Maschio Adulto Solitario è un libro dal linguaggio duro, che non fa sconti al lettore e gli riversa addosso tutto il peggio che l’umana natura è in grado di offrire. Lo scorrere delle pagine è un’inesorabile, solitaria, caduta nel vuoto, dove non esistono speranza né, tantomeno, redenzione. Un libro perfetto per Natale, insomma
La trama
Danilo Colombia è un ragazzo di diciott’anni come ce ne sono tanti. Un ragazzo comune, con le insicurezze tipiche della sua età. È bisognoso di avere un contatto con la gente e allo stesso tempo ne è terrorizzato, in cuor suo sa già di avere il destino segnato, il futuro è una parola vuota completamente priva di significato. Le sue ossessioni prendono la forma di Kuma, un lupo solitario protagonista di un documentario, con cui Danilo si identifica: la sua vita è questa, fuggire per difendersi dagli altri lupi restando sempre all’erta per non cadere nei crepacci della vita. La sua storia si articola in cinque atti: il servizio militare a Bari, l’esperienza da operaio al Nord, gli anni dell’università, il praticantato in uno studio legale e l’ingresso nel mondo del lavoro alle dipendenze della malavita Tarantina. La sua vita, per restare nell’allegoria animalesca, è caratterizzata dalla presenza di molteplici predatori (tutti con lo stesso nome anagrammato: Corvo, Carva, Vorca) e da un amore, Sara, una ragazzina che gli mostra quale possa essere la salvezza e la cui morte (per suicidio) lo condanna a una vita di ossessioni.
La morte di Sara è l’inizio di un percorso di autoannientamento irreversibile che annichilisce la vita di Danilo riducendola solo ad alcune azioni ripetitive, inframezzate da esplosioni di rabbia e libido e un disperato dialogo allucinatorio con quelli che il protagonista definisce gli Invisibili, un esercito di fantasmi, tra cui Sara e alcuni parenti, che gli fa compagnia nei momenti, tanti, di solitudine. L’inferno di questa vita in cui una Taranto squallida e sporca fa da scenario (e co-protagonista), è illuminato soltanto da poche pennellate di colore: il vecchio Anselmo, albino e cieco, un uomo solo come lui che proverà ad aiutarlo in tutti i modi, e una tigre rinchiusa in un recinto di un cortile, il giocattolo troppo cresciuto di un boss tarantino, in cui Danilo come in uno specchio rivede se stesso e il senso della sua vita.
Colombia si muoverà a fatica in questo inferno, affrontandolo come un lupo tra i crepacci, ma nonostante l’infallibilità dell’istinto, per lui l’epilogo è scritto fin dalla prima pagina e ha i contorni sanguinosi dell’inevitabile.
Si vive soli
Fin qui la trama. E ora passiamo al perché dovete assolutamente leggervi questo libro. Beh, dovete farlo perché non appena terminerete la prima pagina inizierete a sentire crescere dentro di voi un fastidio che vi accompagnerà in maniera sempre più acuta fino all’ultima parola scritta. Cosimo Argentina in questo lavoro che ormai compie dieci anni (è uscito nel 2008), riesce, infatti, a dipingere un inferno di parole tanto reale quanto crudo, la scrittura dell’autore pugliese nella sua durezza è penetrante come una lama e va a toccare con estrema facilità i punti deboli del lettore. La sua capacità di scorticare la situazione interiore del protagonista produce, infatti degli effetti disarmanti in chi legge, che si ritrova perennemente in bilico tra lo schifo, la pietà, la nausea e quella piccola strisciante, ancestrale, istintuale immedesimazione che ti fa dannatamente sentire in colpa. Il che è strano, perché l’inferno di Maschio Adulto Solitario è così nero, così dannatamente privo di bene che sembrerebbe impossibile trovarci qualcosa di assimilabile alla nostra vita. Eppure, ed è questo il bello del lavoro di Argentina, nella follia di Danilo Colombia ci sono dei germi universali che riescono ad attecchire, toccando inesorabilmente anche la più pura delle anime candide (oltre che ipocrite, ché lo sappiamo che di candido a ‘sto mondo c’è ben poco). Uno su tutti, il tema della solitudine e della reale incomunicabilità tra gli esseri umani, una paura che può arrivare a far male a livelli inimmaginabili. Per dirla alla Conrad:
… No, è impossibile, impossibile comunicare ad altri quel che proviamo dentro di noi in un momento qualsiasi della nostra vita, ciò che ne costituisce la verità, il significato, la sua sottile e penetrante essenza. Si vive come si sogna: soli
Perché dovreste leggerlo
Haruki Murakami ne l’Arte di correre definisce il talento un demone che lo scrittore deve saper dosare affinché non sia deleterio per sé e per il suo lavoro. Ebbene, a mio parere Argentina è riuscito non solo a tenere a bada il suo demone realizzando un libro bellissimo, ma come attraverso un vetro, è riuscito a restituircelo visibile, mostrandoci tutto il peggio che può scaturire da un malessere propriamente umano. Ci è riuscito dando sfogo a una scrittura in soggettiva a tratti sanguinosa, ruvida, che mischia registri diversi (dialetto, citazioni poetiche, musica) e che riesce con facilità sia a pescare nel marcio degli umori umani, trastullandosi nella dovizia perversa dei particolari, sia a farsi appena accennata, come quando racconta delle tante assenze nella vita di Colombia, ma soprattutto di Taranto, città inglobante e fetida, definita sempre con poche parole da cui però emergono immagini talmente potenti che sembra quasi di respirare a pieni polmoni le esalazioni di una ciminiera dell’Ilva.
Ok, lo ammetto: il natale è vicino, in questi giorni ha pure nevicato e forse questo libro potrebbe essere una scelta forte per questo periodo. Però fidatevi comunque di un cretino, non date retta a tutta quella dolce ipocrisia che vi vuole per forza più buoni e pieni di pensieri zuccherosi: queste feste, invece di mettervi la felpa con l’odiosissima renna dal naso rosso, immergetevi in Maschio Adulto Solitario e provate a vedere cosa ci trovate di voi in Danilo, Corvo, Corva, Vorca, la signorina Rotunno e tutti gli altri. Se non altro, ne uscirete (un minimo) rinfrancati.
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