06/06 – La finale
Capito qui, per il resoconto della finale femminile del Roland Garros tra Safarova e Williams per un solo e unico motivo: il proprietario della rubrica, l’indefesso Agafan, sta bellamente facendosi in fatti suoi a un addio al nubilato. Dunque mi sono piazzato davanti al televisore, col frigo bello carico di Moretti da 66, deciso a mettere a vostra disposizione tutta la mia incompetenza sul tennis. Ma andiamo alla partita.
Quando c’è di mezzo lei, la Serenona, i match sono solitamente più scontati di un discorso di Renzi eppure, vista la precedente semifinale in cui la panterona nera ha sì vinto ma palesando evidenti problemi fisici, la speranza di assistere a un match combattuto, non dico che era alta, ma quasi.
E difatti il primo set, finito 6-3, ha evidenziato la solita superiorità dell’americana.
Non che la ceca sia mancata, però quando davanti hai un panzer che non sbaglia mai è dura provare a inventarsi delle alternative. Mostruosa nel servizio, pesante e precisa nelle risposte, la Williams non ha dato scampo. La superiorità è stata tale che persino i suoi errori (non tanti ma qualcuno l’ha fatto) sono risultati ininfluenti, insomma la Williams pareva essere sempre in totale controllo del match anche quando era sotto. La sensazione era che più di difficoltà, si trattava semplicemente di un momento di distrazione in cui la cannibale si metteva a pensare a cosa le mancava in frigo per la cena. La Safarova da par suo ci ha provato, ma i suoi punti sono derivati in gran parte da colpi sopra le righe e non da un gioco complessivamente solido. In compenso però, il suo gonnellino costantemente rialzato mi ha fatto a parteggiare per lei con sempre più forza.
E infatti, sarà stato il mio tifo, o chissà cosa, il secondo set regala il colpo di scena: arrivati in un lampo sul 4 a 1 per la Williams, la Safarova pare riuscire ad aprire una breccia nel tennis monolitico dell’americana e, con 4 giochi perfetti si porta addirittura in vantaggio. La Williams, pur pareggiando, pare per la prima volta in difficoltà e Safarova, accompagnata dai boati del pubblico, ottiene il tie-break e lo stravince, inanellando colpi sopraffini e riuscendo sistematicamente a picchiare Serena dove serviva.
Pur vincendo bene, la sensazione è che la ceca abbia dato tutto quello aveva e infatti il terzo set va a seguire il canovaccio del primo con Serena che dopo un inizio moscio ingrana la prima e inizia a picchiare come un fabbro. L’americana riesce a registrare di nuovo il servizio, non impeccabile nel secondo set, e una volta riprese le distanze comincia a fare male. Da par suo, la Safarova sembra non crederci più, quasi come se abbia raggiunto l’obiettivo strappando il secondo set all’americana. La svolta arriva con il break che vale il 4-2 e con un numero nel gioco seguente in cui Serena recupera un contropiede impossibile con con un dritto mancino. Le sue urla a ogni punto vinto sono una palese dimostrazione di come la Williams riesca ad andare in difficoltà solo se si mette contro se stessa e francamente è un peccato, almeno oggi, perché la Safarova quantomeno ci ha provato. Si è sbattuta, ha variato gli schemi, ma è riuscita a fare male solo le rare volte in cui Serena è tornata col pensiero al frigo di cui sopra. Insomma, la Williams si porta a casa il 20esimo Slam, terzo Roland Garros e continua un’annata che si prospetta spettacolare.
Bene, ho finito: sperando di non avervi annoiato troppo vi saluto e, per la felicità di Agafan, mando un bacio a Maria Sharapova.
(Ninja)
04/06
Tornato dal lavoro ho trovato il tempo di smentire la conclusione del mio ultimo post: Ivanovic non ha detto la sua. Oddio, non è proprio vero. Era 5-2 nel primo e l’ha perso; ho visto le ultime battute del secondo e, di fronte ad una Safarova timorosa di raggiungere il risultato, ha a sua volta banchettato coi suoi demoni ubriachi. Insomma, ha detto la sua.
Nell’altra semifinale davano una Serena Williams influenzata, raffreddata forte, febbricitante, con la tosse, insomma non in forma. E Serena non ha fatto nulla per nasconderlo, sembrava dovesse crollare a terra da un momento all’altro. Dall’altra parte della rete una compostissima Timea Bacsinszky che pareva in vacanza premio, tranquilla e contenta di esserci. Considerata la sua storia non stupisce.
La cosa più difficile, di fronte ad un avversaria che palesa in tutti i modi al pubblico le proprie difficoltà fisiche, è mantenere la concentrazione. Ricordate Wawrinka nella finale australiana poi vinta contro Nadal? Andò completamente in tilt, fermo restando che per mandarlo fuori quadra basta molto meno. Invece la svizzera partiva e rimaneva concentrata sul suo, adottava un tennis intelligente e pratico, con imprevedibilità sollazzante qui e là e semplice efficacia quando c’era da portare a casa.. Giocava bene, variava molto, smorzava (sul rovescio sempre a due mani), muoveva l’altra, sbagliava poco, difendeva a tutta e spingeva appena ne aveva la possibilità. Una Serena a metà servizio non ne veniva a capo, sbagliava e non trovava il modo di contrastare una che si permetteva di sbeffeggiarla con palla corta e pallonetto successivo. Bacsinszky portava a casa anche i punti rocamboleschi, come a dire: è la mia giornata. Preso il break al quinto gioco non lo mollava più e andava a chiudere 6-4.
