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Viaggi intercontinentali per poveri, istruzioni per l’uso

Viaggi intercontinentali per poveri istruzioni per l’uso

A meno che tu non sia in business o prima classe, il tempo massimo di sopportazione dentro un aereo per un uomo normale è di circa tre ore. Oltre è un po’ come affrontare una maratona: ogni chilometro fatto è una conquista che rinfranca l’animo ma anche un potenziale passo verso un terreno infido, a metà strada tra il delirio paranoide e la voglia di farla finita

Tra business e realtà

Per lavoro mi tocca viaggiare, non dico spesso ma quasi. Occupandomi prevalentemente di test di moto, il più delle volte finisco in Spagna, terra illuminata, celebre per la presenza di tamarri vestiti come se gli anni ’90 non fossero mai finiti, per le ragazze che praticano l’amore libero (almeno così mi han detto), luogo baciato dal sole perpetuo e, soprattutto, almeno per quel che riguarda il mio lavoro, caratterizzato dalla presenza di polizia accondiscendente verso gli eccessi di velocità. Si tratta dunque di voli brevi e il più delle volte indolori (la tratta di solito è la classica Milano-Madrid-qualche città a caso dell’Andalusia).
A volte, però, mi capita di sconfinare i confini europei e imbarcarmi verso tratte più lontane ed esotiche. Di solito le destinazioni sono per lo più qualche stato americano (California e Texas su tutti) oppure il Giappone, sede delle quattro sorelle Honda, Kawasaki, Suzuki e Yamaha.

Per lavoro, le tipologie di viaggi intercontinentali che puoi affrontare sono due: quelli in businness o classe superiore, oppure quelli in economy. Se si capita nelle prime c’è poco da dire: è vero il viaggio è comunque lungo, ma puoi affrontarlo da sdraiato (che è sempre il modo migliore per affrontare qualsiasi cosa) e soprattutto con disponibilità illimitata di alcolici e generi di conforto. Non c’è bisogno di sapere come impiegare il tempo perché tanto sarai completamente ubriaco (e quindi felice) e cullerai per tutto il viaggio il sogno che il mondo sia un posto fantastico, soprattutto perché coincide con il tuo sedile reclinabile, il separè elettrico che ti divide dagli altri pochi privilegiati della tua classe e quel bottoncino magico che quando lo pigi ti arriva un gin tonic offerto da una dea in uniforme.

Se invece finisci in economy, o economy premium, la storia è ben diversa. I posti sono quello che sono e non consentono di riposare tranquillamente, lo spazio vitale è risicato e le vettovaglie razionate. Non puoi ubriacarti, non puoi dormire, non puoi nemmeno lavorare decentemente, perché quando ti formicolano tutte le parti del corpo e hai il culo al limite della piaga da decubito non è facile essere operativi. Le soluzioni per salvarsi sono poche e ora vi elenco le mie, ipercollaudate nel corso degli anni.

1 – Stordirsi preventivamente

Non serve che arriviate ubriachi sull’aereo, basta che ci arriviate in perfetto equilibrio su quella sottile linea rossa che divide l’allegria dalla voglia di vomitare. Il risultato sarà, una volta decollati, un cerchio alla testa che vi obbligherà a perdere i sensi o quantomeno a concentrarvi su un dolore diverso da quello scatenato dall’essere prigioniero in un carro bestiame.
Ma ubriacarsi in aeroporto non è facile, e soprattutto è costoso. Io ho risolto iscrivendomi a tutti programmi frequent flyer della terra, compreso quello di Air Alaska, cercando così di accaparrarmi l’accesso a una qualsivoglia lounge. Lì, il cibo è gratis, il bere è tanto e puoi rifornirti come un orso appena uscito dal letargo senza tirare fuori una lira. Certo, al quarto giro di rosso in dieci minuti, forse un po’ di dignità la perderai, ma in guerra tutto è permesso.

Se, invece, non siete riusciti a salvarvi con degli alcolici pre decollo, le soluzioni che rimangono a vostra disposizione sono solo due.

2- Recuperare il terreno perduto con film orrendi

Diciamoci la verità, è inutile guardare un film bello (o peggio ancora, leggere) se tutto quello che vuoi dalla vita in quel momento è che ti vengano amputate le gambe divenute ormai cianotiche per l’immobilità. Il segreto è guardare film del cazzo, elevando all’ennesima potenza la sensazione di perdita di tempo: nel mio caso il top l’ho raggiunto guardando in serie Baywatch, un film a caso della serie Johnny English e una qualche produzione di Bollywood farcita di balletti e fotografia ipersaturata. Fidatevi, dopo aver ammirato The Rock che recita tutto si relativizza, anche la sofferenza più nera.

3- Fare cose inutili spacciandole per cose utili

Nel mio caso, ripulire il cellulare da tutta la paccottiglia accumulata nei mesi. Mettersi lì, col telefono in mano e decidere quali foto eliminare o, meglio ancora, quali app disinstallare è un esercizio utile per far volare il tempo e soprattutto parecchio rivelatore delle nostra capacità di autodeterminazione.
Io, ad esempio, parto sempre agguerrito come un Di Maio qualunque quando arringa la folla elencando gli sprechi del parlamento. Poi, esattamente come un Di Maio qulunque che ha messo il dito nella marmellata e scopre che è buona, scorro le app e le foto come se fossero tutte figlie mie e piango alla sola idea di cancellarne qualcuna. Nemmeno la foto dove sembro il fratello gemello di Slot, nemmeno l’app che emette rutti armonizzando le canzoni di Ligabue (quindi rutti mononota).

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