Una rassegna di recensioni di Resto qui
Leggi la nostra intervista a Marco Balzano
Sololibri
Una copertina capace di raccontare con efficacia e commozione l’intero romanzo, “Resto qui”, che Marco Balzano dedica ad una comunità altoatesina, molto vicina al confine con la Svizzera, che si è vista dopo difficilissime vicende espropriare il proprio paese, Curon, sommerso da una diga, inutile e dannosa. È la foto di un campanile, che emerge in parte dall’acqua stagnante che lo circonda, una metafora comunicativa di rara efficacia.
CriticaLetteraria
Per molti il campanile che spunta dal lago artificiale è poetico, una stranezza con cui scattare un selfie e passare alla prossima tappa nell’Alto Adige. Ma non sarà così per chi leggerà Resto qui, il nuovo romanzo di Marco Balzano, già vincitore del Premio Campiello nel 2015. C’è tanta poesia nel libro di Balzano, ma soprattutto da ogni pagina trasuda questa profonda convinzione, comune alla protagonista e all’autore.
Il primo amore
Dentro queste pagine, particolarmente emozionanti, c’è la vita dei borghi Resia e Curon, nascosti dall’acqua dopo la costruzione della diga della Montecatini, dei ventisei manovali morti durante i lavori e di Erich, Trina, Maja, Michael, Barbara. Ragazzi italiani che hanno nel sangue, però, la lingua tedesca; che hanno vissuto gli anni terribili della guerra, dello sradicamento, della speranza e disillusione.
Pagina Tre
Trina è una ragazza della val Venosta che ama la sua vita ma non ha ancora chiarito con se stessa cosa farne: le piace il giovanotto che frequenta casa loro, Erich, ma fosse per lei continuerebbe a inventarsi occasioni per osservarlo di nascosto mentre chiacchiera con suo padre sull’uscio di casa. Un’idea però ce l’ha chiara: vuole fare la maestra. Per insegnare ai bambini di Curon, il paese in cui vive, a parlare e a scrivere correttamente la loro lingua madre: il tedesco.