Libia, Calcagno racconta la prigionia

La fame, la paura e poi, finalmente, la fuga. Ecco le prime parole di Filippo Calcagno, scampato alla prigionia in Libia e ora finalmente tornato a casa, in Sicilia.

”Un momento difficile e’ stato l’inizio perché, intanto non ci credevamo.  Pensavamo di vivere un incubo. Non ti rendi conto di quello che sta succedendo. Poi pian pianino abbiamo cercato di tenerci tutti con la mente chiara, ricordando i giorni, cercando di non sbagliare data. E ci siamo riusciti, tranne che per il 29 febbraio: non ricordavamo l’anno bisestile”. ”Abbiamo parlato di tutte le nostre cose, di tutto – ha aggiunto – di cosa fare quando saremmo tornati perché ci credevamo nel nostro ritorno, specialmente negli ultimi tempi Salvatore Failla aveva una fiducia….Diceva ‘dai, tranquilli. Ce la facciamo”’.

La fuga – “Ho lavorato molto su quella porta. Ho capito che con un chiodo si possono fare tante cose. Ho lavorato sulla serratura, o meglio sulla parte dove la serratura si va ad incastrare nella porta. Era un legno duro pero’ pian pianino, con la caparbietà, ho indebolito la parte. Poi ho chiamato Gino, perché mi facevano male le dita da giorni e gli ho detto: ‘dai Gino vieni, se dai due colpi siamo fuori”. “Il giorno prima avevamo provato e gli avevo detto ‘Gino, mi dispiace, noi riusciamo a farlo’…invece poi. – ha continuato – Quando si e’ aperta la porta l’altro dubbio era di trovare chiusa dall’esterno la porta che dava fuori, invece era aperta e fuori non c’era più nessuno”. “Ci siamo camuffati perché’ avevamo paura che ci fosse qualche altro gruppo fuori ci prendesse. Siamo andati sulla strada con l’intenzione di chiedere aiuto, però’ cercavamo la polizia perché era l’unica che potesse darci aiuto. E fortunatamente il buon Dio ci ha messo sulla strada giusta. Abbiamo trovato i poliziotti e poi da li’ e’ stato tutto un crescendo. Io dopo circa un’ora sono tornato indietro con loro per riconoscere la casa”.

Separazione dagli altri? Scelta casuale – ”Loro sono entrati dicendoci che era tutto finito. Nei giorni precedenti ci avevano dato una tuta da mettere quando andavamo via. Ci hanno fatto vestire dicendo che tutto era finito e poi hanno preso Salvatore e Fausto e a noi ci hanno lasciati là dentro. Ci siamo chiesti come mai e la spiegazione che ci siamo dati era che forse non avevano posto. Mi è sembrata una scelta casuale”.

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