Piante che cambiano la mente. Oppio, caffeina, mescalina di Michael Pollan conduce un’indagine sia storica che chimica alla ricerca delle sostanze che con maggiore successo hanno accompagnato la storia dell’uomo, cercando i punti di contatto fra l’evoluzione della storia e la capacità di una specifica pianta di adattarsi all’epoca in corso.
Piante che cambiano la mente. Oppio, caffeina, mescalina di Michael Pollan
Un giorno bisognerà fare un monumento ad Adeplhi per la continua e costante proposta di qualità di saggi scientifici, antropologici e di tutto ciò che è bene sapere per continuare ad esplorare quell’infinito sconosciuto che è la mente dentro di noi e lo spazio vicino a noi.
Per chi è cresciuto con Il Tao della fisica di Fritjof Capra, Miti e simboli dell’India di Heinrich Zimmer, per poi approdare a Giorgio Vallortigara con Pensieri della mosca con la testa storta o alla psicologia biografica di Temple Grandin, passando per Anna Politkovskaja o Carrère. Il nome fuori da ogni mischia temporale di questa casa editrice, fondata e illuminata dal mai abbastanza compianto Roberto Calasso, vuol dire sicurezza di approdare a pensieri di una qualità superiore in un’epoca di mediocrità.
Oggi parliamo solo dell’ennesimo caso di un saggio perfetto che apre, o che permette di lasciare aperta, una discussione interessante e complessa come quella del consumo di sostanze che permettono di alternare la nostra percezione del mondo. Una sintesi imperfetta quella che ho appena scritto, perché tiene conto già di una riflessione antropocentrica e occidentale a cui, ahimè, non sembra siamo ancora maturi per rinunciare.
Piante che cambiano la mente del ben noto Michael Pollon (ricordiamo “solo” Il dilemma dell’onnivoro) pone una questione interessante: quando entrano e vengono accettate in società le sostanze che alternano la mente? Qual è il confine tra droga, farmaco o genere di grande consumo? Cosa trasforma una pianta che ha scientificamente proprietà di alterare la mente in una sostanza illegale o, al contrario, in una sostanza fedele al sistema in cui viene proposta?
È lo stesso Pollon a rispondere nell’introduzione a questo splendido saggio, andando a prendere il toro per le corna. La guerra alla droga, lentamente affievolitasi dopo un Novecento clamorosamente violento, permette a noi oggi di riflettere sul tema dell’utilizzo, quindi della categorizzazione, di una sostanza in base al suo utilizzo sociale prima addirittura delle sue capacità specifiche di alterazione. Alterazione, parola anche questa su cui bisognerebbe aprire un dibattito.
“Molto meglio di noi” scrive Pollon “i greci comprendevano la natura bifronte delle droghe, una comprensione che si riflette nell’ambiguità del termine con cui le designavano: phàrmakon. Un phàrmakon Può essere sia una medicina che un veleno; dipende dall’uso, dalla dose e dall’intenzione”
Su questa ambiguità Pollon conduce un’indagine sia storica che chimica alla ricerca delle sostanze che con maggiore successo hanno accompagnato la storia dell’uomo, cercando i punti di contatto, ove possibile, fra l’evoluzione della storia e la capacità di una specifica pianta di adattarsi all’epoca in corso. Che le piante accompagnino la storia dell’uomo sarebbe anche troppo semplice da dire, quello che però è interessante da notare e approfondire è come alle diverse culture si associno sostanze più o meno congeniali al tipo di struttura e organizzazione sociale delineata.
Oppio, caffeina, mescalina
Dopo un’introduzione generale che riflette sulle questioni di cui il libro si fa carico, Pollon decide di affrontare tre sostanze, tre piante su tutte: l’oppio ricavato dai papaveri, la caffeina dalla ben nota pianta del caffè, la mescalina ottenuta dal Peyote e quindi da alcuni Cactus.
L’impianto scelto da Pollon è semplice e diretto al dunque della faccenda. Queste tre sostanze, se ne sarebbero potute scegliere ancora altre, seguono la settoriale dell’uomo da migliaia di anni, ma nel corso delle epoche il loro consumo ha cambiato sia aspetto che giudizio sociale.
Per esempio l’oppio, sostanza che, nel momento in cui era combattuta come droga, veniva acquisita in vasta scala dalle aziende farmaceutiche che la trasformavano nel più potente antidolorifico legale. Una sostanza che ha accompagnato per millenni l’uomo nella ricerca dei propri confini spirituali, diventava negli anni Ottanta del secolo scorso appannaggio della lievità del dolore verso la morte. Eppure, questo fa molto sorridere del modo di proporre la questione in Pollon, i semi di girasoli da cui si può ottenere l’oppio sono commerciati come guarnizione del pane e in particolare dei bagel.
Sorte invece molto controversa è il successo novecentesco del caffè, sostanza che avrebbe avvantaggiato e sorretto la corsa della rivoluzione industriale prima e della società capitalistica poi. Se per il caffè il consumo è sempre stato accompagnato da un consenso sociale e culturale, almeno nel Novecento, interessante è avvertire la complessità politica e geopolitica a cui abbiamo assistito dalla scoperta di questa sostanza al suo consumo in larga scala.
La mescalina, forse per la sua forte connotazione geografico culturale, appare come un discorso meno complesso da un punto di vista politico, ma molto interessante per arrivare a decifrare come una pianta possa farsi portatrice di messaggi culturali importanti come la pace col cosmo, l’apertura alla finitezza dell’uomo o il raggiungimento di una pace interiore.
La caratteristica che probabilmente salta più all’occhio leggendo Piante che cambiano la mente è la grande capacità di Pollon di affrontare discorsi difficili (la guerra alla droga, il colonialismo) partendo da un substrato empirico eppure portandolo ad estreme conseguenze.
Si ama di Pollon soprattutto la libertà di esprimere opinioni controcorrente su temi caldi e caldissimi, come quello del controllo sociale e della libertà individuale partendo dall’analisi di come alcune piante hanno cambiato il modo di vivere il nostro tempo.
Michael Pollan – Piante che cambiano la mente. Oppio, caffeina, mescalina – Adelphi
Traduzione: Milena Zemira Ciccimarra
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