Jobs Act – Di seguito alcuni focus per aiutarci a capire cosa succederà con l’entrata in vigore del decreto legislativo approvato lo scorso febbraio e divenuto realtà dal 9 marzo. La sensazione è che chi ha legiferato, cambia di qui e cambia di là, s’è scordato che abbiamo anche una Costituzione
Primo punto: Le norme sul “contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti” si applicheranno a tutti gli impiegati, operai e quadri assunti dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo e cioè il 9 marzo. Questo, come vedremo poi, è un dato fondamentale. Ma veniamo al dunque.
Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO)
Le nuove previsioni apportano rilevanti modifiche in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo eliminando, da un lato, la procedura preventiva di tentativo di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro (oggi prevista per le imprese sopra i 15 dipendenti) – e, dall’altro, la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo (bye bye all’articolo 18 Statuto dei Lavoratori così come era stato pensato nel 1970).
Quindi, per i nuovi assunti, nel caso in cui il Giudice accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo il lavoratore avrà diritto esclusivamente a un’indennità – non assoggettata a contribuzione previdenziale – pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità aziendale, con un limite minimo di 4 mensilità ed un limite massimo di 24 mensilità.
Traduzione: a parere di chi scrive tali nuove disposizioni in materia sembrano suggerirci che per fare in modo di creare nuove possibilità di assunzioni occorre rendere più facili i licenziamenti… parafrasando una celebre canzone il governo Renzi ci insinua un dubbio: Licenziare per assumere? Ma non è il classico gatto che si morde la coda?
Ma andiamo avanti. Si viene quindi a creare un doppio binario (per non dire “forte disparità) tra “vecchi” e “nuovi” assunti.
Ai “vecchi” assunti continueranno ad applicarsi le norme previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificate dalla Riforma Fornero che, in caso di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo prevedono la possibilità (a discrezione del Giudice) di ottenere la reintegra sul posto di lavoro – seppur soltanto nei casi di “manifesta insussistenza del fatto” posto alla base del licenziamento.
In particolare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (così come edulcorato dalle modifiche apportate dalla legge Fornero) stabilisce che il Giudice, laddove accerti la manifesta insussistenza del fatto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo “può” condannare il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione fino ad un massimo di 12 mensilità e la deduzione sia di quanto il lavoratore ha percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative sia di quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. E’ inoltre dovuto il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento sino a quello della reintegrazione.
Al contrario, “nelle altre ipotesi” (cioè quando il Giudice lo ritiene) in cui viene accertata la mancata sussistenza del giustificato motivo del licenziamento, la tutela accordata al lavoratore è solamente indennitaria: da 12 a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Traduzione: il nuovo decreto pone quindi fine ad un sistema sanzionatorio che, nel riferirsi al vago concetto di “manifesta infondatezza delle ragioni poste alla base del licenziamento” lasciava (e continuerà a lasciare per i “vecchi assunti”) alla discrezionalità del Giudice un ruolo non secondario nella decisione in ordine alla reintegrazione o meno del lavoratore.
Per i nuovi assunti, quindi, è del tutto del tutto eliminata la c.d. tutela reale (reintegrazione sul posto di lavoro) per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
A questo punto viene da chiedersi: ma l’articolo 3 della Costituzione che sancisce il principio di uguaglianza… qualcuno lo ha tenuto a mente mentre scriveva il decreto legislativo?
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