Uno si dice: va bene, ora Serenona se la maciulla. Io, lo ammetto, invece a sto giro ci credevo, credevo che l’incommensurabile intelligenza della svizzera fosse insostenibile per una Williams provata, soprattutto la vedevo così beata e pacifica che non pensavo potesse perdere la bussola, si era già persa arrivando ad una semifinale di slam. Infatti il secondo set si incanalava sulla stessa falsariga del primo, con nuovo break al quinto game per Bacsinszky, dopo un’alternanza diabolica di risposte vincenti ed ace. Ma all’improvviso la svizzera si scioglieva, proprio lì dove sarebbe bastato fare un passo in più, non meno leggiadro degli altri fino a lì compiuti. Certo Williams ha iniziato a tirare di più e meglio, ha cominciato a metterle dentro scavando buche. Mi chiedo però quanto abbia innalzato lei il livello e quanto Timea si sia fatta prendere dal panico, abbia perso la bussola ricordandosi che ci si può perdere anche dove non ci si dovrebbe trovare. Il tutto lentamente, scemava il sogno piano piano, facendole assaporare tutti gli attimi dell’occasione persa. Non si è trattato di uno sbracamento subitaneo, bensì di un afflosciarsi sibillino ma costante. Fatto sta che Serena chiudeva sul 6-3.
Terzo parziale che vedeva iniziare al servizio Bacsinszky che, sul 30 pari, sbagliava due dritti facili facili a campo aperto. Eccola la tomba del match, quei due errori poco intelligenti hanno segnato il passo della svizzera ad allora illuminata. Il dritto s’era perso e non sapeva tornare. Il 6-0 finale con cui Serena Williams vinceva era scritto in quei due colpi scriteriati. Pazienza, rendiamo merito a Timea Bacsinszky di averci fatto credere nel miracolo, e diamo atto a Serena di averci ancora una volta svegliato in modo brusco, selvaggio.
02/06
Con la netta sensazione di sbagliare il quarto mi piazzo davanti ad Ana Ivanovic contro Elina Svitolina. Naturalmente la conferma mi è arrivata rapida: nel tempo in cui Ivanovic vinceva 6-3 /6-2, Muguruza e Safarova avevano chiuso il primo set al tie break.
Il pomeriggio ventoso di Parigi ha messo in grande difficoltà l’ucraina, non aiutata nemmeno dall’avversaria centrata e solida. Una partita senza storia, con la serba a martellare con il dritto, a non sfigurare col rovescio, ad esibire smorzate (alcune pregevoli altre rivedibili), a scendere ogni tanto a rete per effettuare volée approssimative (ma che restavano in campo, premiate dagli dei del tennis che favorivano questa insolita attività). Dall’altra parte Svitolina non sapeva proprio cosa fare, costantemente sull’orlo delle lacrime, non riusciva ad impensierire Ivanovic, che decideva nel bene e nel male il match: gli unici punti concessi erano su propri errori.
Svitolina ha incredibilmente vinto sul piano delle esultanze, visto il punteggio potremmo chiamarlo un tentativo di falsificazione della realtà: c’mon elargiti a piene mani, soprattutto su errori dell’altra. Ivanovic invece centellinava gli ajde, mentre ancora deve lavorare sui pugnetti. Non sono sicuro di poter istituire una corrispondenza, ma meno ajde sembrano portare più solidità mentale: meno passaggi a vuoto, palle break annullate, pochi errori banali. Ma forse mi sto immaginando tutto, perché andare fuori di testa oggi sarebbe stato impensabile persino per la serba, i cui demoni ubriachi fanno sempre festa, ma nemmeno loro si autoinvitano.
Ivanovic in semifinale slam dopo sette anni, arrivataci dopo un torneo non lineare io dico che a questo punto può dire la sua.
01/06
Prima di affrontare il meritato pisolino pomeridiano mi faccio forza e mi piazzo davanti a Sara Errani contro Julia Goerges. Lo sforzo è stato minimo perché l’italiana ha liquidato l’avversaria con un netto 6-2 / 6-2.
Il match che ti aspettavi con lo svolgimento sperato dalla Errani. Sara tre metri oltre la linea di fondo a rimandare di là tutto e sbagliando nulla, Georges che cercava di chiudere gli scambi il più velocemente possibile, ma che sbagliava di tutto e di più. Punto. Errani ha battuto l’avversaria o l’avversaria si è battuta da sola? Entrambe, per la gioia degli italiani che possono vantare una Sara Errani ancora una volta nei quarti del Roland Garros, facendola passare per un piccolo fenomeno.
