Le regole esistono per essere rispettate, ma anche infrante, altrimenti vivremmo in una distopia. Ciò che manca è l’empatia verso il prossimo, non si basa su regole e di certo non è qualcosa che può regalarti un esercito.
In tempi di Coronavirus avremmo potuto, anzi dovuto, starcene zitti. E così abbiamo fatto e continueremo a fare, ciò che mi è venuto in mente diciamo che prende spunto da questa situazione, ma riguarda la nostra normalità, non l’eccezionalità del momento, che serve solo a sottolineare.
In questi giorni si è aperto un dibattito sui social (come al solito scandito da verità assolute) sul fatto che è necessario stare a casa e che noi italiani non sappiamo seguire le regole; naturalmente, come ogni filo logico che si rispetti, il passo successivo sono le dovute manganellate sui denti e l’esercito che arriva in pompa magna a ripulire.
In questa deriva che auspica un potere dittatoriale con la leggerezza di chi non ha mai vissuto sotto una vera dittatura, è qualcos’altro che mi preoccupa, qualcosa di cui si discuteva in un primo momento.
Il fatto da sottolineare credo che sia la mancanza di empatia delle persone, l’incapacità di pensare al prossimo. Siccome all’inizio passava per la malattia dei vecchi, fino ad una certa età si pensava di non potersela prendere. Aggiungiamoci l’incapacità di sentire un pericolo come imminente finché non ci colpisce da vicino (conoscente, amico, familiare) e abbiamo un menefreghismo esteso. Esteso nonostante il pericolo, fosse pure degli altri, venisse esplicitato attraverso numeri e testimonianze inequivocabili.
Il problema dell’egoismo sociale non può essere risolto con le regole. Anche perché se nella storia l’umanità non avesse lottato contro regole ingiuste, saremmo ancora più indietro con i diritti civili. Un mondo in cui le regole vengono rispettate in quanto tali è una dittatura, una distopia letteraria quando va bene, non certo una società di liberi e uguali. Auspicare le maniere forti per far rispettare le regole non risalta un desiderio di protezione verso nessuno, ma solo quella sana voglia di olio di ricino che in Italia mai tramontò.
Interessante poi il meccanismo per cui molte persone hanno il piacere di insultare (magari filmando) i passanti perché in giro, senza sapere il motivo per cui lo sono: il gusto della delazione; da non confondere con il sacrosanto diritto, anzi dovere, della denuncia, le cui condizioni però non sono presenti in questi casi. Questo sottile piacere della delazione non sarà mica strettamente imparentato con la ruspante voglia di maniere forti?
Sarebbe auspicabile non che le persone restassero a casa perché le leggi lo impongono, ma per prendersi cura degli altri, in un modo per altro abbastanza semplice. Quello che colpisce è la mancanza di una visione più in là del proprio ego, come se in una società i propri vantaggi non si incastrassero infine con quelli degli altri. Non è un problema di rispetto delle regole, è un problema di mancanza di empatia. E non c’è nessun esercito che te la possa imporre.