Tennis – Pillole di Wimbledon 2015

12/07
L’avevamo detto. Quasi impossibile che Federer potesse disputare due partite perfette in tre giorni. Così, è Novak Djokovic ad aggiudicarsi l’edizione 2015 di Wimbledon. Una vittoria netta, mai in discussione anche perché ottenuta contro un Federer non all’altezza della situazione, nemmeno al livello medio al quale ci ha abituato questo anno (senza prendere in considerazione i tempi d’oro, ovvio). Dopo break e contro-break, nella prima partita è Roger ad avere le prime palle set, fra le quali una conquistata con uno splendido cheap and charge che in questa epoca solo lui è in grado di eseguire. Nole, da numero uno del mondo, cancella tutte le occasioni con tre prime vincenti. E poi va a dominare un tie break (7-1) dove lo svizzero è letteralmente scomparso dal gioco. Non si vede come Federer possa vincere questa partita. Nel secondo set è sempre sul cornicione, non gioca al meglio ma stavolta Djokovic fallisce ben 7 palle per aggiudicarsi la seconda partita, capitolando al tie break per 12-10 e regalando qualche punto di troppo. Se il serbo avesse vinto anche il secondo set, la partita sarebbe già finita qua. Invece 1-1. In apertura di terzo set ci sono palle break per entrambi però, manco a dirlo, è Djokovic il più cinico e ottiene il break nel terzo gioco, grazie ad un errore clamoroso dello svizzero. Un calo di concentrazione non ammissibile in una finale di Wimbledon. Tant’è vero che gli costa il set e forse, proprio qui, anche il match. Sul 3-2 e servizio per Djokovic c’era stata una breve interruzione per pioggia, con tanto di rovinosa ed esilarante caduta di una raccattapalle. Nota tecnica: Djokovic riesce a vincere gran parte degli scambi da fondo campo colpendo di diritto incrociato sulla destra di Federer, trovando in questo modo un inaspettato punto debole dello svizzero. Che, in allungo col diritto, fa una fatica pazzesca, ancor più che di rovescio, con il quale fa quel che può e in qualche modo se la cava. Nel quarto set non c’è storia. Meritatamente, il serbo porta a casa il suo terzo Wimbledon. Per re Roger, maledettamente, la clessidra è impietosa. Forse i prossimi Us Open saranno per lui l’ultima occasione per vincere un altro Slam. Chissà che il nostro inviato a Flushing Meadows non gli porti fortuna. Punteggio: Djokovic b. Federer 7-6, 6-7, 6-4, 6-3.
Mec

11/07
Finale di Wilmbledon dall’esito scontato, 6-4 / 6-4 che ha incoronato Serena Williams che ha sconfitto all’ultimo atto Garbine Muguruza. Resta la vittoria del terzo slam dell’anno che la catapulta a giocarsi il grande colpo. È la più forte, inutile ribadirlo, se gioca come sa non c’è partita per nessuna. Non posso dire nulla di nuovo, parla per lei il campo e la carriera.
Eppure questa finale non è stata senza senso né senza emozioni. Inizio match che vedeva Serena tesissima, paradossalmente più della giovincella. Tanto da subire il break in apertura con ben tre doppi falli infilati. Dall’altra parte a Garbine non sembrava vero, tirava quando le veniva data la possibilità e guardava sbigottita gli errori della campionessa: ma come, io dovrei combinare tutto ciò. Così si arrivava fino al 4-3 per la spagnola, che teneva una Williams che ritrovava la misura dei colpi e si scioglieva, perché non si sarebbe mai potuta perdonare di perdere un set per maggiore tensione rispetto ad un’esordiente. Serena piazzava il break per andare sul 4-4 e poi ribadiva per chiudere 6-4. Le prime hanno iniziato via via ad entrare e faceva valere il maggior peso di tutto il suo essere. Garbine, dal canto suo, doveva tirare tutto, un po’ perché sa fare solo questo, un po’ per non essere aggredita.
Secondo set che si avviava speditamente verso la chiusura, con Serena che prendeva presto il largo e la giovane spagnola impegnata più che altro a trattenere le lacrime nei cambi campo. Poi, sul 5-1, Williams tornava ad aver paura di se stessa e si premurava di concedere due break, per il 5-4. Muguruza brava a capire al volo il momento e giocarsela spingendo a tutta. Ma alla fine il secondo 6-4 era scritto, lo dimostra il nastro favorevole con cui la statunitense si portava sul 30-0 sul servizio dell’altra. Successo scritto nelle stelle, tracciato sul campo e messo in discussione solo dalla protagonista principale. Muguruza ha fatto quel che doveva e poteva, non è poco, sfruttare le debolezze del mostro dell’ultimo livello significa credere di potercela fare.
Non è stata una bella partita, giocata su pochi colpi da entrambe, ma si sapeva, non era contemplato un altro tipo di partita e, nell’immediato futuro, lo sarà sempre meno. Pare che questo tennis piaccia, giovane e rampante, come evidentemente non sono io.

