Demagogia è un termine che arriva dal greco dall’unione di due parole, “demos-popolo” e “aghein-trascinare”, e indica un comportamento politico che, attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo, cerca di accaparrarsi il suo favore.
La parola del day-after.
Il giorno dopo quello del referendum abrogativo delle trivelle in mare.
La la parola più cercata in queste ore, dopo che il Renzi Matteo Nazionale l’ha rispolverata dal vocabolario del liceo.
La parola che poco c’entra con il pollo sopracitato. O forse, sì.
Sta di fatto che questa breve riflessione politico-ornitologica mi esce spontanea e senza giudizi in merito alle scelte fatte nella cabina elettorale e nemmeno con la presunzione di avere la verità in tasca, ma solo nell’esprimere il pensiero di una che in questo paese ci vive.
E di un paese e di polli parliamo.
Domenica non era solo il giorno del referendum costato 300 milioni di euro, era anche il primo weekend di apertura di quello che è stato descritto come il “centro commerciale più grande d’Europa”, ad Arese, un paese geolocalizzato alle porte di Milano
Ecco allora che l’italiano è chiamato a scegliere.
Meglio andare al mare o infilarsi in code chilometriche per andare a mangiare del pollo fritto da Kfc, nota catena fast food dello sfrigolante pennuto?
C’era anche la terza opzione da considerare e cioè dedicare pochi minuti ed esprimere un parere.
Non serviva argomentare nulla.
Non c’erano domande trabocchetto o esaminatori pronti a darci un voto.
Il voto eravamo liberi di deciderlo noi.
Invece alla chiusura delle urne solo il 32 per cento sembra essersi recato ad esprimerlo.Probabilmente il resto era in coda alla cassa.
Perché la drammaticità degli eventi non è stata ancora citata: il risultato di una domenica in balia delle onde è stato che di numeri ne sono emersi parecchi.
Tipo i 10 km di coda in autostrada per raggiungere l’uscita di Lainate adiacente il mall milanese, 2 ore di coda per assaggiare il pollo, altre 2 ore per entrare da Primark, 30 minuti per pagare alle casse del Disney Store e migliaia di famiglie stipate sulle scale mobili che hanno smesso di funzionare.
Stremate anche loro, probabilmente.
E mentre tutto ciò accadeva c’era un Premier gongolante per i suoi effetti di propaganda politica.
Ma come?
Non sarà mica che anche per il referendum costituzionale di ottobre ci permetta e ci inciti a non andare a votare?
Lui che vede e prevede un’affluenza superiore al 50 per cento, lui che tutto sa senza la sfera magica o i poteri del Divino Otelma.
Non sarà mica che ci girino le palle e che “chi di spada ferisce, di spada perisce”?
Non sarà mica che quel giorno lì apra il centro commerciale più grande del globo e venga offerto del pollo gratis anche ai vegani e siamo costretti a presenziare?
Vi avevo avvertito.Non voleva essere un trattato di politica da discutere all’Onu il mio, solo una considerazione personale di una che a votare ci è andata.
Si è documentata prima di farlo.
Una che ha visto amici sbattersi per fare una semplice croce su un foglio, gente che non era nella sua città eppure ha espresso un suo pensiero.
Perché ne abbiamo il diritto e il dovere.Se ci crediamo.
A stare fermi non accade nulla.
In caso contrario l’unico diritto che non ci è concesso è quello di lamentarci.
Che Renzi, pardon, il pollo non me ne voglia.