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La paura ai tempi dell’Ikea

Prologo – Quando si lavora continuativamente sia in settimana sia nel weekend, le poche giornate di festa vanno sfruttate fino in fondo. Sicché l’8 dicembre, dato che ero completamente libero, ho pensato di dedicarmi ad alcune incombenze divenute oramai improrogabili: comprare delle mutande nuove e risolvere il problema del corridoio di casa arredandolo con un armadio.  Svegliato di buona lena, dunque, con la coinqui si è deciso di acquistare prima dell’intimo sgargiante e poi di un mobile di origini svedesi.

Capitolo 1 – Le mutande

Il primo obiettivo sarebbe dovuto essere lo spaccio di Calzedonia a San Giuliano Milanese. Si racconta, infatti, che qui un paio di mutande costi solo pochi euro e ci siano offerte dell’altro mondo per gli acquisti in stock. Io, allettato dall’idea di avere una serie di mutande nuove così da non pensarci più per almeno un altro paio d’anni, avevo già pianificato tutto, compreso l’itinerario sull’aifon. Purtroppo però, San Giuliano non l’abbiamo mai raggiunta perché la coinquilina con abile mossa psicologica (ha messo la musica con le mie canzoni, cosicché mi distraessi cantando) mi ha portato da tutt’altra parte, vale a dire in un outlet agghiacciante dove, guarda caso, non c’erano mutande ma solo negozi dove poter trovare i regali natalizi per le sue amiche.

E vabbè.

Capitolo 2 – L’Ikea

Una volta soddisfatti i desideri delle Ondine, ci siamo diretti all’Ikea di Carugate con in testa un solo obiettivo: comprare un mobile economico che rientrasse nelle misure tassative di 140x37xInfinito (il soffitto è alto). Dopo aver cercato parcheggio per circa 45 minuti ed elaborato una singolare teoria sull’aumentare proporzionale della rabbia, in relazione all’abbassamento della velocità in un dato parcheggio, troviamo un buco ed entriamo. Siamo talmente centrati sull’obiettivo che non prendiamo nemmeno le matitine e il foglietto dove annotare gli acquisti, superiamo di slancio le zone espositive che non ci interessano e ci piazziamo davanti a una serie di armadi chiamati Pax, che la coinquilina mi dice essere l’armadio più famoso dell’Ikea. Ci sono diversi tipi di Pax, tutti con nomi impronunciabili e che differiscono sostanzialmente per dimensioni della struttura e ampiezza delle ante. La coinquilina che vorrebbe spendere il meno possibile, inizia a ventilare l’ipotesi che forse ogni singolo pezzo del Pax sia intercambiabile, per cui, con un’abile gioco di squadra decidiamo di mischiare i vari modelli e trovare ciò che fa al caso nostro. Dopo calcoli matematici di una certa difficoltà, riusciamo a selezionare la struttura portante più economica, accoppiata a due ante ancora più economiche (forse perché bianche). Felici di aver trovato la giusta calibratura tra stile e prezzo, decidiamo che forse è il caso di farci un regalino e quindi, prima di arrivare alla zona self service, facciamo un giretto nel posto ove giacciono tutte le cose per la casa. Lei decide di comprare un set di piatti da 10 (sei confezionati più quattro sciolti), un set di bicchieri da acqua (da 12) perché quelli per il vino li abbiamo già, due set di posate da 6, due paia di ciabatte rosse, uno per me e uno per lei da usare in coordinato quando vengono gli ospiti, e cinque rulli adesivi per levare i peli di Gilda. Io, invece, vista la mia nuova passione per l’alta cucina, opto per un coltello da chef in ceramica con fodero in plastica. Dopo aver trovato quello giusto per me (anche se privo di un gancio per poterlo fissare alla cintura), la coinqui mi obbliga a lasciarlo giù perché non è necessario e, visto che fino a fine dicembre avrò un sacco di spese, il coltello da chef è meglio comprarlo a gennaio. Al posto del coltello, dunque, mi propone una frusta per sbattere le uova, più economica ma a suo dire più utile. Ci penso un attimo e alla fine mi faccio convincere pensando a chissà quali meravigliosi dolci avrei potuto preparare con siffatto strumento. Passiamo al self service per prendere la combinazione di ante, struttura e mensole del nostro nuovo Pax e poi ci dirigiamo alle casse. Inutile dire che di tutti gli oggetti acquistati, la cassiera respinge solo la mia frusta perché priva di codice a barre.

Ma vabbè.

