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La fine dell’impero cognitivo. L’avvento delle epistemologie del Sud – Boaventura de Sousa Santos

La fine dell’impero cognitivo. L’avvento delle epistemologie del Sud di Boaventura de Sousa Santos ha smisurate ambizioni, verrebbe da dire utopistiche, se solo non ancorasse l’obiettivo ad un’analisi puntuale e a proposte concrete. Questo non significa che in questo modo il compito appaia meno arduo, però si toglie dal campo delle vane lamentazioni e si inserisce in una progettualità virtuosa che acquista senso pratico.

La fine dell’impero cognitivo. L’avvento delle epistemologie del Sud di Boaventura de Sousa Santos

Quando guardiamo al passato attraverso gli occhi del presente, troviamo enormi cimiteri di futuri abbandonati, lotte che hanno inaugurato nuove possibilità ma che sono state neutralizzate, messe a tacere o distorte, futuri assassinati alla nascita, o anche futuri nati morti, contingenze che hanno determinato la scelta vincente poi ascritta al corso della storia. Questi futuri abbandonati sono anche corpi sepolti, spesso corpi impegnati in futuri sbagliati o inutili.

Le ambizioni di Boaventura de Sousa Santos in questo libro sono smisurate, verrebbe da dire utopistiche, se solo non ancorasse l’obiettivo ad un’analisi puntuale e a proposte concrete. Questo non significa che in questo modo il compito appaia meno arduo, però si toglie dal campo delle vane lamentazioni e si inserisce in una progettualità virtuosa che acquista senso pratico, sorretta dal tentativo di scardinare in profondità la cultura in cui l’occidente è immerso.

Il libro indica con precisione le tre principali forme moderne di dominazione del Nord sul Sud del mondo: capitalismo, colonialismo e patriarcato. Nord e Sud non vanno intese come mero riferimento geografico, anche se lo spunto viene da una constatazione, bensì indicano più in generale le culture dominanti e quelle dominate, due posizioni agli antipodi che lottano una per il proseguo di un dominio assoluto, l’altra per la sopravvivenza e, in ottica, la liberazione.

Il saggio è approfondito, non si limita a indicare per grandi linee una dicotomia da appendere come manifesto sulla parete delle chiacchiere tra amici. Le pagine sono puntuali sia nell’analizzare il problema esistente, sia nel proporre soluzioni concrete. Un’immersione nelle criticità della cultura in cui siamo invischiati e uno sguardo intenso su coloro che vengono relegati ai margini di un mondo che vorrebbe omologarsi ad un pensiero uniformato, presentato come l’unico possibile. de Sousa Santos ci esorta a non credere di non avere alternative, piuttosto è necessario pensare in modo alternativo alle alternative.

L’analisi spietata e le linee guida che vengono proposte in questo volume sono destabilizzanti perché vanno a toccare punti che potrebbero essere considerati fermi, e perché l’ideale della lotta contro il dominio viene avvicinato alla quotidianità.

Si tratta di un saggio che non può essere certo riassunto in queste poche righe, cercherò solo di dare alcuni spunti che possano spingere alla lettura che, a mio modesto parere, è consigliatissima.

La linea abissale

L’archivio dominante è il moderno modo abissale di produrre conoscenza con il pretesto di conservarla. È un intervento epistemico attivo che si presenta come riaffermazione passiva e neutrale. Il travestimento implica un duplice potere: il potere di produrre o selezionare il tipo di conoscenza degna di essere immagazzinata, e il potere di fingere che non ci sia alcuna selezione e che, quindi, l’atto di selezione e il modo di immagazzinare di per sé non equivalgano a nuova conoscenza.

La fine dell'impero cognitivo

Il concetto fondamentale, da cui non si può prescindere, è quello della linea abissale di esclusione. Le marginalizzazioni nel mondo sono tante e coprono svariati ambiti, ma il fulcro di una marginalizzazione senza scampo è la linea abissale: oltre questa linea l’escluso è disumanizzato. La linea abissale può essere presente anche all’interno delle civiltà occidentali, ma di certo è fondante dell’esclusione di alcune intere popolazioni, naturalmente quelle che furono colonizzate.

