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False Partite IVA, operative le disposizioni previste dalla legge Fornero, vediamo di capirci qualcosa

Le disposizioni della legge Fornero contro le “false Partita Iva” sono entrate in vigore. Se speravate in uno stretto giro di vite che ci avrebbe portato finalmente verso la tanto desiderata virtuosità contrattuale, beh, vi sbagliate di grosso. Però dai, almeno qualcosa si sta muovendo

Prima di entrare nel merito, mi sembra doveroso spiegare per sommi capi cosa significa Falsa Partita IVA. Nel mondo del lavoro italiano, le false partite Iva rappresentano una formula contrattuale largamente utilizzata, tuttavia in alcuni casi – purtroppo molti – si possono definire un escamotage messa in atto dal datore di lavoro sostanzialmente per tre motivi principali: ti paga meno, risparmia in tasse e contributi previdenziali e, soprattutto, ti può lasciare a casa senza garanzie…altro che abrogazione dell’articolo 18… qui non si è mai visto.

(traduzione: niente preavviso in caso di licenziamento, niente indennità risarcitoria, niente reintegraz… e vado oltre? Niente maternità, niente ferie pagata, niente malattia…”Le serve il certificato medico? No no… sono un libero professionista!”)

Ma veniamo al tecnico:

Da quest’anno, un primo timido tentativo per modificare di fatto questa situazione è dato dall’entrata in vigore delle regole introdotte dalla legge “Fornero”. È infatti operativo il regime che regola la presunzione di subordinazione introdotto dalla legge 92/2012. L’efficacia delle presunzioni introdotte dalla legge è limitata alle persone titolari di partita iva e quindi coloro che svolgono attività di impresa individuale di servizi, ovvero ai lavoratori autonomi privi di un ordinamento o di un iscrizione ad un elenco.

I titolari di partita IVA che svolgono le proprie prestazioni nei riguardi di un unico committente sono definiti “monocommittenti”. Questa circostanza può essere sintomatica dell’esistenza di un rapporto di collaborazione o di lavoro subordinato “mascherato” e perciò si parla anche di “false partite iva” perché non si instaura un reale rapporto di lavoro autonomo. La monocommittenza non esclude di per sé l’autonomia del prestatore d’opera, ma ne può limitare la discrezionalità nella scelta delle modalità, del luogo e dei tempi di effettuazione della prestazione. La legge Fornero ha introdotto specifiche disposizioni di contrasto alla monocommittenza ed è da segnalare che nessuna delle riforme intervenute ha modificato tali disposizioni.

 (traduzione: se hai una partita iva si presume tu abbia più clienti. Se invece il tuo cliente è uno solo, allora c’è qualcosa che non va: la monocommittenza, dunque, può essere un segnale di ALERT!)

 Indici di monocommittenza:

– La durata della collaborazione non deve superare gli otto mesi per due anni consecutivi.

– Il corrispettivo della collaborazione non deve costituire più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente fatturati dal collaboratore nell’arco di due anni solari.

– Il collaboratore non deve disporre di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente. Bisogna fare riferimento all’intero complesso aziendale e verificare che la postazione sia stabilmente assegnata, anche se non ad uso esclusivo.

Presunzione di irregolarità

Al realizzarsi di almeno due degli indici di cui sopra scatta la presunzione del rapporto subordinato e la norma individua due passaggi:

– La partita IVA si considera in realtà una collaborazione a progetto;

– Se manca il progetto o quando il progetto è privo dei requisiti essenziali, la collaborazione si considera un rapporto di lavoro subordinato fin dalla data di costituzione del rapporto.

(traduzione: Hai una P.Iva e lavori da più di otto mesi e per due anni consecutivi per lo stesso unico cliente? I tuoi guadagni con questo cliente ammontano a più dell’80% dei tuoi guadagni complessivi? In azienda hai una postazione che si può definire fissa? Se le hai accese due su tre c’è qualcosa che non va’. La tua partita Iva in realtà è un contratto a progetto oppure un contratto di lavoro subordinato. Sarebbe un tuo diritto farlo notare)

Le esclusioni 

Non scattano le presunzioni di subordinazione se si verificano congiuntamente queste due situazioni:

Competenze elevate e reddito: il collaboratore ha competenze teoriche di grado elevato o capacità tecnico – pratiche. Vi rientrano il titolo di studio di scuola superiore o di formazione professionale, il titolo di studio universitario, qualifiche o diplomi conseguiti in apprendistato, la specializzazione derivante da rapporto di lavoro subordinato o l’attività autonoma svolta per almeno 10 anni; il collaboratore è titolare di un reddito annuo lordo da lavoratore autonomo non inferiore ad euro 19.395 per il 2014 (per il 2015 il limite è da definire).

Iscrizione a un ordine: Se la collaborazione è svolta nell’esercizio di attività professionali ordinistiche o derivanti da iscrizioni in Albi o elenchi.

(Traduzione: ti si può definire, titoli alla mano, un professionista in quello che fai? Guadagni più di un tot? Sei iscritto a un ordine professionale, come ad esempio quello dei Giornalisti Professionisti, Avvocati, Architetti e Ingegneri ma senza uno Studio e/o Clienti personali? Eh mio caro, probabilmente del libero professionista tu hai solo le tasse e per ora, mi spiace, non c’è speranza!)

 Per approfondire: Come aprire una partita Iva

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