Come d’aria di Ada D’Adamo

Come d’aria, trionfatore all’ultimo Strega, è il diario di una madre paziente oncologica e di sua figlia disabile. Una cronaca dura, onesta e soprattutto priva dell’ipocrisia di cui generalmente si ammantano in letteratura questi argomenti

Della storia personale di Ada d’Adamo credo si sappia tutto perché i giornali ne hanno parlato a lungo: una figlia gravemente disabile (Daria, d’aria), la sua lotta per il diritto all’aborto terapeutico, la sua malattia (tumore alla mammella), le diverse case editrici che hanno in un primo momento rifiutato il suo libro, la sua morte, avvenuta poco dopo aver scoperto di essere entrata nella dozzina dello Strega e infine la vittoria finale, decisamente fuori pronostico (al di là delle questioni puramente letterarie, Elliot che batte i colossi è il classico Davide che vince contro Golia). 

Un contesto denso, dunque, emotivamente complicato, che ha fatto parlare del libro più di quanto in genere si fa in queste occasioni e che ha creato attorno a Come d’Aria una cortina di fumo, di parole, e perché no anche di giudizi spesso paracchiati qui e là che a mio parere, purtroppo, hanno rischiato di mettere in secondo piano l’opera. Una gran bella opera.

La solitudine

Strega o non Strega, Come d’Aria, infatti, è un libro speciale. Speciale nella sua semplice crudezza. Scritto sotto forma di diario e editato nel periodo in cui già stava lottando col cancro, la d’Adamo è riuscita a scarnificare il concetto letterario di malattia (o disabilità) -spesso accompagnato da un piacere di raccontare il dolore quasi pruriginoso- rendendocelo accessibile nel suo significato più puro e diretto. 

Se c’è un passo che meglio di tutti rappresenta Come d’Aria di Ada d’Adamo, a mio parere è questo: Avere un figlio invalido significa essere soli. Irrimediabilmente, definitivamente soli. Indietro non si torna. Uguale a prima non sarà più. È come se dentro di te si fosse accomodato il punteruolo delle palme che rosicchia la pianta dall’interno piano piano, la trasforma in un involucro pieno di segatura. La superficie resta uguale, ma sotto i bordi, sotto la pelle, non resta più niente.”

In questa immagine c’è tutto: c’è la solitudine, presente a ogni livello sociale e parentale (anche il più vicino e insospettabile), c’è il dolore che  si trasforma in cieco automatismo, c’è la necessità di essere sempre pronti, sempre forti, anche davanti alla più arida mancanza di futuro. C’è rabbia, c’è amore, c’è rassegnazione e necessità, per dirla come lei, di “serrare le fila” per poter andare avanti e sopravvivere.

Il corpo come ponte

Il legame tra mamma e figlia, non potendoci essere una relazione di tipo convenzionale, si basa sulla corporeità. Ed è nella narrazione dell’uso del corpo come ponte per intrecciare un legame con la figlia, e soprattutto nel suo venire meno nel momento in cui la mamma si ammala e deve sottoporsi a estenuanti cicli di chemio, che la D’Adamo ci regala pagine meravigliose in cui nulla viene taciuto, dalla frustrazione di vedere un corpo (quello della figlia) cosi impossibile da domare e da contenere, fino al lento declino del suo, che sebbene forgiato dallla disciplina rigorosa del balletto classico, nulla può contro la malattia e ancor di più contro la sua cura. 

Il disincanto

Come d’aria è un diario, è un regalo,  l’ultimo che l’autrice fa alla figlia, ma è anche un libro che squarcia il velo sulle condizioni di chi vive a stretto contatto con la disabilità, con chi è per certi versi, un ultimo per procura. La D’adamo lo fa spolverando le pagine di tanti piccoli episodi, tante considerazioni che chi non ha mai vissuto un dramma simile forse non può nemmeno capire. Dalla lotta quotidiana con la cronica inadeguatezza delle infrastrutture fino all’oscena e cieca politica circa il sostegno scolastico. Ma ci sono anche le parole della gente, i loro sguardi, le piccole mancanze messe in atto per cercare di non essere coinvolti in qualcosa di così difficile da gestire, fino all’abbandono istituzionale, che l’autrice ha reso perfettamente raccontando del periodo del Covid, quello del “prima i sani”, della distinzione netta tra chi deve essere salvato per primo e chi, invece, per la sua condizione di debolezza può (anzi deve) essere lasciato indietro. D’adamo scivola lungo questi scogli affilati e appuntiti senza più sentirne gli spigoli, affronta il cammino della sua vita e quello di sua figlia con un disincanto lucido, reso sopportabile dall’unico obiettivo possibile: andare avanti, nonostante tutto e, purtroppo, nonostante molti. 

Autore:Ada D’Adamo
Editore:Elliot
Collana:Scatti
Anno edizione:2023
In commercio dal: 13 gennaio 2023
Pagine:144 p., Brossura
EAN:9788892762459

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Ho il CV più schizofrenico di Jack Torrence, per questo motivo enunciare qui la mia bio potrebbe risultare complicato. Semplificando, per lo Stato e per l'Inpgi, attualmente risulto essere giornalista.

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