10/07
Irrompo nelle “pillole” dopo una lunga pausa, indotto da quanto ho appena visto. La partita perfetta. Roger Federer, cari miei, ha sfornato una lezione di tennis contro il malcapitato (nel vero senso della parola) Andy Murray accedendo in finale a Wimbledon per la decima volta. È raro perdere una partita coi numeri positivi registrati dallo scozzese. Eppure contro questo Federer non c’è stata storia. Lo svizzero ha puntualmente forzato il servizio, realizzando una ventina di ace e raggiungendo ottime percentuali di prime in campo (oltre il 65%). E poi ha giocato divinamente. Dopo aver incamerato il primo set, Federer si avventava sulla preda sul punteggio di 5-4 a suo favore, servizio Murray, 0-40. Qui assistiamo al più bel game della partita, sicuramente uno dei più belli dell’intera edizione 2015 di Wimbledon. Colpi mirabolanti, cambi di ritmo succulenti, che piacere per gli occhi! Il gioco lo porta a casa Murray dopo aver annullato ben 5 set point. Generalmente in questi casi si verifica il contraccolpo emotivo per chi ha perso l’occasione di andare 2 set a 0. E no, non per Roger. Tiene il game a zero, con tutti colpi vincenti (o quasi) e si avventa sul game successivo, strappando il servizio allo scozzese e volando al terzo set. A questo punto l’andamento della partita è segnato. I telecronisti in tv chiosavano: chissà se o quanto durerà a questi livelli lo svizzero… 5-4 a favore, serve Murray. Assistiamo a due colpi, entrambi di rovescio (avete capito bene) stratosferici: uno lo vedremo più e più volte nelle clip promozionali, un passante incrociato solo polso e avambraccio su un punto praticamente già perso. L’altro, la palla che ha regalato match point, una risposta di rovescio fulminante. Inchiniamoci a re Roger. Peccato che abbia disputato oggi la partita perfetta, solo un extraterrestre potrebbe ripeterla dopo domani in finale. Punteggio: Federer b. Murray 7-5, 7-5, 6-4.

Nel primo pomeriggio Djokovic superava Gasquet abbastanza facilmente 3 set a 0. L’eterna promessa del tennis francese – attenzione: classe cristallina – aveva dato tutto un paio di giorni addietro contro l’altro svizzero, quello terribile, Stan Wawrinka. Oggi però la partita poteva prendere una piega diversa se nel primo set, dopo break e contro-break, Gasquet sul 4-3 non avesse sbagliato uno smash facile che lo avrebbe fatto salire 0-30 (servizio Nole). In quel momento il numero uno del mondo stava inanellando un errore dietro l’altro, Richard avrebbe potuto approfittarne. Passato il treno, Nole è stato implacabile. Punteggio: Djokovic b. Gasquet 7-6, 6-4, 6-4.
Mec

09/07
Maria Sharapova contro Serena Williams. Ho già dimostrato più volte di non provare simpatia per la siberiana, ma se esistono occasioni in cui mi procura un accenno di tenerezza è proprio quando si scontra con la sua nemesi. Questo è un match già segnato, credo ormai prima ancora di scendere in campo. Non è stato diversamente a questo giro: 6-2 / 6-4, da leggere in modo più largo, per Serena e finale. Hai voglia ad ululare mia cara siberiana, forse avresti dovuto lasciar perdere a diciassette anni, magari si sarebbe accanita con meno veemenza su di te. Che poi, povera Maria, mica è la sola a perderci quasi sempre, anzi, andando sempre avanti nei tornei ed essendo messa bene in classifica, le capita in occasione delle fasi finali, dove se Serena ci arriva solo la Venere nera si permetteva di fermarla.
Ora una finale e un torneo separa Serena dal grande slam, una giovane rampante che l’ha già battuta è il prossimo ostacolo. Voglio sbilanciarmi: secondo me Muguruza ne esce vincitrice. Poi Magari fa la fine della ragazzina twilight l’anno scorso, io però dico di no.

