Quanto è tedesco di Walter Abish è lo spioncino che dà su uno stato d’animo generalizzato, un’ineffabile sensazione che turba la razionalità, l’espressione attonita di fronte al riconoscimento temuto. Il quadro d’insieme pennellato da Walter Abish disturba guardandolo da lontano, ha un colpo d’occhio allusivamente inquietante, mentre da vicino se ne può apprezzare la precisione dei particolari, i singoli tratti che solcano un percorso deciso.
Quanto è tedesco di Walter Abish
Il riferimento alla perfezione, per quanto antitetico e detestabile potesse apparire al pensiero di Brumhold, era stato fatto perché la mente è creata in modo tale da stabilire di norma standard di perfezione per tutto: per il matrimonio e per la guida, per le questioni d’amore e per i mobili da giardino, per il ping-pong e per i forni a gas, per i volti e per qualcosa di così insignificante come il tempo atmosferico. E poi, una volta stabiliti questi standard, struttura altri standard di confronto, che servono, se non altro, a confermare nella mente della maggior parte delle persone che molte cose sono meno che perfette.
Quasi un romanzo d’atmosfera esistenziale, lo spioncino che dà su uno stato d’animo generalizzato, un’ineffabile sensazione che turba la razionalità, l’espressione attonita di fronte al riconoscimento temuto. Il quadro d’insieme pennellato da Walter Abish disturba guardandolo da lontano, ha un colpo d’occhio allusivamente inquietante, mentre da vicino se ne può apprezzare la precisione dei particolari, i singoli tratti che solcano un percorso deciso. Seguendo le vicende dei protagonisti si assimila un’irrequietezza subdola che si insinua sotto pelle, che scaturisce da una prosa costantemente interrogativa nella sua essenza, incalzante nel suo continuo suggerire.
Ulrich Hargenau, uno scrittore tedesco il cui padre fu fucilato per un tentativo di attentato ad Hitler, deve fare i conti con la separazione dalla moglie Paula, un’attivista di un gruppo terroristico. Dopo un soggiorno a Parigi, torna all’ovile per poi trasferirsi con il fratello Helmuth, affermato architetto, a Brumholdstein, città che prende il nome dal più famoso filosofo nazionale e che sorge lì dove fu costruito un campo di concentramento. A partire dalle vicende di questa famiglia benestante, Abish immerge il lettore nelle contraddizioni di una nazione dal passato prossimo incombente.
Pur potendo definire Ulrich il protagonista, l’autore si muove tra i vari personaggi, andando a pescarli nelle loro nicchie di vissuto che si collegano le une alle altre. La scrittura di Abish non sentenzia mai, crea invece un clima di incertezza, un senso di interrogazione che coinvolge tutti senza scampo, perché pare davvero non esservi scampo per nessuno; citando: per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti. Anche l’alternarsi dei punti di vista non pare mirato a chiarire gli elementi, quanto piuttosto a innestare ulteriori affluenti nel fiume del dubbio, altri movimenti di pedine su una scacchiera truccata.
Con una costruzione attenta, Abish riesce a tratteggiare i singoli personaggi con cura, pur lanciandoli senza freno all’interno del magma comune. Non è una scrittura fatta di picchi, non si cristallizza in frasi scintillanti, alimenta l’inquietudine con il suo incedere a tratti stralunato, costruendo un edificio instabile nonostante l’apparente scintillio.

Possibilità è responsabilità
L’innato istinto della classe alta e medio-alta tedesca di combinare ciò che è essenzialmente perfezione con il “minaccioso”. Tutto sommato, riassume la nuova irrequietezza tedesca e la diffusa previsione di un più grande splendore tedesco che deve ancora arrivare. Non sono anche queste le componenti di una storia tedesca? Perché alla fine quello che potrebbe accadere è una corrispondenza tra questa sensibilità finemente sviluppata, questa consapevolezza accentuata della perfezione, con la sua effettiva realizzazione.
La Germania si trova ad essere una nazione in bilico tra un passato ignominioso, anche se spesso mal riconosciuto, e un futuro di prosperità incalzante, lo stesso per altro previsto durante l’ascesa di Hitler. In un clima torbido, dove la chiarezza non è nemmeno cercata, si innestano gli atti di terrorismo che sconvolgono fino a un certo punto. Il padre di Ulrich venne fucilato da Hitler, mentre Ulrich sposa una terrorista per poi contribuire nel processo a far incarcerare i membri coinvolti nell’organizzazione, in un goffo tentativo di salvare proprio la moglie, creando un cortocircuito di responsabilità e denuncia che lascia strascichi non dipanati.
Simbolo delle contraddizioni del popolo tedesco è Brumholdstein, città nuova per ricchi abitanti che un altro Hargenau, il fratello di Ulrich, contribuisce ad edificare in tutta la sua spocchia autocelebrativa. La città prende il nome dal massimo filosofo tedesco contemporaneo che ebbe un ruolo ambiguo durante il regime, decretando già nelle intenzioni il malcelato orgoglio per la grandezza tedesca a prescindere. L’essenza tedesca è minacciosa nel suo potenziale, sempre, viene incanalata in una perfezione inquietante, costantemente sull’orlo dell’esplosione. Il tutto ammantato in una patina di borghesia tesa alle novità, che però non sono in grado di alleggerire il fardello.
I campi di concentramento aleggiano in modo crudele, anche se non così incisivo per la popolazione, su Brumholdstein: un passato misconosciuto solo di facciata. La città sorge proprio dove era presente un campo di concentramento e la scoperta di una fossa comune sotto una strada diventa un problema pratico da risolvere più che una colpa da assolvere. E poi c’è Franz, un tempo al servizio degli Hargenau, che ricostruisce in scala un modello del campo di concentramento coi fiammiferi. Al netto del disagio che provoca questa ricostruzione nelle discussioni, la celebrazione in una fotografia dell’impresa legittima il passato attraverso il futuro.
Abish gioca, nell’ultima parte del romanzo, con il concetto di possibilità, di come le cose possano andare differentemente. Ma l’alternativa è fortemente legata alla responsabilità, un diverso sviluppo dipende dalle scelte che vengono effettuate. Che le cose possano andare o sarebbero potute andare diversamente viene suggerito dall’autore, ma non trova riscontro nei personaggi, rimane una dichiarazione esplicita non recepita, quasi un’invocazione irrealizzata. La familiarità aiuta la staticità, richiama sé stessa in un circolo vizioso la cui rottura prevederebbe un’assunzione di responsabilità diversa, un essere tedesco differente che, forse, non è possibile.
Walter Abish – Quanto è tedesco – Cantoni Editore
Traduzione: Lisa Ceccarelli