La divisione dell’umanità in civiltà metropolitane e coloniali è il punto di rottura da cui deve cominciare la lotta. Il colonialismo non si è concluso con le indipendenze nazionali, il colonialismo culturale ha proseguito la corsa del dominio e dell’esclusione. L’ideologia egemone è quella del capitalismo, la mercificazione di qualsiasi essere e risorsa presente nel mondo, fino alle menti. Capitalismo, colonialismo (nel senso ampliato) e patriarcato vanno a braccetto, non è pensabile sconfiggerne uno senza occuparsi degli altri. Una lotta che punti al successo deve tenere uniti gli elementi, che dal canto loro non si separano mai, altrimenti l’efficacia viene depotenziata.

Il primo passo è quello di proporre un modo alternativo di conoscenza: le epistemologie del sud. Per poter contrastare davvero la linea abissale è necessario applicare le epistemologie delle assenze, recuperare ciò che è stato scartato in virtù della visione del mondo non scientifica. In realtà le epistemologie del sud non demonizzano la scienza, ne prendono anzi ciò che è utile, il concetto di base è però la mancanza di un’universalità validante, della pretesa di una verità unica imposta, incitando piuttosto all’emersione delle scelte sommerse che guidano le convinzioni; la conoscenza si configura come un’apertura ai diversi stimoli presenti, un’ecologia delle conoscenze che tende ad armonizzare piuttosto che selezionare. L’unico modo per concretizzare questo processo è cercare di conosce-con e non conoscere-su, la conoscenza non sarà più un rapporto tra soggetto e oggetto, ma tra due soggetti di pari dignità.

Lotta concreta

L’esperienza vissuta da coloro che subiscono la dominazione capitalista, colonialista e patriarcale è un’esperienza vissuta nel senso forte della parola, poiché chi la vive non ha altra scelta che viverla mentre rimane vittima dell’oppressione. Certo, nella società la necessità ha sempre come limite la capacità umana di superarla o evitarla, purché tale capacità possa essere esercitata. Tuttavia, la resistenza e la lotta non sono da intendersi come esercizi in libertà per porre fine all’oppressione. Solo chi non vive l’oppressione sulla propria pelle può immaginare che resisterle sia un atto supremo di libertà. Resistere e combattere l’oppressione sono spesso una necessità tanto quanto viverla o esperirla.

E poi c’è la parte della lotta, guidata dall’epistemologia delle emergenze. Qualsiasi conoscenza dev’essere finalizzata alla lotta, l’emancipazione dalle epistemologie del Nord deve portare alla costruzione di un progetto concreto. L’afflato è battagliero e, nonostante alcune linee guida, non può che essere circostanziato alla lotta da mettere in campo, l’universalismo lascia spazio all’attivismo, il fine ultimo è il raggiungimento di determinati obiettivi sul campo.

Per questa ragione, ogni conoscenza è ancorata alla situazione vissuta dalle comunità, non esiste assolutismo che possa adattarsi ad ogni situazione. Quindi l’emancipazione epistemologica e progettuale nasce dall’ascolto delle esigenze personalizzate, le scelte non vengono calate dall’alto e i silenzi parlano tanto quanto le proteste. La linea abissale va affrontata sul territorio, ogni lotta ha le proprie peculiarità che emergono da una conoscenza condivisa e incarnata nel corpo della comunità sofferente.

Il dialogo rimane una modalità importante di confronto, ogni lotta può dare spunti alle altre, la concretezza non è chiusura, perché la chiusura non si sposa con la condivisione. Le gerarchie sono eliminate, non esistono posizioni di privilegio, il privilegio è la presunzione con cui capitalismo, colonialismo e patriarcato cercano di chiudere i recinti. Viene proposta un’apertura significante per chi è coinvolto, un invito a non accettare lo stato di fatto per come ci viene presentato.

Ho riassunto male alcuni temi, l’invito è di leggere il libro perché ha tante di quelle sfumature da non poter essere restituite in poche righe, almeno non da un brocco come me. I punti nodali sono due: liberarsi dalle convinzioni occidentocentriche e sviluppare un’apertura costruttiva orientata alla lotta. Sono due obiettivi difficili, ma sono illustrati molto bene, riuscendo a metterci in gioco.

Boaventura de Sousa Santos- La fine dell’impero cognitivo. L’avvento delle epistemologie del Sud – Castelvecchi
Traduzione: Samuele Mazzolini

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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