Australian Open 2016, finale tra Serena Williams e Angelique Kerber. Dopo la delusione di New York Serena è tornata a macinare avversarie, Angelica ha rischiato di uscire al primo turno ma poi ha sfoderato una mega prestazione contro Azarenka. Siamo sempre lì, quando c’è in ballo la Williams, soprattutto nelle fasi finali di un torneo, il copione dovrebbe essere già scritto. Troppo più forte, ai limiti dell’imbattibilità. Secondo me molte si danno per battute ancor prima di scendere in campo, ma si sa che dico solo stronzate.
Primo set e si vedeva una Williams non precisa, frettolosa nel chiudere il punto e per questo generosa di errori. Dall’altra parte una Kerber in palla, solida e convinta, non era scesa in campo per applaudire l’avversaria, era decisa a provarci. Il servizio di Serena non era devastante come al solito, un po’ di suo, un po’ merito della tedesca che rispondeva a quasi tutto; di contro il servizio di Angelique funzionava, prime decisive e seconde meno aggredibili del solito. Tutto questo sfociava in un break quasi immediato che portava Kerber sul 2-1. Dai, mi dicevo, la teutonica vuole dare credibilità a questa finale. Kerber che correva, Williams che cercava di accorciare gli scambi e sbagliava robe facili; ma non solo, Angelica spingeva appena ne aveva la possibilità, non si limitava a quei suoi recuperi con angoli impensabili, su cui per altro Serena sfoderava colpi da maestra, resisteva per aggredire appena possibile, giocava lungo più che poteva e teneva il ritmo, fino a che Serena si spazientiva. Il controbreak arrivava puntuale per il 3-3: ecco, è durata metà set, ora la furia della regina si abbatterà su di lei. Invece no invece no la partita non è quella che io regalo a te, così canticchiava la Kerber riprendendosi il break immediatamente: porca miseria, ne aveva già fatto uno e si permette di prendersene un altro, inconcepibile. Williams disastrosa a rete non trovava nelle discese un’arma efficace. Da un lato Angelica sia la infilava con precisione sia le faceva giocare volée complicate, ma dall’altro lei sbagliava più del dovuto, quasi si stupisse di dover giocare quei colpi al volo e di non chiudere il punto prima o più facilmente. Ebbene signori, la tedesca non perdeva più il servizio e si aggiudicava il parziale per 6-4.
Secondo set che non vedeva, contro le previsioni, una Williams arrembante per riprendersi il maltolto. Kerber continuava a non farsi intimorire: eccola la sorpresa vera, non più una giocatrice impaurita dalle avversarie e da se stessa, ma una tennista che alla solidità del proprio gioco aggiungeva quella mentale e un pizzico di aggressività in più (anche perché di meno del solito non era concepibile). Naturalmente continuando a correre e recuperare come non ci fosse un domani. Un solo passaggio a vuoto, sul 2-1 Williams Kerber serviva due doppi falli e sembrava essersi scaricata un minimo. Pagava a caro prezzo, perché perdeva il set 6-3 con quell’unica smagliatura. D’altronde non si può concedere nulla a Serena in finale di slam. Però la tedesca, dopo aver perso il servizio, si riprendeva, giocava un parziale ancora deciso, non mollava la presa. Sei la più forte Serena? Allora prenditi il match, io non smetto di lottare su nessuna virgola, se tu mi batti allora brava, ma non avrò rimpianti. E, come con Azarenka, secondo me è qui che Angelique ha costruito parte del suo successo, non sbracando quando era in difficoltà, insinuando il dubbio nella Williams, facendole capire che dall’altra parte della rete lei era presente sempre e comunque, perché Serena senza il seme di un dubbio è una giocatrice ingiocabile.
Terzo set. Williams ha più esperienza a questi livelli, va bene i primi due parziali, ma ad Angelica sto braccio tremerà prima o poi, è nella sua indole. Invece nulla, a questa Kerber hanno trapiantato la testa di una vincente, le hanno estratto i timori e li hanno dati in pasto a noi che guardiamo: avete paura che ceda eh? Subito break della tedesca per il 2-0, senza concedere punti all’avversaria. Questo è troppo, da favola si stava trasformando in bestemmia. Infatti Williams si prendeva immediatamente il controbreak. Il match era bello, con Angelica sempre sul pezzo e Serena che alternava colpi micidiali ad errori negli scambi un po’ più prolungati. Tra l’altro mi è sembrato che abbia affrontato questo terzo set più cauta, senza cercare di risolvere velocemente il punto. Forse si era accorta che non le riusciva di sganciare bombe a grappoli, forse aveva capito che l’impazienza la portava a commettere errori banali, però, così facendo, prolungava gli scambi e si sa che con la Kerber non è mai un buon argomento. Soprattutto con una tedesca così in palla e così capace ancora di aggredire appena possibile, evidentemente non più al grido di passivo è bello. Sul 3-2 servizio Serena si sviluppava il game più bello della partita. Angelique se lo aggiudicava risolvendo alla quinta palla break, sfoderando pure un paio di smorzate mozzafiato, trasformandosi per qualche istante in Angelique la maga. Kerber confermava il servizio portandosi sul 5-2, poi 5-3 e poi andava a perdere il successivo servizio per il 5-4: più merito della Williams che demeriti suoi, Serena giocava uno di quei game in cui i colpi le escono precisi e potenti e come a nessun’altra. Ecco, brava Angelique, hai lottato, te la sei giocata e ci hai sperato, ma ora verrai punita con grande dolore. Ma no, questo copione è stato scritto da un ubriaco, o da qualcuno che non ha mai visto un match di tennis e non sa che a quel punto era la Williams a dover trionfare, che scrivere qualcos’altro è da strambi e incompetenti. Incredibile ma vero Serena perdeva il servizio decisivo e Kerber, con il 6-4, a ventotto anni, si ritrovava a vincere il suo primo slam. Bella finale.
Williams sottotono? Si sa, se non lo è almeno un poco non perde. Ma Kerber ci ha creduto e ci ha creduto attraverso il gioco. Se l’è meritata questa vittoria, cazzo se se l’è meritata. Onore a Serena che va ad abbracciarla al di là della rete, una Williams sorridente nella sconfitta, il sogno grande slam non era alle porte. Kerber emozionatissima, ci mancherebbe, ora sta a lei aprire una nuova parte di carriera, una in cui non subisce e basta, in cui crede di potercela fare. Sarebbe ancora più bello se avesse insegnato a quelle che stanno ina alto che con Serena bisogna giocarsela. Poi chiaro, se è in giornata vince lei punto e basta, ma se la si mette sotto pressione, se non è in stato di grazia, si può battere. E poi non può essere eterna.