davvero così tanto le moto che ogni lasciata, è una lasciata persa. L’ultima volta che mi sono emozionato così per un pilota è stato nel 2013, quando Jorge Lorenzo (sì lo stesso che viene fischiato in ogni pista italiana) si fratturò la clavicola in maniera scomposta ad Assen durante le prove libere, volò a Barcellona a farsi raddrizzare e 48 ore dopo si ripresentò in pista e arrivò quinto, letteralmente stremato dal dolore.
Purtroppo però in questo paese il coraggio, o la follia, se preferite, difficilmente viene riconosciuta. E quindi, anche nel caso di Rossi sono fioccate teorie al limite della demenza in cui, in poche parole, emerge un sistema proRossi atto a rendergli meriti che non ha. La più articolata è più o meno questa: Rossi non si è davvero rotto la gamba, è tutta una messa in scena per creare hype sul finale di stagione, in cui, ovviamente, tutto è già scritto: lui rientrerà, vincerà tutte le gare e sarà campione per la decima volta. Ovvio no.
Ora, ammetto che leggere ‘ste stronzate per certi versi è divertente, e suppongo che due risate se le faccia anche Rossi. Se non fosse che questa gente ha diritto di voto e, soprattutto, applica lo stesso tipo di ragionamento anche a problemi ben più gravi di una gara di moto, ci sarebbe da pisciarsi addosso. Ma non è così, per cui meglio concentrarsi su Rossi che tra poche ore ci regalerà la prova pratica di un insegnamento terribilmente prezioso: non mollare mai (anche se siamo italiani).
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