In un futuro distopico in cui i libri vengono bruciati e la gente indottrinata al non pensare, un uomo, Guy Montag, prende coscienza dell’importanza del pensiero libero che scaturisce, per l’appunto, dalla lettura. Fahrenheit 451 è un libro che celebra l’importanza dei libri, ma soprattutto, è un libro che racconta per riflesso uno dei periodi più complessi e drammatici del secolo scorso
Faccio subito una premessa fondamentale: la distopia mi piace, ma a piccole dosi. Non che abbia chissà quale preconcetto sul genere, ci mancherebbe, però diciamo che non si tratta del mio pane quotidiano. Lo stesso vale per la fantascienza e ancora di più per il fantasy, declinazioni simili sul tema che nell’ultimo ventennio hanno ingolfato gli scaffali delle librerie di tutto il mondo con prodotti che definire scadenti è poco (la proporzione è una perla ogni venti cialtronate). Un po’ come se i talenti di un J.R.R. Tolkien o di uno Stephen King (qui cosa penso del maestro dell’orrore) fossero così scontati e alla portata di tutti da spuntare come funghi nei diarietti di qualsiasi appassionato di bambole assassine, elfi e nani con i piedoni.
Vabbè, sto divagando.
Dicevo, il genere distopico non mi fa impazzire e questo mi accade per un motivo molto semplice: la distopia si basa su delle ipotesi o delle paure figlie del tempo in cui l’autore opera e non sempre, queste ipotesi o queste paure, invecchiano bene. Ciò in genere appesantisce le pagine con un effetto godzilla di cartapesta da film giapponese degli anni 70 che, se non sei Tarantino, si fa un po’ fatica a digerire. Quindi, tolto 1984 di Orwell (qui la nostra recensione) i cui incubi sono riusciti a mantenere una forza visiva devastante e ancora attuale, il resto che mi è capitato di leggere in questi anni non è mai riuscito a colpirmi più di tanto. Fahrenheit 451 rientra in questa categoria. Non mi ha fatto impazzire e me ne rendo conto, parlare male di un libro che celebra i libri può suonare come una bestemmia ma tant’è, non mi ha preso, mi spiace.
E allora perché ne parlo? Come ormai avrete capito, su questo sito non tutte le recensioni sono uguali. Non diamo spazio a tutto allo stesso modo. In genere, se un libro ci piace ci lasciamo andare in pisciatoni di parole che probabilmente farebbero piangere dalla disperazione qualsiasi esperto di seo. Se invece il libro non ci attizza, diventiamo più stitici e schematici, per cui bando alle ciance ed ecco i 3 motivi per cui Fahrenheit 451 è un libro che non mi è piaciuto e, in coda, un motivo per cui invece va assolutamente letto.
- I libri vanno al rogo, e ok. Ma di questa società che teme la parola scritta più di ogni altra cosa non sappiamo praticamente altro. Bradbury non ci dice molto, c’è una guerra all’orizzonte e la gente si rincoglionisce con una TV fatta più che altro di sensazioni uditive e visive. Ma a parte i pompieri che appiccano invece di spegnere (di cui il protagonista Guy Montag fa inizialmente parte) si sa ben poco. Leggetevi 1984 e vedrete che il Socing vi si stamperà nella testa più di un cazzotto bene assestato
- I personaggi: nessuno dei personaggi, a mio parere, viene sviscerato in maniera tale da affezionarcisi o, quantomeno, provare dell’empatia. E non è che sono tanti, eh. Il cambiamento di Montag è repentino, inspiegabile soprattutto per un uomo nato e cresciuto in quella che sembra essere una realtà pazza ormai da decenni. L’unica che mi sembra abbia un tocco letterario più profondo è la superficialissima Mildred, moglie del protagonista, il che è tutto dire. I deus ex machina della conversione di Guy, Clarissa e Faber, invece, sembrano buttati lì e questo è un peccato.
- Effetto godzilla di cartapesta all’ennesima potenza: dalla televisione del futuro, fino al segugio robot, passando per gli infermieri con le macchine ripulisci sangue, niente mi fa gridare al miracolo letterario che anticipa il futuro.
E ora, veniamo al motivo per cui questo libro merita di essere letto. In Fahrenheit 451 scorgiamo nitidamente tutto il contesto storico in cui Bradbury ha partorito il libro. Dalla paura dell’atomica, alla caccia alle streghe comuniste di McCarthy fino al timore dei nuovi media (ai tempi di Bradbury, la televisione), capaci di bruciarci il cervello peggio del 5G per i complottisti attuali. Ecco solo per questo, a maggior ragione in un periodo storico sempre più preoccupante, un ripasso del 900 -e, contestualmente, un bagno di realtà circa la ciclicità della storia che altro non fa che ribadirci quanto l’uomo sia la causa principale dei suoi mali- non può che farci bene.
Autore:Ray Bradbury
Traduttore:Giuseppe Lippi
Editore:Mondadori
Collana:Oscar moderni
Edizione:1Anno edizione:2016
Formato:Tascabile
In commercio dal:10 maggio 2016
EAN:9788804665298