Un droghiere armeno e il suo figlioletto scontento, il vecchio telegrafista ubriacone, i soldati in licenza che vanno al cinema con le ragazze americane, l’insegnante di ginnastica che fa lo sgambetto ai ragazzi, la banda dell’albero delle albicocche verdi…
… il grande Chris che rompe le trappole, la femminista avventuriera, il venditore di popcorn senza nome, il direttore dell’ufficio postale che fa a gara coi ragazzini della Western Union. Americani, greci, serbi, polacchi, russi, messicani, armeni, tedeschi, neri, svedesi, spagnoli, baschi, portoghesi, italiani, ebrei, francesi, inglesi, scozzesi, irlandesi. È una mappa di figure umane in un affresco della provincia americana degli anni Quaranta, in cui tutti entrano ed escono dalla storia con i pochi tratti magici di un bozzetto e una leggerezza di spirito che fa dimenticare la cornice di guerra. Perché ad esplorare questa cartografia umana è il contrappunto tra un bambino curioso e sperduto che sorride a un uovo e che forse non crescerà mai e un ragazzino che fa il portalettere in bicicletta per la fretta di crescere: è lo sguardo di questi due fratelli a correre sempre sul filo di una tragedia che si percepisce vicina ma che resta sempre abbastanza sospesa da non togliere il sorriso. E quando incombe non lascia soli e l’ultimo eroe è l’unico personaggio che non passa e va, ma resta.
Da leggere sospendendo il giudizio fino all’ultima pagina e da lasciar decantare nell’animo.