Tornare a casa - Dörte Hansen

Tornare a casa – Dörte Hansen

Tornare a casa di Dörte Hansen è un racconto corale che descrive il cambiamento nel tempo di un villaggio rurale. Gli abitanti, raccolti in una comunità ristretta e compatta, sono presi in mezzo nel passaggio dal passato al futuro. Un ritratto di ciò che è stato ed è andato perdendosi, uno sguardo tra poetico e disincantato in grado di tracciare il solco scavato dagli eventi.

Tornare a casa di Dörte Hansen

Lui c’era sempre stato, Ingwer Feddersen, a macerare nella musica da ballo e nel fumo di sigaretta, la sala sott’occhio, il bancone a separarlo da Brinkebüll. Sempre presente e mai del tutto partecipe, di fatto era ancora così. Ovunque andasse e qualunque cosa facesse, era come se ci fosse un bancone tra lui e il resto del mondo.

Ingwer è un professore universitario di quarantotto anni che proviene da Brinkebüll, un piccolo paese della Frisia, profondo nord tedesco, e si ritrova per le mani un tempo sospeso: non ha saldato i conti con il passato, è chiuso da anni in un ménage à trois costituito da una convivenza senza sbocchi, non sa prendere in mano il proprio futuro. Uno stallo che lo porta a prendersi un anno sabbatico e tornare alle origini per occuparsi dei due nonni la cui vita volge al termine.

In realtà Ingwer ha sempre vissuto Sönke ed Ella come genitori, dato che sua madre è la loro figlia affetta da ritardo mentale e rimasta incinta da ignoto. Così il futuro professore è cresciuto nella locanda di Brinkebüll gestita dal nonno, dove ha visto svolgersi la vita di paese tra matrimoni, feste e quotidiane sbronze. Un punto di vista che ha i suoi privilegi, se ci si adatta fin da piccoli a spillare birra.

Si tratta in realtà di un racconto corale, in cui passato e presente si alternano nei capitoli, che descrive il cambiamento nel tempo di un villaggio rurale. Gli abitanti, raccolti in una comunità ristretta e compatta, sono presi in mezzo nel passaggio dal passato al futuro imposto dalle circostanze. Un ritratto di ciò che è stato ed è andato perdendosi, uno sguardo tra poetico e disincantato in grado di tracciare il solco scavato dagli eventi.

Piccola città non eterna

Di bellezza neanche l’ombra. Solo terra nuda, una terra che sembrava devastata e sfinita. Ti veniva voglia di consolarla con una bugia compassionevole, di posare una mano su quel suolo e dire: andrà tutto bene. Tutto si sistemerà.

Una grande protagonista della scrittura di Hansen è la natura. Una natura ruvida, poco generosa e difficile, solo chi ha vissuto in quel nord avaro può capire come ci si sente a dover sempre abbassare la testa di fronte al vento, ad essere sempre schiacciati e rispondere d’istinto proteggendosi. Natura che, per altro, viene modificata dall’intervento statale, capace di far giungere la modernità in quelle lande desolate, ma anche di peggiorare il rapporto con la natura, eliminandone i pochi lati positivi.

Il tutto è tenuto insieme da Ingwer, un uomo bloccato, fuggito dal paese senza nemmeno troppa rabbia in corpo, i conti lasciati in sospeso con i propri nonni, ma anche con l’imbuto in cui è andata a chiudersi la sua capacità di vivere che, ora, si trova a doversi sbloccare dalla sospensione. Non è un caso che Ingwer si occupi di preistoria, un periodo che ha lasciato molte tracce a Brinkebüll e che, in qualche modo, ha impresso lo stampo sull’animo del ragazzo dell’oste.

I giri di vita del paese includono diversi personaggi a cui l’autrice riesce a donare profondità, costruendo una comunità verosimile e credibile nel movimento di sentimenti. Tra solitudini, eventi tragici, tradimenti, duro lavoro nei campi, feste, prese in giro e principi solidi fino a un certo punto, il paese si muove, traffica e affronta il passaggio da un’epoca all’altra, fino a sgretolarsi e diventare un luogo al posto della comunità.

Piccolo problema

Ora ho di fronte un problema. Trovo che il libro sia scritto molto bene, che i personaggi sappiano prendere vita, l’argomento mi è sempre molto piaciuto, il dosaggio tra episodi buffi e tragici perfetto, Ingwer molto adatto a tenere per mano il lettore, la descrizione della natura incisiva, il passaggio del tempo sulle anime evidente. Insomma, è un libro che dovrebbe entusiasmarmi, gli elementi ci sono tutti.

Eppure, nonostante sia in grado di riconoscerne i meriti e a chi mi chiedesse se leggerlo non potrei non consigliarlo, non mi è arrivato e non saprei dire nemmeno bene perché.  Forse la sua perfezione risulta fredda, non proponendo nessun vero guizzo, nessun incisivo scarto. A tratti pare essere didascalico, tentando di mostrare troppo chiaramente e attraverso una eccessiva pulizia della narrazione, arrivando a ripetere concetti e osservazioni già scritte.

Le parti più convincenti sono quelle in cui è protagonista la natura, dove riesce a trovare una profondità appassionata, per il resto pare latitare l’anima, tutto così pulito da sentire la mancanza dello sporco. L’incredibile precisione non lascia spazio ad aperture e i profondi sentimenti degli uomini sono descritti molto bene senza riuscire ad essere vissuti.

Ne consiglierei la lettura perché queste sensazioni sono molto personali, mentre i pregi sono alla luce del sole. Anche se come lettore rimangono dentro proprio quelle sensazioni.

Dörte Hansen – Tornare a casaFazi Editore
Traduzione: Teresa Ciuffoletti

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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