Marquez vince una gara double face, seguito da un Valentino Rossi caparbio e fortunato. Terzo, ma lontano una vita e mezza, Dani Pedrosa. Le Ducati si autoeliminano all’ultimo giro quando il secondo e il terzo posto erano praticamente una certezza. Dall’Igna, smaltite le imprecazioni, avrà il suo bel daffare per riportare la calma a Borgo Panigale
La Pioggia e le gomme “ballerine” disegnano un GP di Argentina incerto e condizionato dal cambio moto a metà gara deciso da Michelin per ragioni di sicurezza. Alla fine, dopo una prima frazione dove sembrava potessimo assistere a un duello reiterato Marquez-Rossi, l’Argentina premia un Marc inarrivabile e, dietro di lui ma ben più staccato, un Valentino più fortunato che bravo. A chiudere il podio la tartaruga Dani Pedrosa, lento come la morte eppure capace di arrivare terzo confermando così una volta per tutte la veridicità dei paradossi delle favole di Esopo. Lorenzo, invece, dimostra ancora una volta di non amare le gare dal meteo incerto e si stende dopo pochi giri, Iannone, invece, decide di conquistare il precariato lavorativo centrando il povero Dovizioso mentre erano entrambi a una curva dal podio.
Marc Marquez 10 – Velocissimo in qualifica e inarrivabile in gara. Marquez in Argentina sembra essere tornato il cannibale di due anni fa. Il suo weekend è semplicemente perfetto: velocissimo fin dal venerdì, piazza una qualifica senza appello e passa come lama calda nel burro tra le incognite della domenica. Se la gioca contro Rossi nella prima parte di gara e fa il vuoto nella seconda. Alla fine si ribalta solo a bocce ferme, sul podio. Ovviamente si rialza da solo, perché a Rossi di dargli una mano proprio non gli va. Con un Lorenzo a 0 punti (quasi sempre a disagio, se le condizioni della pista sono intermedie), la vittoria al Termas de Rio Hondo pesa come un macigno.
Valentino Rossi 9 – La prima parte di gara ci ha illuso. Rossi aveva addosso la tipica garra argentina e vederlo battagliare con Marquez nei primi giri è stato decisamente interessante. Si percepiva la poca paura e la voglia di non mollare un metro, manco in corsia dei box nel momento del cambio moto, quando a momenti i due si centrano. Poi, purtroppo per lui, nella seconda parte di gara le cose sono cambiate drasticamente: pare quasi che al posto della M1 i meccanici gli abbiano dato un Tricity col numero 46 (a parte gli scherzi, c’è chi dice che la gomma fosse difettosa): fa le curve a velocità da mototurista, perde secondi infiniti a ogni giro e, alla fine, si fa passare sia da Vinales, sia dal duo Ducati. Poi, fortuna per lui, la dea bendata decide di far smaterializzare sia l’anteriore di Maverick, sia il cervello di Iannone. Questi 20 punti, come ammesso dallo stesso Rossi, sono una manna dal cielo.
Dani Pedrosa 5,5 – Dani, che io lo scorso anno incensavo come pilota talentuosissimo ma costantemente limitato da problemi fisici, oggi ha fatto una gara che definire mediocre è un eufemismo tanto quanto dare dello stratega politico a Razzi. Sale sul podio solo grazie alle cadute degli altri e, cosa peggiore, con oltre 30 secondi di distacco da Marquez. Uè ciccio, ti ricordo che sei in scadenza di contratto!
Andrea Dovizioso 10 – Non me ne vogliano Laverty (9), Barbera (9) e nemmeno lo sfigatissimo Vinales (8), ma la mia top five deve chiudersi per forza con qualche parola per i due piloti Ducati. Dovizioso oggi si merita un 10, non solo perché se non fosse stato steso dal compagno di squadra sarebbe finito secondo, non solo perché spinge la moto fino al traguardo raggranellando comunque tre punti, ma perché a fine gara è riuscito a mantenere una calma inarrivabile persino da quel mostro di pazienza che era Gandhi. Nelle interviste post gara il rumore di giramento di palle lo sento pure io svaccato sul divano e in balìa della terza Moretti, eppure il Dovi, da vero signore, cerca in tutti i modi di mantenere un aplomb degno di un lord inglese. L’unica frecciatina che si concede è quella di ammettere che il comportamento di Iannone “non lo sorprende”, ma visto quello che è successo, le sue parole hanno l’eleganza discreta di un verso di Ungaretti. Se si pensa al bordello mediatico fatto da altri piloti lo scorso anno (parlo di dichiarazioni, non certo di “ragioni” o di “torti”), io propongo Dovizioso come volto ufficiale della MotoGP. Se in Audi considerano queste prime gare come fondamentali per decidere chi dei due Andrea dovrà fare da scudiero a Jorge Lorenzo, oggi il Dovi è senza dubbio un passo avanti.
Andrea Iannone 4 – Premetto che io ho sempre amato i piloti che guidano con la vena al limite della trombosi. Li invidio perché la loro è una dote rara, anche più del talento che ti porta a vincere mondiali in serie. Ho amato Schwantz per la sua totale incapacità di capire quando è giusto chiudere il gas, e oggi mi fa simpatia Iannone, che di talento ne ha da vendere ma che non si capisce se fa apposta prima della gara a lasciare il cervello sul comodino in ricarica affianco all’iPhone. Oggi, ad esempio, pareva Spud sotto anfetamine prima di sottoporsi a un colloquio di lavoro: prima tenta di abbattere Marquez in partenza e poi a fine gara prova sorpassi senza senso una volta su Rossi, mancandolo, e poi su Dovizioso, centrandolo in pieno. Peccato perché nel mezzo ha pennellato una gara gagliarda, di quelle che mi piace definire “alla Iannone”. Ok che l’ombra di Lorenzo in Ducati è gradevole come una colonscopia, però esorcizzare così la situazione è un po’ come cercare di placare il toro sventolandogli un lenzuolo rosso sotto agli occhi.