Buoni spropositi? Sì, perché ad ogni inizio anno parte il giochetto dei buoni propositi che, puntualmente, non porta a nulla. Ma se giochetto dev’essere, allora cambiamolo e movimentiamolo un po’, andiamo oltre la banalità che noi stessi ci costruiamo attorno, decidiamo piuttosto su quale sproposito puntare.
Bisogna essere onesti, i buoni propositi non vengono mai realizzati. Per carità, ci sarà qualcuno che ne avrà portato a termine qualcuno, ma si parla di piccole percentuali, a meno che siamo noi a conoscere persone incostanti mentre il mondo è abitato da duri e puri.
D’altronde è normale che sia così, quello dei buoni propositi non è che un giochetto, bene che vada un’analisi di massima su noi stessi socialmente esposta, è come una tradizione che si porta avanti in quanto tale. Non staremo qui a scagliarci contro una tradizione che non fa male a nessuno e, di certo, non saremo noi a demonizzare la leggerezza. Però questo giochetto sa già di stantio, ha un non so che di conformistico, quasi sulla spinta del clima buonista natalizio, questo sì stucchevole e fastidioso. La banalità costruita attorno a noi è di nostra stessa produzione.
Inoltre aggiungiamo la componente fallimento. È vero che quando si formulano i buoni propositi non ci crediamo davvero, però, se tiriamo anche somme sommarie alla fine dell’anno, dobbiamo constatare un fallimento, non eclatante ma pur sempre fallimento. La cosa peggiore è che il fallimento riguarda bazzecole. I buoni propositi di solito non riguardano qualcosa di impossibile, tendiamo a puntare su piccoli miglioramenti, sia per non spararla grossa con gli amici sia per avere la pur minima possibilità di realizzazione. E alla fine dobbiamo ammettere che non siamo riusciti a migliorarci neppure di tanto così, che è cosa peggiore rispetto ai grandi fallimenti, perché fallire l’impossibile non può portare a senso di colpa, ma fallire il minimo porta a disfatta assoluta. Tanto più in quanto i buoni propositi sono stati dichiarati pubblicamente e se anche nessuno ce lo fa notare noi sappiamo che loro sanno che non li abbiamo attuati.
Allora proponiamo di formulare dei buoni spropositi. Dicendo buoni chiariamo subito che non devono arrecare danno a nessuno, al massimo a noi stessi (con le menti malate che girano meglio specificare). I buoni spropositi hanno due vantaggi. Innanzitutto ci fanno uscire dal recinto buonista dentro cui ci chiudono e ci chiudiamo. Perché mai devo puntare a qualcosa che gli altri si aspettano da me? È innegabile che i buoni propositi siano un misto di nostra volontà e spinta esterna, in qualche modo vogliamo migliorare ciò che gli altri ci fanno capire non va in noi. Invece diamo una sterzata, stupiamo chi ci circonda e noi stessi, proponiamo una follia. Un vero cambiamento può avvenire solo attraverso uno strappo, la politica dei piccoli passi porta poco lontano. I buoni propositi sono la maschera dietro cui non cambieremo mai nulla di noi stessi e delle nostre vite. Il buon sproposito invece può portare lontano, magari dal lato non previsto, ma almeno altrove. In secondo luogo il fallimento sarà più dolce, se fallisci uno sproposito sarai poco rimproverabile e avrai poco di che rammaricarti, in fondo hai puntato molto alto, lì dove è oggettivamente difficile arrivare. E magari gli altri saranno pure contenti dello sproposito non attuato, dentro di te saprai che avrai ottenuto quel po’ di approvazione sociale che un buon proposito non realizzato non può darti.