Diario da un paese difficile da ingabbiare, arduo da cogliere, impossibile da definire. Tra le vie polverose de l’Havana, al ritmo della salsa che rimbalza sulle strade acciottolate di Trinidad, un reportage ci fa volare sull’isola patria di Fidél Castro
Con le recenti notizie sulla possibile morte di Fidél Castro, presto smentite da una dichiarazione fatta dal lider maximo – sebben non di persona ma riportata sulla tv nazionale – non posso che ripensare ad un viaggio fatto circa un anno fa nella splendida isola al largo del mar dei Caraibi e riprendere quelle righe che avevo scritto all’epoca, appena rientrata da quell’intenso viaggio.
Cuba è uno strano paese. Difficile da ingabbiare, arduo da cogliere, impossibile da definire. Sulla strada che porta da l’Havana a Trinidad – un’autostrada a dire il vero, la Caretera Central, sulla quale capita di incontrare di tutto, da carretti trainati da cavalli a uomini in bicicletta, animali che attraversano la strada o persone intente a fare l’autostop – su quella strada il nostro “autista” ci chiede: “Piaciuta l’Havana?”
Dopo 50 ore scarse di permanenza a Cuba, catapultata dai bagordi tutti occidentali che contraddistinguono il Natale, non sapevo davvero cosa rispondere. Sono rimasta stranita da quella città. Affascinata, incuriosita, quello sicuramente. Ma anche scioccata, perplessa, piena di dubbi.
“Non so, è strana” risposi io. Pausa. “Non l’ho capita.”
L’uomo si mette a ridere. Non vedo il suo volto, sono seduta sul sedile posteriore. Sento a malapena le sue parole, per combattere il caldo su quella scassata Volskwagen senza maniglie di diversi decenni fa abbiamo tirato giù tutti i finestrini. “Io la conosco da 47 anni e in tutto questo tempo ancora non l’ho capita”.
La sua affermazione mi consola, ma ho la presunzione dall’esterno, da straniera, di voler cogliere qualcosa in più. Di tornare a casa con qualche frase arguta e intelligente, con qualcosa più di alcune impressioni e di centinaia di immagini sulla memory card della mia macchina fotografica.
C’è un’Havana a inizio viaggio e c’è un’Havana a fine viaggio. Le due immagini, le due visioni e le sensazioni che mi ha provocato sono diverse. Non combaciano. Si completano, forse, si arricchiscono, ma sembrano due persone diverse, come le immagini differenti che hanno di noi le varie persone che ci circondano.
Cuba, l’Havana, me l’hanno raccontata in tanti prima che io venissi qui. Ecco tutti i racconti non servono. Servono a poco anche le parole degli scrittori, come quel Guitiérrez della Trilogia sporca dell’Havana. Certo ti dà qualche sensazione, il suo racconto ti fa entrare nel mood, diciamo così, ma nulla serve finché non ti ci trovi tu su quelle strade sporche e polverose.
L’Havana dei primi giorni mi ha dato l’impressione di una città dai sogni infranti. Di una capitale che un tempo era bella e ricca, ma che di quella beltà ora ha perso tutto e non ne rimane che qualche facciata scrostata di alcuni palazzi. Come brandelli di un vestito haute-couture che non puoi dire che è elegante se è stracciato, sporco e liso. Intravedi la sua bellezza, la sua magnificenza, l’eleganza che fu, ma che non è più. Una città che è stata, ma che ora non è.
Forse è una città ambigua, doppia, come doppie sono state le sensazioni che ne ho ricavato. Come doppie e ambigue sono le persone che la abitano. Tipico di una città, probabilmente, che ha leggi tutte sue e ben diverse dai paesi di provincia. Qui tutti abitano in strada. Le ampie finestre delle case sono sempre aperte e passeggiando per le scalcagnate e polverose vie della capitale cubana si passeggia anche tra i soggiorni delle loro abitazioni. Persone che si chiamano dai diversi piani di un appartamento, che si salutano dalla strada al salotto. Si vive così, un po’ tutti insieme. Una vita di quartiere, di palazzo. La famiglia per i cubani è in realtà un nucleo famigliare allargato. La coppia, quella conta, ma fino ad un certo punto. Sarà la quasi totale assenza di senso religioso o forse l’indole latinoamericana o infine il loro concetto aperto di amore… ma insomma ciò che sembra alla base della famiglia è questo stare insieme molto allargato. Allargato a parenti, cugini, zii, sorelle, ma anche a vicini di casa, dirimpettai, amici del quartiere. Questo vale all’Havana come a Trinidad. Almeno così mi è parso.
