Thorkild Hansen - Arabia Felix e l'essenza del viaggio

Thorkild Hansen – Arabia Felix e l’essenza del viaggio

Arabia Felix di Thorkild Hansen è una straordinaria riproposizione letteraria della prima grande spedizione scientifica della storia della Danimarca. Con una prosa sospesa tra romanzo, saggio e documento storico, ci fa rivivere quel viaggio attraverso i luoghi, le persone e le scoperte effettuate dagli esploratori. Soprattutto l’opera si pone il grande interrogativo: l‘Arabia Felix esiste o è esistita davvero?

Che vi sia, ciascun lo dice; dove sia, nessun lo sa. (Detto popolare sulla credenza dell’Araba Felice)

Il Regno di Danimarca progetta un’impresa straordinaria

Quando è da poco iniziata la seconda metà del Settecento, i popoli di mezza Europa salpano alla conquista dei territori più remoti del pianeta. Gli inglesi spadroneggiano sugli oceani, i francesi non conoscono confini invalicabili, tutte le grandi potenze del vecchio continente sembrano protese ad un’espansione non solo territoriale, ma anche intellettuale e scientifica. Tra loro, un piccolo paese del nord Europa, il ridente Regno di Danimarca, decide che è il momento di puntare sul futuro e crea ad hoc un’impresa straordinaria che riesca a racchiudere in sé due delle maggiori predilezioni dell’epoca: la passione per le scienze e l’infatuazione per l’esotico. Così inizia il tutto, con un’ardua ricerca per trovare gli uomini adatti per questa impresa esplorativa così ambiziosa, ci vogliono scienziati all’altezza, in grado di intraprendere un viaggio pieno di insidie, mistero e pericolo.

La Gronland salpa

È il 4 gennaio del 1761 quando la nave da guerra Gronland salpa dal porto di Copenaghen direzione Costantinopoli, per poi proseguire attraverso Alessandria e da lì alla ricerca dell’Arabia Felix. La domanda che in cuor loro i sei membri della spedizione si pongono silenziosamente, mentre lasciano il porto danese, è la seguente: perché questo paese che stiamo andando a ricercare si chiama Araba Felice? Esiste davvero?

Appare così allettante quel che è lontano e sconosciuto, ma il giorno in cui si cede alla sua lusinga si arriva generalmente a vederne anche l’aspetto minaccioso.

Inizia un viaggio che trascinerà il lettore attraverso i mari di mezzo mondo, le città più belle e ricche d’Oriente, in un’epoca oggi considerata lontana ma che risplende ancora di meraviglie paesaggistiche ed architettoniche senza eguali. Una mappa dell’itinerario dell’epoca è presente all’inizio del libro.
La scrittura dell’opera è fluida, appassionante e stimolante. Hansen fa spesso parlare i diari di viaggio di alcuni degli esploratori della missione, dettagliando la realtà nelle sue più svariate tematiche: dalla vegetazione nuova che si scopre, alla misurazione degli astri fino alla stesura delle carte geografiche dei luoghi che vanno incontrando, senza rinunciare ai dettagli della società di ogni posto che gli esploratori trovano sul loro cammino. Ecco un breve frammento delle impressioni di Smirne, uno dei primi luoghi visitati nella spedizione che li inoltra nell’Oriente:

Le gallerie piene d’ombra che si aprono sulla strada, dove la gente sta sdraiata indolente a osservare i passanti; uomini e donne che si affollano al mercato per comprare frutti di gumbo e polvere dell’albero di Abramo, gli uomini in turbante e corte tuniche bianche, le donne col volto velato, da un velo bianco quelle non sposate e un velo nero quelle sposate, come se portassero il lutto della loro giovinezza.

Tappa dopo tappa verso l’Arabia Felix

Nuove partenze, nuove tappe: è la costante del viaggio. Si salpa verso l’Egitto, ad Alessandria prima e a Il Cairo poi: i mercati, i monasteri, le carovane per attraversare il deserto, i Pascià ed i loro palazzi, i predoni del Sinai. Ed è lì, nella terra che fu fatta grande dai Faraoni, che la consapevolezza delle difficoltà della spedizione diviene sempre più manifesta, è lì che la morte comincia a divenire un’idea costante

come se divenisse un’ombra sempre più grande, una cruda realtà che pesa ogni giorno su ciascuno, quasi diventa la controparte di quella ricerca del paese della felicità.

Il lettore accompagna i lunghi e gli impervi spostamenti della missione con una profonda immedesimazione nei sentimenti dei componenti, prova i brividi dell’ignoto come la pace nello spirito, l’adrenalina delle nuove scoperte come le difficoltà dell’adattamento in mezzo a gente così diversa per credo, cultura e costumi.