Sia chiaro che della Errani ammiro la tenacia, con i mezzi fisici e tecnici che si ritrova ha già compiuto un miracolo a gareggiare lì dov’è. Però un’avversaria che strappa un solo servizio alla Errani, sempre che di servizio si possa parlare, è chiaro che non avesse testa e voglia e condizione fisica per stare in campo. Se poi andiamo a vedere quei tre aborti di palle corte che ci ha propinato, si capisce che non sapeva quel che stava facendo. Buon per la Errani, che il suo lo fa sempre, che non si batte mai da sola.
01/06
Oggi Flavia Pennetta contrapposta all’amazzone Garbine Muguruza, la saggezza classica rivisitata in chiave moderna contro l’istintualità selvaggia emergente, le ultime cartucce di una carriera onorevolissima contro il futuro ricco di opportunità.
Flavia ha perso in due set, 6-3 / 6-4 per la spagnola che l’ha sovrastata di forza. Eppure l’italiana partiva bene in entrambi i parziali: nel primo si ritrovava 2-0 e due palle break, nel secondo 3-0 e palla break e fino al 4-1. Pennetta faceva quello che andava fatto e che poteva fare: spingeva quando ne aveva l’occasione, dava palle diverse all’avversaria per confonderla, correva come una pazza per recuperare sulle bordate. Tutto corretto e, nelle fasi iniziali dei set, funzionante, anche perché Flavia sembrava bella centrata e poco incline ai regali, quando tirava faceva male e sbagliava poco e in modo intelligente.
Ma le primavere hanno lavorato più a lungo sul fisico dell’italiana, che sembrava un po’ provata, mentre ad oggi su Muguruza hanno solo contribuito a forgiare un fisico atletico e piacevole da guardare. Insomma, Pennetta calava e Muguruza risaliva. Francamente Flavia credo abbia poco da rimproverarsi, è partita bene, ha tenuto finché ne aveva e ha sperato di far crollare le certezze dell’emotiva giovincella. Non ci è riuscita, la spagnola tirava fendenti da piegare la racchetta e, incredibilmente, recuperava lo svantaggio salendo di livello invece di perdere i riferimenti, piuttosto li riguadagnava. Nel momento in cui Muguruza iniziava a colpire con efficacia devastante, Pennetta non solo faceva inevitabilmente più fatica a contenere, ma di conseguenza non riusciva ad attuare un tennis tatticamente lucido, oltre a sbagliare di più. In tutto ciò diamo atto a Flavia di non aver mai mollato del tutto, il suo ha provato a farlo fino alla fine, ma Muguruza non andava via di testa, non la visitava il braccino, ma continuava a tirare forte e dentro: che ci poteva fare Flavia?
p.s. Mentre scrivo Safarova ha buttato fuori l’urlatrice matta, che ora potrà gustarsi qualche momento di algido romanticismo con l’incompiuto Dimitrov. Stanno ancora insieme?
31/05
Fino ad oggi sono riuscito a vedere solo sprazzi di Roland Garros, ma la seconda settimana dovrei riuscire a gustarmela maggiormente. Per cominciare mi propongono Ana Ivanovic contro Ekaterina Makarova: mi va bene, mi dico che potrebbe essere un esordio da spettatore interessante.
Invece ho assistito ad un match noioso, privo di spunti e di verve. A movimentare il tutto solo la pausa per pioggia sul 3-2 Ivanovic nel primo set, il fatto che a movimentare sia stata una pausa la dice lunga. Il primo parziale veniva chiuso sul 7-5 dalla serba con l’ultimo break. A dire il vero avevo l’impressione che fosse la russa a poter avere la meglio, ma come faceva poi disfaceva, dando l’idea di poterlo vincere se solo fosse stata supportata dalla voglia. Ivanovic affondava con il dritto appena ne aveva l’occasione, per il resto si lanciava addirittura in alcune variazioni e palle corte per cercare di destabilizzare Makarova: nel momento in cui le variabili erano giocate con intenzione dalla serba la cosa funzionava, ma spesso dava l’idea di giocarle solo per non riuscire a fare di meglio con i soliti colpi. Tutto sommato Ivanovic ha portato a casa il parziale grazie ad una maggiore solidità.
Ma per non smentire la propria fragilità emotiva Ivanovic lasciava il primo game di servizio del secondo set a zero, perdendo sostanzialmente già da lì il parziale, chiuso da Makarova sul 6-3. Il copione era lo stesso del primo, con meno variazioni da parte della serba sostituite dagli errori.
Il terzo set vedeva una sorprendente Ana macinare un discreto gioco, decisa e concentrata nei colpi, mentre l’avversaria decideva di commettere un errore dietro l’altro, alcuni dei quali con un coefficiente di banalità notevole. 6-1 Ivanovic e quarti raggiunti, tutto sommato meritatamente, perché in una partita anonima ha saputo essere intelligente e non sparacchiare qua e là, e ha pure saputo mantenere la testa nel match senza invitare i propri demoni ubriachi alla festa.
p.s. Nel passaggio da un canale all’altro ho potuto vedere due punti del match tra Svitolina e Cornet. La francese è riuscita ad irritarmi in un minuto scarso, meno male che l’ha persa.