Una città dai sogni infranti, dicevo. Dalle speranze disilluse. Case che cadono a pezzi, che appaiono (de)cadenti e che si sgretolano, come si sono sgretolati i sogni di queste persone. Ma forse loro non ne hanno la percezione o forse di sogni, veri, non ne hanno mai avuti. Con loro è difficile parlare di sogni e ancora di più di sogni infranti. Loro, i cubani, si attaccano alla realtà. A quello che hanno e che ci tengono a sottolineare. A raccontarti come tutta la sanità sia gratis e tutta l’istruzione tambien. Non c’è un cubano che non te lo dica, tra le prime cose che ti racconta del suo paese. Difficile che qualcuno parli male di Fidél, anzi direi impossibile. Qualcuno che ti dice che sta male c’è. Ad esempio lo spazzino di Santa Clara, che il 1° Gennaio ti racconta della fatica che ha fatto per comprare un pezzo di carne per sé e per la sua famiglia per festeggiare la fine dell’anno vecchio o meglio l’inizio di quello nuovo. Che poi con quei pochi denti che si ritrova chissà come l’avrà mangiato quel pezzo di manzo tanto sudato… Anche lui cerca di spiegarmi il sistema economico cubano. Ma sarà la mia scarsa dimistichezza con lo spagnolo, per quanto mi inventi coniugazioni improbabili di verbi per parlare con loro, o sarà che il sistema economico cubano è un tale disastro da essere incomprensibile. Questo concetto della doppia moneta, una per lo straniero che paga in pesos convertibles che hanno un importante peso contrattuale e che si contrappongono ai pesos cubani, con cui vengono pagati i loro stipendi e con i quali loro, i cubani, hanno scarsissimo potere d’acquisto. Prova a spiegarmela anche lui, lo spazzino di Santa Clara, nella sua sporca e non profumatissima uniforme blu. Lo ascolto attentamente, cerco di cogliere e di carpire ogni parola. Ma forse non è il mio problema con lo spagnolo, ma è il problema di quel sistema economico lì che crolla come le facciate delle loro case…
ITINERARIO
Cuba per noi è questo e molto più di questo. Visitatela se potete, ma fatelo il prima possibile. Perché presto cambierà, questo è certo, e non sappiamo se sarà in meglio o in peggio. Siamo dell’idea che quest’isola vada girata il più possibile per cui fateci e fatevi il piacere, non andate a infilarvi in un resort, ma vivete per quello che si può la vita reale dell’isola. Dimenticatevi il wifi e se possibile anche il cellulare, non ve ne pentirete. Per l’alloggio vi consigliamo di dormire nelle casas particulares, simil bed & breakfast dove vivrete a stretto contatto con una famiglia cubana. Non sarà confortevole come un albergo a 5 stelle, ma sicuramente una gran parte del fascino del viaggio viene proprio dal viverlo così, insieme alla gente del posto. Un sito utile che racchiude qualche indirizzo è Cuba Houses. Preparatevi a pianificare il viaggio con un po’ di anticipo: il sistema informatico dei cubani non è proprio aggiornatissimo e le risposte alle mail non sono propriamente in tempo reale.
L’itinerario, perché sia indimenticabile, deve essere stabilito in base alle vostre personali sensazioni, noi possiamo limitarci a suggerirvi il nostro, con la speranza che possa essere per voi uno spunto utile.
Nel nostro viaggio di quindici giorni, abbiamo visitato L’Havana, Trinidad, Santa Clara, Vinales e abbiamo fatto un po’ di mare a Cayo Levisa.
L’Avana – Alloggio presso Casa Colonial Yadilis Y Joel – Posizione strategica tra città vecchia e l’Havana centro. Prezzi buoni, Yadilis è una cuoca fantastica, le stanze sono confortevoli e caratteristiche. Servizio taxi da e per l’aeroporto.
Trinidad – Alloggio presso Hostal Marelis – Trinidad è una perla. E di Marelis io vi dico solo questo: la considero tutt’ora la mia seconda mamma. Atmosfera molto accogliente anche presso Casa Ma Dolores sempre a Trinidad. Scrivete per info alla gentilissima Yrka (casamadolores@gmail.com). E se capitate per Capodanno preparatevi a ballare la salsa insieme a lei e alla sua famiglia per tutta la notte!
Vinales – Alloggio presso Casa Fuster (qui la sua mail, ma visto il tipo potrebbe averla anche cambiata: daynascorpio99@correodecuba.cu) – Vinales va visitata perché da qui partono le principali escursioni nelle celebri piantagioni di tabacco cubane. La maggior parte delle visite è a cavallo, costano un po’, ma ne vale la pena. Fuster è il maestro di matematica della scuola elementare di Vinales. Ed è completamente pazzo. Solo per questo vi consigliamo di alloggiare da lui.
Cayo Levisa – Alloggio presso l’unico hotel, che si chiama, guarda un po’, Hotel Cayo Levisa – Non so se un cayo vale l’altro, noi abbiamo scelto questo perché era vicino a Vinales e farsi qualche giorno in queste isolette sperdute può essere formativo. Il mare è stupendo e c’è una pace meravigliosa, l’ideale per disintossicarsi dall’aria appiccicosa della capitale. Cayo Levisa è pure pieno di nutrie (un curioso incrocio tra una pantegana e un castoro), ma non danno fastidio, anzi, quando escono al tramonto sono persino caratteristiche. Qual è l’aspetto formativo? Semplice, in un cayo, più che in qualsiasi altro posto ti accorgi che Cuba, in realtà non è dei cubani. Loro nei cayo non ci possono entrare, possono accedervi solo se dipendenti della struttura alberghiera. Quando realizzerete la portata di questa discriminazione, vi dimenticherete del mare cristallino e vorrete tornare di corsa a l’Havana. Almeno, per noi è stato così.
Per i voli, la compagnia utilizzata è Blu Panorama. Per visualizzare i costi, segui l’aeroplanino!