09/07
Amarissimo ritorno anticipato dal lavoro, dopo aver fatto di tutto per vedere almeno uno spezzone della prima semifinale, mi sono trovato di fronte al risultato che prevedevo ma scongiuravo. Agnieszka Radwanska ha ceduto a Garbine Muguruza, o meglio l’amazzone si è presa la vittoria.
Il primo set, di cui ho intercettato l’ultimo game, se lo portava a casa Muguruza per 6-2.
Nel secondo capivo subito com’erano andate le cose, Garbine a prendere a pallate Aga. La polacca pareva completamente impotente, la cilindrata diversa della spagnola si faceva sentire tutta, con un’Agnese nelle condizioni di quest’anno poi. Tutto ciò fino al 3-1 Muguruza, quando la giovincella si impanicava e il fucile si inceppava. Una partita fino a lì disperatamente e inevitabilmente segnata riprendeva colore grazie alla paura della dominatrice che, resasi conto di cosa stava succedendo, ha incominciato a pensare e, per una come lei, non è mai un bene. Da quel punto in poi cinque game consecutivi per Radwanska, a cui bisogna riconoscere il merito di aver fatto quello che doveva quando le è stata data la possibilità. Se durante i punti precedenti nemmeno ci entrava, Aga ha intravisto lo spiraglio e, pur non incantando, ha fatto muovere l’avversaria e le ha proposto quelle variazioni tanto odiose alla spilungona. Grande discriminante era il servizio dell’amazzone: fino a quel momento a tratti ingiocabile, smarriva la prima che seguiva le insicurezze nei prati selvaggi della sua mente acerba e vulcanica. Set chiuso 6-3 da Radwanska.
Il terzo a quel punto si presentava incerto, con la spagnola che perdeva subito il servizio, apparendo ancora in tilt. Dai Aga, mi dicevo, senza sapere come potresti andare a perdere da Serenona in finale. Purtroppo Muguruza si riprendeva e controbreakkava immediatamente. La partita diventava lottata, con la spagnola che alternava bordate vincenti ad errori banali e Aga che, appena quell’altra lo concedeva, entrava a modo suo nello scambio, tessendo una tela fragile ma pur sempre pregiata. Sul 3-2 Garbine piazzava il break decisivo, pur se quando serviva per il match ha concesso un paio di palle break, 6-3 il punteggio del terzo.

Cosa dire? Inutile notare che avrei sperato in un esito diverso, ma francamente l’Aga smagata di questo periodo ha compiuto già un miracolo ad essere arrivata fino a qua. E poi, ad essere onesti, Muguruza, oggi, ha più possibilità di impensierire Serena, che con l’urlatrice folle l’ha vinta prima di scendere in campo.

