In Donna blu di Antje Rávik Strubel non c’è solo la politica, il ricordo di un passato doloroso e dimenticato per giunta, un’immagine inedita di un mondo ignorato dal resto d’Europa. C’è soprattutto una donna che cerca di trovare, in mezzo agli spettri della storia europea, un’immagine di sé che sia forte, linda, accogliente.
Donna blu di Antje Rávik Strubel
La donna blu si avvicina lentamente. […] si ferma e si sistema i capelli, il foulard le svolazza in mano. Quando compare la donna blu, il racconto si deve interrompere.
Chi è la donna che compare improvvisamente alla protagonista del nuovo romanzo di Antje Rávik Strubel? Chi è questa donna misteriosa che arriva in prossimità del mare e che travolge il vissuto di Adina portandola verso altre riflessioni, altre immagini? È un mistero che bisogna conoscere prima di approcciarsi a questo seducente libro, composto con eleganza e raffinatezza da Antje Rávik Strubel e tradotto per Voland dalla perfetta Cristina Vezzano.
È un mistero a cui ci si concede volentieri, ci si lascia ammaliare con dolcezza, mentre attorno alla donna blu passa la storia del Novecento europeo, dei suoi grandi buchi di memoria.
Solo se sia una francese sia un tedesco sono disposti a dire che il Gulag è un problema che ci riguarda in prima persona, così come Aushwitz è un problema che ci riguarda in prima persona, solo così non andremo più verso un’Europa dell’ovest, dell’Est, centrale, ovvero la disintegrazione dell’Europa.
Ma cos’è l’Europa per chi l’ha vissuta provenendo da Est? Quanto sappiamo noi “occidentali” dell’Europa dell’Est?
Adina è una donna che ha vissuto l’infanzia sui Monti dei Giganti, la rottura del muro di silenzio in Polonia avvenuta attraverso il punk rock, il desiderio di scappare, la scoperta di un’altra donna a Berlino e poi l’incontro fatale durante uno stage in una regione dell’ex Germania Est, l’amore con Leonides, europarlamentare estone e grande sostenitore dei diritti dell’uomo.
Il problema è che il viaggio da solo non allontana, non allenta la morsa del passato, non allevia il dolore di quello che è successo e si è vissuto. Così in una Helsinki pacata e ovattata, Adina si trova a riflettere o ad incontrarsi col proprio passato, con le proprie fughe, in uno scenario surreale e onirico.
“Gli orrori di tutti i sistemi totalitari del XX secolo devono essere riconosciuti come parte integrante della storia comune dell’Europa e non mi importa se questo aiuta la Russia, la Cina ora sinistro accidentale”. dice Leonides raccontando uno dei più grossi problemi della sinistra occidentale: l’aver troppo spesso (o per troppo tempo) minimizzato i crimini dell’imperialismo russo. Non solo per calcolo politico, probabilmente anche per mancanza di strumenti, come racconta lo Leonides raccontando la tigre russa che appoggia i piedi in acqua proprio sul Baltico. Un’immagine dell’imperialismo russo probabilmente distante dalle nostre immagini comuni in Europa.
In Donna blu non c’è solo la politica, non c’è solo il ricordo di un passato doloroso e dimenticato per giunta. Non c’è solo un’immagine inedita di un mondo ignorato dal resto d’Europa (tra l’altro tornato tremendamente d’attualità). C’è soprattutto una donna che cerca di trovare, in mezzo agli spettri della storia europea, un’immagine di sé che sia forte, linda, accogliente. In questi passaggi la donna blu diventa fondamentale.
Si apprezza tutto di questo libro, lo stile perfetto della scrittura della Strubel, l’eleganza e la leggerezza con cui fa emergere riflessioni davvero importanti e attuali. Si apprezza però anche la capacità onirica di romanziera profonda che sa guidare i propri lettori nell’intimità di una vita minuta e che non potrebbe arrivare agli occhi dei lettori se non grazie ad una scrittura minuziosa e al contempo pulita e leggera.
Voland pubblica un libro che permette di cogliere anche il senso di spaesamento che provano i rifugiati politici, gli espatriati, gli uomini e le donne in fuga, come qualche anno fa aveva saputo fare in modo eccellente Mikhail Shishkin con Capelvenere.
Antje Rávik Strubel – Donna blu – Voland
Traduzione: Cristina Vezzaro