Guè Pequeno, Sinatra – Mettiamola così, c’è un party esclusivo in cui tutti sono vestiti di brillantini e paillettes e tu ti presenti in pigiama. Da un lato c’è l’essere evidentemente fuori luogo rispetto al contesto, dall’altro c’è tutta l’arroganza di chi sa di essere il numero uno
Sinatra di Guè Pequeno è esattamente questo, un disco per certi versi troppo sempliciotto e senza brillantini, soprattutto rispetto al periodo d’oro che sta vivendo il rap italiano, dall’altro dotato della strafottenza di chi sa di essere il numero uno e allora punta sul carisma, sulla potenza della propria immagine.
Guè Pequeno per sua stessa ammissione ha pubblicato un album in cui non ci sono contenuti particolari o concetti innovativi rispetto al proprio percorso, però c’è una potenza davvero notevole e una serie di riferimenti al proprio background musicale.
Salta all’occhio dopo due secondi che Sinatra è un album ricco di collaborazioni freschissime, praticamente tutti i nomi nuovi della scena trap italiana, quasi a segnare la voglia di mettersi in discussione e di affrontare nuovi campi da gioco anche laddove non si hanno proprio le scarpe adatte. Troviamo infatti nella guest-list Noyz Narcos, Luchè, Marracash, Sfera Ebbasta, Capo Plaza, Tony Effe della Dark Polo Gang, Elodie.
La produzione del disco invece è affidata a Charlie Charles, ventitreenne bresciano considerato un genietto della produzione a ragione del fatto che è l’artefice delle basi del primo lavoro di Ghali. Lavorare con Charlie Charles per Guè Pequeno non è una mossa così scontata, ma una scelta di umiltà e saggezza che solo un vecchio “barracuda” come il rapper milanese poteva strategicamente compiere. Guè Pequeno quindi si dimostra ancora una volta oltre che il rapper più prolifico della scena italiana, il più intelligente, quello che meglio riesce a cogliere gli umori della scena musicale, portando sempre l’acqua verso il proprio mulino.
Detto questo l’album ha grandi alti ma ahimè dei grandissimi bassi, probabilmente dovuti all’esigenza espressiva che guida tutte le tracce del disco dove, come già detto, quello che conta è soprattutto la voglia di spaccare. La prima traccia Hugh Guefner è un pò il manifesto di questo album, dove Guè Pequeno introduce la sua voglia di fare una “papponata” più che un bel disco e basta.
Trap Phone, col featuring di Capo Plaza, è un pezzo che sinceramente non ho capito ma dubito sia per mia scarsa applicazione, ma perché non brilla per qualità. Borsello, dove compare il bravo Frah Quintale, è uno dei pezzi che Guè Pequeno dice di essere tra quelli che spaccano di più. Diamo fiducia alle parole del grande Guè maper quel che mi riguarda il pezzo non convince, molto banale e adolescenziale, e forse per questo effettivamente potrebbe diventare effettivamente un successo.
Bling Bling (Oro) è invece un gran bel pezzo, con il ritornello campionato dalla splendida canzone di Mango (Oro, ndr.) grazie al consenso della famiglia, emerge un Guè Pequeno maturo e sincero che non si deve nascondere per forza dietro alla maschera del narcotrafficante, che sinceramente, in alcuni momenti risulta un po’ posticcia.
Anche il terzetto Clara, Bastardi senza Gloria, e Bam Bam, non convince fino in fondo mentre si apre inaspettato nella seconda parte del disco un orizzonte molto interessante, con testi più ficcanti e scelte musicali più convincenti.
Sobrio, con il bel featuring di Eloisa, ha un bel ritmo latino e un testo divertente sui pericoli di avere un cellulare a portata di mano quando si alza il gomito. Divertenti Babysitter e Modalità Aereo, dove compare anche il vecchio amico Marracash. A chiudere la tracklist Hotel, la mia traccia preferita, qui si gioca in stile giamaicano, bella e internazionale la base e anche testo e voce di Guè Pequeno non lasciano indifferenti.
Sinatra forse non sarà l’album più bello di Guè Pequeno ma di sicuro ci conferma che il rapper milanese ha carattere e intelligenza da vendere, anche per la scelta di fare il “raga” in un momento in cui i rapper fanno tutti i diplomatici o, peggio del peggio, gli influencer.
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