Capitolo 3 – Il parcheggio dell’Ikea

Dopo che, a parziale consolazione del mio mancato acquisto di frusta e coltello, mi è stato concesso di mangiare un hot-dog dell’Ikea, ci dirigiamo verso il parcheggio per caricare la macchina. Lì, ci rendiamo conto di una grande verità: un armadio molto alto, anche se smontato e imballato in maniera svedese, generalmente mal si sposa con la capacità contenitiva di una Lancia Y. Per cui, una volta sciorinate le bestemmie di rito e una volta maledetti uno a uno gli ingegneri del gruppo FIAT, prendo in mano la situazione e inizio a caricare gli acquisti. Alla fine, dopo diversi tentativi, l’unica soluzione possibile per evitare l’umiliazione di chiamare in soccorso qualcuno con un’auto più grossa, è stata quella di abbattere il sedile del passeggero e quello posteriore e infilare di traverso gli imballi dell’armadio fino a fargli toccare il parabrezza. Nonostante ciò, le ante uscivano di buoni 15 cm non consentendoci di chiudere il portellone posteriore il quale, tendeva inesorabile ad aprirsi verso l’alto. Tutto sembrava perduto quando, preso da un momento creativo che “McGyver vai a morire te e il tuo cazzo di coltellino”, con fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione decido di levarmi una stringa dalla scarpa e usarla per fissare il portellone al gancio di chiusura. Per farla breve, siamo usciti dall’Ikea in questa formazione: la coinqui alla guida e io sdraiato sopra lo schienale del sedile posteriore, senza una scarpa, con una mano aggrappata al poggiolo del sedile di guida e con l’altra avvinghiato alle ante dell’armadio. Il viaggio in tangenziale, come si può immaginare è stato decisamente complicato, soprattutto per la gente che si affiancava per vedere di chi diavolo fosse quel gomito che spuntava tra gli scatoloni.

Ma vabbè.

Capitolo 4 – Finalmente a casa

Troviamo miracolosamente un posteggio subito sotto casa e dopo aver estratto prima me stesso medesimo dalle lamiere dell’auto e poi tutti gli acquisti optiamo per montare subito il nostro nuovo bambino fatto di segatura, compensato e orrida lacca bianca. Dopo aver massaggiato la schiena rimasta bloccata dal viaggio in macchina, inizio a organizzare il montaggio dell’armadio. Inutile dire che quando un uomo dotato di intelletto prende le redini di un lavoro manuale, il successo arriva immediato e scoppiettante.  Tutto, infatti, è andato alla grandissima, a parte il fatto che che la coinqui, mentre cercava di mettere in ordine di grandezza e colore le viti del nostro nuovo Pax, ha sbattuto non si sa dove ferendosi il ginocchio. In ogni caso, i pezzi c’erano tutti, gli attrezzi pure e in men che non si dica la struttura era in piedi. Mancava solo il montaggio delle ante, che tra l’altro scoprimmo solo dopo essere prive di maniglie, ma in quel momento non ci parve un problema così rilevante. Il traguardo pareva così vicino che abbiamo deciso persino di rilassarci: la coinquilina si è accesa una sigaretta e io mi sono aperto una Moretti mentre, canticchiando “completamenteeeee”, fissavo le cerniere negli appositi fori circolari delle ante. Poi, come in uno psicodramma o come in una qualsiasi partita dell’Inter, passiamo in pochi secondi dalla gioia alla disperazione più nera: l’armadio non sta in piedi, cioè cade in avanti. Sembra, infatti, che la struttura della nostra misura, mal si sposi con le ante economiche scelte dall’altra combinazione Pax, risultato: il nostro bambino sta eretto solo ad ante chiuse, ad ante aperte invece, tende a schiantarsi in terra.  La terribile scoperta l’ha fatta la coinquilina che, mentre mi aiutava a tenere in piedi un’anta e allo stesso tempo rispondeva a un messaggio su wathsapp, le è caduto sull’alluce una delle mensole appoggiate dentro la struttura, provocandole a suo dire dolori lancinanti e sicuro annerimento dell’unghia. E poteva andarle peggio se io, con la prontezza di un ghepardo, non avessi deciso di sacrificare in toto la mia spalla già malandata per bloccare la caduta di tutto l’armadio.

Epilogo – È tutto un equilibrio sopra la follia

Come è finita? Semplice.

– Siamo privi di trapano, unico strumento utile per fissare con due tasselli l’armadio al muro, per cui, la struttura per ora sta in equilibrio solo se piena di oggetti e con un’anta aperta e una chiusa. Quindi abbiamo riempito l’armadio come un uovo e precauzionalmente abbiamo deciso di tenerlo chiuso (anche perché senza maniglie è pure scomodo aprirlo, soprattutto se sei privo di unghie). Se, invece ci serve qualcosa di stipato là dentro, lo facciamo in due: uno apre e l’altro vigila col telefono in mano per chiamare i soccorsi in caso di necessità.

– Io sono senza mutande e senza coltello da chef.

– La coinquilina, la cui porta della stanza è esattamente in direttiva di caduta dell’armadio, da ieri vive in costante stato d’ansia.  E credo se lo meriti.

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