diario di una maratona - milano city marathon 2021

Milano city Marathon 2021 #9.2 – Il buon senso del runner evoluto

A Milano ha nevicato e io, da bravo podista, sono uscito a correre lo stesso. Fallendo miseramente ogni obiettivo prefissato

Dato che il mio atleta non ha le parole per controbattere alle mie accuse, questa puntata del diario verterà sulle dinamiche di chi come me, è un runner con l’agenda piena di impegni. Si dà il caso infatti, che questo per me sia un periodo parecchio incasinato, a fine anno cambierò casa e sto incastrando il lavoro a un trasloco effettuato a spizzichi e bocconi. Questo ovviamente va a ripercuotersi sul mio programma di allenamento che deve necessariamente adattarsi alla cronica mancanza di tempo. Fino a qualche mese fa saltare un allenamento non sarebbe stato un problema, ma con una maratona alle porte e un atleta che sta facendo progressi esagerati oltre che essere ligissimo alla tabella d’allenamento, sento, come dire, un filo di pepe al culo. Perciò, pur avendo nevicato in maniera fastidiosa, io ieri sono uscito a correre. Purtroppo, tra le variabili prese in considerazione non avevo considerato l’incapacità del Comune di affrontare situazioni ampiamente previste, per cui sono uscito per le mie ripetute in una Milano bianca come la Lapponia.

Ecco, correre con la neve è qualcosa di estremamente fastidioso. Non tanto per il freddo, ma per il fatto che letteralmente non si corre. Pur tenendo un passo lento è impossibile forzare,  l’appoggio non è sicuro e il grip ridotto non permette una spinta adeguata. In più metteteci le mie caviglie ballerine, mi sono sentito a disagio più di quando mi resi conto  che le infradito e la canotta smanicata non erano un abbigliamento adatto per le lezioni in Cattolica. Dovevo fare delle ripetute sui 2000 e alla fine, dopo un km di riscaldamento, mi sono limitato a provare ad andare per altri 2 km per poi rinunciare e tornare indietro. 

Ovviamente questa cosa l’ho vissuta come un dramma, e ho passato tutta sera aggrovigliato in una spirale di sensi di colpa e visioni catastrofistiche tali da mettere a repentaglio un’intera preparazione. E se Agafan dovesse arrivare al traguardo e io, invece, dovessi crollare al 10imo chilometro a causa di un allenamento saltato? Il piacere di vederlo arrivare saprà mitigare il dolore del fallimento personale? Ai posteri l’ardua sentenza.

Aggiornamento del martedì mattina:

Non ce l’ho fatta. Il pensiero di un Agafan ligio al dovere più di me mi ha torturato tutta notte. Per cui questa mattina ci ho riprovato: 14 km di lento su ghiaccio e neve. Risultato, ho corso 10 secondi in meno del mio lento abituale, sono caduto due volte, ho fatto una fatica del menga e ho polpacci duri come il marmo. Ma l’onore, per lo meno, è salvo. 

Peraltro, mi sono reso conto che queste saranno le ultime mie corse al parco Forlanini, il luogo che mi ha visto nascere come runner. Mentre le mie gambe cercavano trazione sul ghiaccio, il mio cuore si è posato su ogni scorcio offerto da questo bistrattato parchetto cittadino. Ho salutato le nutrie, il laghetto ghiacciato, gli aerei che decollano da Linate, i padroni di cani indisciplinati, il barbone accampato con la tenda di fronte al campo da golf, i ragazzi di colore che si spostano dal dormitorio per venire in centro, i preservativi e le bottiglie di vino abbandonati sulla via del The Beach, e ho lasciato per ognuno di loro una lacrima.  Da gennaio, il mio palcoscenico sarà la ciclabile della Martesana, forse un luogo più ameno, ma ci vorrà del tempo per poterlo amare. 

Photo by Janek Holoubek on Unsplash

 

Su massimo miliani

Ho il CV più schizofrenico di Jack Torrence, per questo motivo enunciare qui la mia bio potrebbe risultare complicato. Semplificando, per lo Stato e per l'Inpgi, attualmente risulto essere giornalista.

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