Eutanasia, il caso di Brittany Maynard

Il caso di Brittany Maynard ha gettato una forte luce mediatica sulla questione dell’eutanasia, soprattutto perché si trattava di una giovane donna. La malattia diagnosticatale le concedeva poco tempo da vivere e tra atroci sofferenze. Brittany ha compiuto una scelta ponderata e libera, soprattutto ha potuto compierla, non in tutti i luoghi ciò è possibile.

da lettera43, 4 novembre 2014

Alla fine Brittany Maynard ha deciso di mettere fine alle sue sofferenze. E ha compiuto l’eutanasia.
S’è conclusa così la vicenda della 29enne americana colpita da un cancro in fase terminale, che qualche settimana fa aveva annunciato in un video di voler mettere fine alla sua vita, provocando un vivo dibattito sulla dolce morte negli Stati Uniti.

Brittany aveva iniziato a soffrire di mal di testa debilitanti poco dopo il matrimonio e solo di recente aveva scoperto di essere stata colpita da una forma molto aggressiva di cancro al cervello: a inizio 2014 i medici le avevano dato sei mesi di vita.

EUTANASIA IN OREGON. Così la giovane, d’accordo con il marito, si era trasferita dalla California a Porland nell’Oregon, uno Stato che prevede di poter eseguire l’eutanasia senza essere perseguitati dalla legge (si tratta del Death with dignity act approvato nel 1994 e confermato nel 1997 con il 60% dei consensi).

Quindi Brittany aveva annunciato il suo progetto di eseguire l’eutanasia in un video postato sul suo sito (Thebrittanyfund.org) che ha fatto il giro del web: lunedì 27 ottobre era stato visto più di 9,5 milioni di volte su YouTube.

RINVIATA LA MORTE. In realtà la donna aveva scelto di morire mercoledì 29 ottobre, ma con un altro video la giovane aveva deciso di rinviare la morte spiegando che non era ancora il momento.

«Mi sento ancora bene, ho ancora abbastanza gioia e voglia di ridere con la mia famiglia e gli amici, questo non è il giorno ideale», aveva detto Brittany, poi morta «tra le braccia dei suoi cari».

‘ARRIVEDERCI’ AD AMICI E PARENTI. «Arrivederci a tutti i miei amici e alla mia famiglia che amo. Oggi è il giorno che ho scelto per morire con dignità, tenuto conto della malattia in fase terminale, questo terribile cancro al cervello che mi ha imprigionato…ma mi avrebbe imprigionato tanto di più», ha scritto la ragazza in un messaggio largamente diffuso sui social network dopo l’eutanasia.

«Sono le persone che si fermano ad apprezzare la vita e che rendono grazie, quelle più felici. Se noi cambiamo le nostre menti, cambiamo il nostro mondo. Pace e amore a voi tutti», sono state le ultime parole di Brittany che ha espresso «profondo ringraziamento a tutti i suoi belli, intelligenti, meravigliosi, generosi amici, che lei ha ricercato come l’acqua durante la sua vita e la sua malattia per l’intuizione, il sostegno e l’esperienza condivisa di una bella vita».

IL SUICIDIO IL 1 NOVEMBRE. Sean Crowley, un portavoce dell’associazione Compassione e Scelta, che lotta per il diritto all’eutanasia, ha dichiarato che Brittany è morta verosimilmente nella sua casa sabato 1 novembre.

«Il suo amore per la vita e la natura, la sua passione e il suo spirito continuano a vivere», ha aggiunto Barbara Lee Coombs, presidente dell’organizzazione che ha sostenuto la 29enne.

ERA NATA NEL 1984. Brittany era nata in California nel 1984 e si era laureata a Berkeley come insegnante. Aveva viaggiato in tutto il mondo, lavorando anche in scuole e orfanotrofi in Nepal e Costa Rica. A casa faceva volontariato per una associazione animalista.

Nel 2012 si era sposata con il fidanzato Diaz, con quale avrebbe voluto fare un figlio. Ma il capodanno del 2014, le era stato diagnosticato un tumore maligno al cervello. Tre mesi dopo era stata operata, ma il cancro era progredito e i medici le avevano dato pochi mesi di vita, da passare fra atroci sofferenze. Brittany aveva deciso così di vivere nel modo migliore il tempo che le restava e di porre fine alla sua vita prima che le sofferenze diventassero troppo forti.

FARMACI AL MALATO TERMINALE. La scelta dell’Oregon per la 29enne non è stata casuale: si tratta, infatti, del primo Stato Usa a rendere legale la possibilità che un medico prescriva un farmaco per il suicidio assistito a un malato terminale che ne fa richiesta (il paziente però non deve essere aiutato perché la procedura sia legale).

Secondo alcune statistiche, in Oregon nel 2013 hanno deciso di morire 750 persone, ma solo sei sono gli Under 35 (la media è di 71 anni).  La scelta di Brittany era stata seguita da un’associazione no profit Usa che si batte per introdurre l’eutanasia in tutti gli Usa.

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