07/07
Con scelta insensata da tifoso, decidevo di lasciare perdere Williams contro Azarenka per buttarmi appassionatamente su Agnieszka Radwanska contro Madison Keys. In una stagione in cui non ne ha imbroccate molte, un quarto di finale a Wimbledon in una parte di tabellone spalancata era un’occasione troppo ghiotta per la nostra Aga.
Pochi punti ed il copione previsto e temuto si concretizzava: l’americana da un milione di dollari a spingere come una forsennata e la polacca a buttarle di là. Un set brutto, come quasi tutto il match d’altronde, vedeva Keys sbagliare a grappoli e Radwanska con l’iniziativa regalata ai latin lover da spiaggia. L’americana, forte delle sorti in mano, aveva pure diverse palle break, ma era troppo impegnata a sfondare la rete per accorgersene. Dal canto suo la maga, oggi senza bacchetta, era in completa balia dell’avversaria, trovandosi paradossalmente con due palle break sul finire del set. Certo potrei stare qui a dire che Aga combatteva con l’avversaria pur senza far nulla, ma il problema ultimamente è proprio la mancanza di iniziativa, anche di quella sua ricamatrice. Fatto sta che, senza acuti e con le emozioni regalatemi dalle sole sigarette, si arrivava al tie break, dove la Keys si scioglieva manco fosse nel mio salotto milanese e lo perdeva per 7-3.
Secondo set sulla stessa falsariga, con l’impressione che la donna da un milione di dollari potesse cedere da un momento all’altro. Invece era Radwanska ad avere un passaggio a vuoto al servizio, tanto quanto bastava per perdere il parziale 6-3. Male davvero, perché negli ultimi game Madison trovava maggiormente il campo e sembrava attingerne fiducia.
Ecco perché affrontavo il terzo parziale con presagi funestissimi. Ma, come quasi sempre, mi sbagliavo, perché anche Aga a quel punto decideva di darsi un accenno di tono e di provare a proporre un minimo del suo tennis. Il match saliva di qualche tacca, nulla di trascendentale, permanendo il dato di fatto però che l’americana aveva in mano il pallino e, spesso e volentieri, non sapeva che farsene: tanti vincenti, tanta pressione ma troppi errori insensati. Così, senza preavviso e dal quasi nulla, Radwanska breakkava andando sul 5-3. Per altro le due palle break, di cui la seconda sfruttata, venivano conquistate finalmente con leggiadre magie: difesa improbabile in pallonetto e, dopo un dritto a fil di rete, una palla corta, sempre di dritto, audacemente meravigliosa. Va anche detto che, in quel turno di servizio, Keys andava completamente in confusione, aiutando l’avversaria con generosa dabbenaggine. Così Aga chiudeva suol 6-3 una partita di infimo livello, mettiamola così: in tanta bruttezza ha avuto la meglio lo splendore nascosto.

p.s. In semifinale Aga se la vedrà con Muguruza. Cazzo, una grande occasione per andare a perdere in finale da Serenona, ma si deve levare dalla testa che l’amazzone vista a Londra si premurerà di regalargliela.

07/07
Maria Sharapova contro Coco Vandeweghe, personalmente affrontata dopo il primo parziale vinto per 6-3 dalla russa e sul 6-5 per l’americana con servizio Sharapova nel secondo. Il secondo set andava al tie break e mi ritrovavo uno scenario particolare: non tanto perché andava a vincerlo Coco 7-3, quanto per le polveri bagnate della siberiana. Dicevano bene in telecronaca, l’urlatrice folle gridava più di quanto tirasse, aumentava i decibel a dismisura per dare un qualche impatto ai propri colpi, che uscivano corti e senza potenza. Vandeweghe non se lo faceva ripetere e, tirando bene, si portava a casa il set.
Dopo quel tie break mi sono ringalluzzito tutto, dai che a questo giro non ce la fa. Figuriamoci se non sono consapevole della volatilità del tennis femminile, ma Sharapova mi dava l’idea di essere sotto, perché non è che sbagliasse spingendo, bensì spingeva, perché è l’unica cosa che sa fare, senza spinta. Ma mi sbagliavo, non tanto sul fatto che l’americana potesse portarsi a casa il terzo, quanto sulla sua capacità di prenderselo. Aveva tutte le carte in regola, stava giocando meglio, ma lo ha buttato via in modo maldestro e, direi, con inconscia intenzione. Abbiamo già visto Sharapova rimanere attaccata alle partite come se ne andasse del suo patrimonio e abbiamo osservato tenniste tirare a tutta senza necessità e fuori. In questo caso però direi che l’attaccamento della russa poco avrebbe potuto e che l’altra commetteva errori insensati e banali, nemmeno in spinta, con una confusione da brevettare. Immagine su tutte: palla mediamente alta che arrivava sul fondo, cosa faceva? Si piegava goffamente per giocare uno smash che non esisteva, palla troppo bassa. Eppure nemmeno lì perdeva il primo servizio, preferiva regalarlo con un altro paio di errori banali. Per altro il primo break andava a riprenderselo, portandosi su 3-2 per l’avversaria, ma di errori in canna ne aveva ancora parecchi, troppi e di troppe tipologie. Così Sharapova andava a chiudere sul 6-2 un terzo set in cui ci ha messo tutte le corde vocali, Vandeweghe spero sia andata a prendersi una bella sbronza purificatrice.

p.s. In semifinale la russa affronterà una Serena Williams che pare abbia giocato alla grande contro una Azarenka in gran spolvero. Se Sharapova giocherà come oggi non ha scampo, sempre che ne abbia a prescindere.

