So che un giorno tornerai - Luca Bianchini

So che un giorno tornerai – Luca Bianchini

Chissà quale sarà il cammino di So che un giorno tornerai di Luca Bianchini, intanto possiamo salutarlo con la frase di Emma che ad un certo punto si meraviglia di essere felice. Ecco anche io mi sono scoperto felice nel leggere questo libro e di essermi sentito un po’ Emma.

Leggi l’intervista a Luca Bianchini

Storie quotidiane trasformate in letteratura

In questa Italia un po’ arrabbiata e un po’ bacchettona, per fortuna arriva ogni tanto una folata di vento a ricordarci che la vita va presa con leggerezza, che il quotidiano va preso con serenità, senza farne sempre questioni di principio.
In Italia abbiamo avuto grandi cantori della quotidianità, basti pensare a Lucio Dalla che riuscì a dare dignità e bellezza ad un “figlio della guerra” sino ad avvicinarlo a Gesù Bambino.

Luca Bianchini vive nella quotidianità dei suoi personaggi e nella quotidianità in mezzo alle persone. Antenna, grande comunicatore, Bianchini coglie le storie tra la gente, quelle che sembrano più fantasiose e meno realistiche, ma che invece sono strappate proprio dal quotidiano, per trasformarle in letteratura come la maestria dello scrittore-cecchino.

So che un giorno tornerai di Luca Bianchini

Per So che un giorno tornerai Luca Bianchini ha scelto una storia fragile e semplice, fatta di amore e voglia, bisogno forse, di essere felici.

La storia parte da Trieste, dove nelle prime pagine troviamo un’impacciata mamma alle prese con la scelta del nome della propria creatura. Scelta, quella del nome, quantomai difficile per la povera Angela, perché nella sua testa rimbomba la promessa (meglio la minaccia) di Pasquale, latin lover calabrese di professione “jeansinaro”: dalla sua posizione scomoda di uomo sposato e già padre di un’altra famiglia, riconoscerebbe solo un figlio maschio.

Dopo l’apertura esilarante e davvero molto realistica, partono le avventure della piccola Emma, nome miracoloso che arriva grazie ad un’infermiera amante di Flaubert che viene in soccorso di Angela.

Storia di una famiglia

La città, come già detto, è una Trieste di fine anni Sessanta, terra di confine in cui si riversano gli abitanti della ex-Jugoslavia, ancora sotto il pieno comando del Generale Tito, a comprare i jeans occidentali, simbolo della libertà, e commercianti a vario titolo provenienti dalle regioni del Sud Italia. Pasquale appunto è un jeansinaro calabrese.

In questo clima da commedia italiana non può mancare il pater familias che, a differenza di quello romano, non decide la vita o la morte della propria stirpe, cerca anzi di assecondare le inclinazioni dei propri cari, di proteggerli e possibilmente di renderli felici.
El Pipan, figura mastodontica che Luca Bianchini disegna con grande abilità, è un padre rispettato ma buono, innamorato dell’Impero Asburgico ma pragmatico (“l’onore passa, i soldi rimangono”), uomo capace di tenere in piedi una famiglia sgangherata e un po’ sfortunata, dove qualunque nascita è sempre, comunque, un momento di felicità assoluta.

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Luca Bianchini

Pragmatismo quotidiano

Ed è qui che Bianchini secondo me ci regala un libro importante. A dimostrare come lo scrittore torinese sia un’ottima penna e una mente agile potrebbero bastare i dati delle vendite dei suoi libri e i suoi successi cinematografici, ma in realtà le scelte che compie nel raccontare le storie ci regalano sempre qualcosa di più.

Raccontare la storia di famiglia in cui una madre non ancora ventenne fa una figlia con uno sconosciuto, la abbandona, la ritrova, fa casino, la famiglia per bene intanto si prende cura della piccola, insomma raccontare una storia tragica e realistica richiede uno spirito d’osservazione e una voglia di scardinare i luoghi comuni.

So che un giorno tornerai è un libro gentile, non perché la storia lo sia, anzi le vicissitudini della famiglia Pipan parrebbero materia da cronaca della ASL, ma è dolce e positivo per la penna di Bianchini che non si perde in moralismi o perbenismi; affronta la faccenda con pragmatismo quotidiano.
Pragmatismo che, se un giorno aveste voglia di fare un giro in una scuola pubblica o in un ufficio di servizi sociali,  ritrovereste nelle azioni di migliaia di famiglie “particolari” che non riempiono le colonne dei giornali. Colonne dei giornali troppo impegnate a creare casi o a lanciare proclami, ma disattente alla vita quotidiana che ha già di gran lunga superato la classe politica, l’opinione pubblica e i vari santoni su temi importanti quali l’adozione, la crescita dei figli, le inclinazioni sessuali.

È fortissima e commuove la scena in cui Emma va in tribunale a cercare di costruirsi un padre, di fronte al funzionario del Tribunale la protagonista diciassettenne si racconta e si apre. Bianchini racconta insomma con grande bravura e intensità quello che succede tutti i giorni in migliaia di uffici pubblici, dove la vita va avanti e bisogna cercare ogni giorno di regalare un po’ di felicità (almeno burocratica) a figli e figlie dei loro tempi.

Pennellate di precisione storica

Altro aspetto che mi preme sottolineare di So che un giorno tornerai è la precisione storica e la ricostruzione di particolari che ci raccontano immediatamente un’epoca con poche, velocissime pennellate.
Le penne panna e prosciutto che riassumono gli anni Ottanta in una ricetta, anni in cui si cercava la felicità in una crema. Ma ancora i jeans venduti a Trieste, come già detto, simbolo di una libertà che non c’era e per questo la si cercava nelle elementi più semplici e banali.

Consiglio, mi permetto, a chi volesse approfondire la faccenda dei “jeansinari” di leggere o guardare il materiale prodotto su tale questione che ha i contorni di una vera e propria  El Dorado nostrana.

Bianchini questa volta mi ha fatto meno ridere del solito, ma mi ha fatto commuovere di più.
Chissà quale sarà il cammino di So che un giorno tornerai, intanto possiamo salutarlo con la frase di Emma che ad un certo punto si meraviglia di essere felice. Ecco anche io mi sono scoperto felice nel leggere questo libro e di essermi sentito un po’ Emma.

Luca Bianchini – So che un giorno torneraiMondadori

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Su Andrea Labanca

Andrea Labanca cantautore, laureato in filosofia e performer, ha scritto tre album impregnati di letteratura. "I Pesci ci osservano" disco della settimana di Fahrenheit Rai RadioTre e "Carrozzeria Lacan" ospitato a Sanremo dal Premio Tenco. Ha collaborato con diversi scrittori (tra cui Aldo Nove e Livia Grossi) e ha lavorato come attore per Tino Seghal. Quest’anno è uscito il suo terzo album, “Per non tornare”, racconto noir-poetico in chiave elettro-vintage.

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