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La missione è il raggiungimento dell’Arabia Felix, quel paese che oggi risponde al nome di Yemen e che ha rappresentato, nell’immaginario dei secoli passati, il luogo dell’idealizzata felicità eterna. Ma il viaggio è ancora lungo, i paesaggi mutano, la lingua si articola, il clima diventa sempre più torrido. Bisogna attraversare il Canale di Suez per entrare nella penisola araba ed avvicinarsi all’obiettivo, la carovana è pronta:

Centinaia di cammelli, quasi contemporaneamente, cominciano a rumoreggiare e nitrire quando, un’ora prima del sorgere del sole, vengono di nuovo caricati e costretti ad alzarsi. Tutti si affrettano a prepararsi perché nessuno vuole correre il rischio di separarsi dalla compagnia e dalla sicurezza. Di nuovo la grande confusione della partenza si ordina in una lunga fila di cammelli, un millepiedi che ondeggia nel deserto dirigendosi esattamente incontro al rosso disco del sole.

Alla fine arriva l’Arabia Felix

Ed eccola lì, dopo quasi due anni di viaggio, gli esploratori arrivano finalmente al luogo per cui sono stati ingaggiati: inizia l’esplorazione dell’Arabia Felix. In un primo momento tutto sembra un sogno, il popolo è cordiale e accogliente, la natura ed il paesaggio trasmettono forza e fiducia a tutta la spedizione. Ma qui inizia il calvario, gli uomini si cominciano ad ammalare, nel giro di pochi mesi tutto sembra rivoltarsi contro di loro, la diffidenza e la riluttanza dei locali cominciano ad emergere.
La morte entra in scena. In poco tempo, dei sei che partirono anni prima da Copenaghen alla ricerca del paese della felicità, solo uno di loro rimane in vita. Si tratta dell’uomo senza ambizioni sociali e con la maggiore capacità di adattamento, Carsten Niebuhr, il quale rappresenta l’essenza stessa del viaggio:

non avere niente, non essere niente. Chi vuole vedere deve farsi quasi invisibile. Chi vuole ricordare deve vivere inosservato e dimenticato.

Di lui dice lo scrittore:

sembrava quasi nato per viaggiare in Arabia. Raramente mostrava insofferenza per la mancanza di comodità.

Il significato del viaggio

Il viaggio è rivelazione, scoperta, comprensione, spiritualità. Lo Yemen lo dimostra, l’alternanza d’emozioni e stati d’animo dei componenti ne è la testimonianza più viva. Quest’opera deve essere annoverata tra i più importanti testi di riferimento della letteratura di viaggio di ogni tempo. Lo scrittore danese merita un posto tra i maestri del genere, non ha nulla in meno di Chatwin, Kapuscinski e Naipaul. Le emozioni che trasmette al lettore raggiungono un livello misto di trascendenza, magia e misticismo. Come non emozionarsi fino all’incanto quando scopri le meraviglie di Sana’a, capitale dell’Arabia Felix e, ancora oggi, una delle città più belle del mondo intero:

Un’ultima curva e il paesaggio si apre davanti a loro. I tre uomini si fermano a guardare la valle con le sue case, il fumo dei focolari che sale verso l’alto misto al vapore della pioggia ancora sospeso alle pendici dei monti. Tutto è immobile. Ci vuole un po’ di tempo prima che gli stanchi viaggiatori credano davvero ai loro occhi. La città nella valle non è un miraggio provocato dalla febbre. E’ reale, come l’odore di terra bagnata che aleggia nell’aria, il ticchettio delle gocce che cadono dagli alberi. Non è un miraggio. E’ Sana’a. E’ la capitale dell’Arabia Felice. Dopo due anni e mezzo di cammino sono finalmente arrivati.

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Non esiste un luogo chiamato felicità

Viaggio, conoscenza, sfida, confronto, sofferenza, crescita. Continuiamo ad essere protesi a credere che altrove sia sempre meglio. Anche oggi, duecentocinquanta anni dopo l’esplorazione danese, pensiamo che lontano da noi vi sia la felicità e che le difficoltà ci abbandoneranno, che andare a New York o Barcellona basti a rendere la vita felice e priva di tormenti. La verità è un’altra e la si apprende sfogliando queste quattrocento e passa meravigliose pagine: non esiste un luogo della felicità, esistono solo luoghi dove siamo stati felici. L’unica Arabia Felix possibile è dentro di noi.

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Su Roberto Bruccoleri

Nato ad Agrigento nel 1983, si forma a cavallo degli anni '90 tra sale giochi, campi di calcetto di cemento e spiagge incontaminate, a 18 anni ha la fortuna di andare a studiare a Roma e lì la vita gli comincia ad offrire le meraviglie che è capace di elargire. Instancabile viaggiatore e famelico lettore, si vanta continuamente di essere nato a metà strada tra i paesi natii di Sciascia (Racalmuto) e Pirandello (Porto Empedocle), la sua massima è: "l'ignoranza è la verginità della mente".

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