06/07
Dopo una mezza settimana di vacanza durante la quale non sono riuscito a vedere nulla, ma solo a leggere delle eliminazioni dell’imprevedibile detentrice Kvitova e di cavalla pazza erbivora Lisicki, mi trovo costretto ad affrontare l’orario infame dei quarti femminili, almeno per chi lavora. Seguito, attraverso i risultati, l’avanzamento di Aga, sono tornato in tempo per sintonizzarmi sul finale di Viktoryja Azarenka contro Belinda Bencic. In particolare eravamo sul 6-2 / 4-3 e servizio Azarenka. Giusto in tempo per osservare un altro paio di game in cui la Azarenza impallinava la giovane svizzera chiudendo 6-3: meglio non aver visto tutta la partita, avrei subito io stesso l’impotenza che trasudava Belinda.

A quel punto mi spostavo sul match tra Garbine Muguruza e Caroline Wozniacki. Primo set aggiudicato dalla spagnola per 6-4, nel secondo 2-1 Wozniacki e servizio Muguruza. Da una parte Garbine a tirare come una forsennata, dall’altra Caroline a sperare nell’errore dell’avversaria. No dai, non è vero, anzi, la danese, nettamente in difficoltà se quell’altra si metteva a comandare, cercava di non lasciarle completamente l’iniziativa. Il problema era che quando Wozniacki attaccava non aveva la stessa incisività dell’amazzone spagnola, e innanzitutto doveva cercare di prenderla sta maledetta iniziativa: quando ti arrivano bordate ad ogni colpo diventa complicato. Naturalmente l’amazzone sbagliava anche molto, per fortuna della ragazza da marito danese, che su quegli errori contava.
Da quanto ho detto fino ad ora si direbbe un set dominato da Muguruza, in realtà si è concluso sul 6-4. Però si aveva costantemente la sensazione che a decidere le sorti della contesa fosse Garbine e che quell’altra stava aggrappata alla partita per non dire di averla persa senza lottare. Un paio di immagini che danno l’idea di come fosse giornata per Muguruza e che Wozniacki contro il destino odierno poteva solo sbatterci la testa. Prima, Wozniacki che spingeva e Muguruza a difendersi strenuamente, fino all’errore di dritto della danese: cambiando l’ordine degli addendi il risultato era lo stesso. Seconda, Caroline che attaccava, nemmeno male e quell’altra, dopo un passante tiratissimo su cui la danese mostrava un buon riflesso, si inventava un pallonetto perfetto: se Muguruza si mette a fare i pallonetti significa che non sa quello che sta facendo e quindi è in trance agonistica. Terza, sul 5-4 per l’amazzone la ragazza da marito sbagliava una risposta tutt’altro che impossibile, nel punto successivo ancora errore dopo uno scambio durissimo: se la danese compie errori banali e perde gli scambi massacranti per sue responsabilità, le congiunture astrali sono contro con accanimento e insolenza.

30/06
Vista l’ora di rientro dal lavoro, oggi solo spizzichi e bocconi. Il primo dedicato ad Agnieszka Radwanska che affrontava Lucie Hradecka. Cosa volete, quando c’è Aga in campo non sento ragioni, nemmeno mi sono interessato a cosa davano sugli altri campi. L’ho presa sul 2-1 e servizio della polacca nel secondo set, dopo che si era portata a casa il primo 6-3. In telecronaca mi annunciavano una ceca seminfortunatasi durante il match, fatto sta che non c’era partita: 6-2 Aga e primo turno passato. Da quello che ho visto non possiamo parlare di una Radwanska messa alla prova, l’altra sbagliava troppo. Diciamo un buon allenamento.

