Riforma del lavoro: al rientro dalle vacanze, per non farci annoiare, sono arrivati i decreti attuativi del job act. Il governo Renzi prova a sconfiggere un fenomeno da sempre presente nel nostro malcostume. Riusciranno i nostri eroi a contrastare l’orribile piaga delle dimissioni in bianco?
Il decreto legislativo approvato il 4 settembre 2015 in materia di “semplificazione” (le virgolette sono MIE) introduce anche una nuova procedura finalizzata principalmente a scongiurare il fenomeno delle dimissioni “in bianco”.
Questa antichissima prassi, messa in atto dai datori di lavoro più meschini, consiste nel far sottoscrivere al lavoratore – al momento della assunzione – una lettera di dimissioni senza data con la finalità di precludergli i diritti e le tutele previste per il caso di licenziamento illegittimo.
Tale lettera viene spesso magicamente tirata fuori dal cilindro del datore di lavoro nei momenti che più gli fanno comodo. Talvolta quando una lavoratrice si sposa o, peggio, dà segnali di maternità, oppure quando l’impresa inizia a versare in stato di crisi e si vogliono evitare tutte le procedure previste dalla legge per attivare i licenziamenti con tutti i crismi.
La nuova normativa mira a garantire la data certa nonché l’autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore sia in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro anche in relazione alla necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto.
La nuova norma vuole sostituire – semplificandola – la vigente procedura, introdotta dalla legge Fornero, secondo cui l’efficacia delle dimissioni e della risoluzione consensuale è sospensivamente condizionata alla convalida da effettuarsi presso le Direzioni territoriali del Lavoro, o i Centri per l’impiego, etc.
Traduzione: ti sei licenziato? Le dimissioni non sono valide finché non vai in uno dei luoghi sopra indicati a confermarle
Ora, nello specifico viene sancito che i lavoratori intenzionati a rassegnare le dimissioni o a risolvere consensualmente il rapporto di lavoro dovranno farlo esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal ministero del lavoro attraverso il sito istituzionale. Le stesse dovranno poi essere inviate al datore di lavoro ed alla DTL competente. La trasmissione dei moduli potrà anche avvenire per il tramite di patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali e commissioni di certificazione.
IL MANCATO UTILIZZO DEI MODULI MINISTERIALI DETERMINA L’INEFFICACIA DELLE DIMISSIONI O DELLA RISOLUZIONE CONSENSUALE.
La nuova norma prevede anche la facoltà di ripensamento: entro 7 giorni dalla data di invio dei moduli, il lavoratore potrà revocarle con modalità analoghe.
Le dimissioni o le risoluzioni consensuali presentate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o lavoratore durante i primi tre anni del bambino, continueranno a dover essere convalidate esclusivamente dal servizio ispettivo.
Tali modalità di effettuazione delle dimissioni o delle risoluzioni consensuali NON si applicano al lavoro domestico e nei casi in cui le stesse intervengano nelle sedi protette (ad es. sindacali o davanti al Giudice).
Il Ministero deve ancora individuare – e lo farà con apposito decreto – le modalità di trasmissione nonché i dati identificativi del rapporto di lavoro, del lavoratore, del datore e gli standard tecnici volti a definire la data certa dell’invio. Fino ad allora continuerà ad applicarsi la disciplina della convalida contenuta nella Legge Fornero.
Al datore di lavoro che alteri i moduli sarà applicata una sanzione amministrativa da 5mila a 30mila euro.
Funzionerà? … ai posteri l’ardua sentenza.