Poi mi sono spostato su Simona Halep contro Jana Cepelova, scelta perché la slovacca era riuscita a portare al terzo set la più quotata avversaria. I primi due parziali recitavano 7-5 Halep, 6-4 Cepelova. Io assistevo al terzo parziale dall’1-0 e servizio Halep. Ecco, giusto in tempo per vedere il break della Cepelova, che con un ulteriore break arrivava sul 4-1. Una rumena fuori dima sbagliava appena poteva, non riuscendo a limitare l’incontinenza. Dall’altra parte la ceca faceva il suo: si difendeva quando Halep spingeva finché non arrivava l’inevitabile errore, spingeva se ne aveva l’occasione, che la rumena non lesinava di fornire. D’accordo Halep non era chiaramente in giornata, ma brava Cepelova ad esserci, a giocare nel modo giusto al momento giusto. Poi che volete, la ceca entrava pure in fiducia e tirava fuori robe niente male, insomma poco scampo per la Halep scesa in campo in quel modo. Anche perché si presentava in campo il segnale più funesto per la rumena: la mancanza di incazzature, la remissività di fronte alla situazione, che per una che sbraita per gli errori sul 5-0 a favore non va niente bene.
Però si sa, la paura vince sulla fiducia, la cagarella sa insinuarsi tra le pieghe della convinzione. Così, dopo aver tenuto il servizio, Halep breakkava e si portava sul 3-4 con servizio a disposizione. A dimostrazione che, quando l’avversaria è superiore e non in forma, devi saperne approfittare, non puoi sperare che regali senza fare sforzi. Ma se la paura batte la fiducia, la sfiducia propria batte la paura altrui, tradotto: Halep non si infilava nello spiraglio apertosi, buttava via colpi in modo scellerato e concedeva un nuovo break. A quel punto Cepelova non poteva esimersi dal chiudere sul 6-3, perché va bene il doppio psicodramma, ma senza esagerare.

29/06
Come secondo incontro di giornata mi propino il promettente primo turno tra Daniela Hantuchova e Dominika Cibulkova, derby slovacco che nei precedenti dicevano Daniela, ma in cui la rediviva Cibulkova non partiva sconfitta.
Mentre le giocatrici si portavano su un equilibrato 2-2, non spiacevole da vedere, Bolelli andava al quinto set con Nishikori Ora è nota la mia predilezione per il tennis femminile, di cui mi azzardo a parlare quantunque a sproposito, però quel quinto set dovevo proprio vederlo. Peccato che l’italiano regalava il break sul primo turno di servizio in modo maldestro, non riuscendo poi ad arrivare a palla break e andandosene a casa con un 6-3 sulle spalle.
Allora sono tornato al derby e l’ho ripreso ad inizio secondo set. Il punteggio del primo recitava 7-5 Hantuchova, i commentatori mi informavano di un 5-3 per Cibulkova ribaltato dalla connazionale. Dovevo scoprire che mi dovevo essere perso il meglio dell’incontro, perché il 6-0 con cui Daniela chiudeva il secondo set la diceva tutta. Una Hantuchova in pieno controllo del gioco, senza rischiare i colpi un gran che, giocando semplice e intelligente. Dall’altra parte Dominika non riusciva proprio a creare ritmo, non faceva male ed era costantemente in difficoltà negli scambi. Arrivava a procurarsi anche due palle break nel terzo gioco, ma più per alcune seconde timide di Hantuchova che prontamente Cibulkova ha aggredito come piace a lei, ma solo questo dev’esserle piaciuto del secondo parziale. Se una sparapalline non riesce a sparare si ritrova proprio con poco da dire, hai voglia a caricarsi dopo ogni punto.

29/06
Primo giorno di Wimbledon 2015 ed esordisco con il match dell’urlatrice folle, Maria Sharapova, che incontra Johanna Konta. Un esordio che si è rivelato comodo per la russa, che ha liquidato la britannica con un doppio 6-2.
Cosa dire? Dopo due inizi di set imballati, la siberiana ha bombardato senza sosta la malcapitata, non lasciandole nessuno scampo. Uniche boccate d’aria due palle corte vincenti, una per set, che Sharapova ha voluto regalare, come un’anomalia. Però voglio dire una cosa che potrebbe sembrare senza senso, ma un senso non ce l’ha. Tutto sommato Konta ha giocato come doveva: strenua difesa, quando la racchetta non veniva piegata dalle bordate, colpi per cercare di muovere la spilungona. Purtroppo per lei ha commesso troppi errori, ma non credo possa rimproverarsi più di tanto, di fronte ad un’avversaria di caratura così superiore, la britannica avrebbe dovuto imbroccare una partita al massimo e sperare in una giornata no di Maria. Non si è verificata nessuna delle due circostanze, pazienza, sarebbe stato più utile un sorteggio meno ostico.

Su Agafan e Dario Macrì

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