In Distanza di sicurezza di Samanta Schweblin si percepisce una sensazione fisica di sconcerto. Come se si entrasse in una casa dal pavimento inclinato, i nostri sensi percepiscono lo smarrimento di chi non capisce esattamente cosa stia succedendo ma ne rimane affascinato.
Distanza di sicurezza di Samanta Schweblin
Alla presentazione del film Super 8 qualche anno fa JJ Abrams, produttore-regista tra i più interessanti della sua generazione, rispose, alla domanda sul perché nel suo film che raccontava l’invasione di New York da parte di un mostro non si vedesse mai il mostro, con l’affermazione che mentre si cerca di salvarsi da un pericolo non tentiamo di avere la foto migliore dell’assassino. Si cerca di salvarsi.
Qualcuno potrebbe dire in media res, subito dentro le cose senza un’introduzione e senza troppi fronzoli. Insomma ci sono racconti, storie, film che non si prendono la briga di presentare il perché e il per come del proprio raccontare, vanno dritte al sodo, presentandoci le emozioni di chi sta vivendo una tragedia.
Questo è sicuramente il caso di Samanta Schweblin che, almeno in questo libro, ci prende per il collo e ci porta dritta dritta verso il centro della questione: la paura, l’angoscia, il tetro.
Spendiamo giusto due parole per presentare Samanta Schweblin: argentina che vive a Berlino, scrittrice che in breve tempo è riuscita ad imporsi come una delle protagoniste di una nuova forma letteraria. Non è esagerato cercare una nuova categoria per i romanzi di Samanta Schweblin, perché basta leggere qualche pagina dei suoi libri per provare quel senso di spaesamento e smarrimento che ci fa sentire di fronte a qualcosa di veramente nuovo.
Nel caso di Distanza di sicurezza si percepisce una vera sensazione fisica di sconcerto. Come se si entrasse in una casa dal pavimento inclinato, i nostri sensi percepiscono uno smarrimento che, se da un lato lascia la sensazione di non capire esattamente cosa stia succedendo, dall’altro affascina e trascina pagina dopo pagina.
Inferno di emozioni
Una donna inizia un monologo, ma non è sola. Vicino a lei c’è un bambino, un’entità, un essere. I due iniziano a raccontare parti oscure del loro passato dove si incrociano superstizione, malattia, angoscia. Angoscia per la morte, angoscia per la sensazione di non poter controllare esattamente il susseguirsi degli eventi che ci toccano.
La distanza di sicurezza e quel legame che la madre protagonista del racconto crede essere indissolubile fra sé e la propria bambina. Una sorta di cordone ombelicale invisibile che trascina e rassicura le due donne nel tempo, oltre gli eventi.
Poco importa definire i nomi e i ruoli nel libro, certo ci sono, ma la cosa più importante da cogliere sono i racconti riemersi che continuamente si rincorrono durante tutto la narrazione.
Cosa è importante in un racconto o in un fatto che ci accade? È importante riconoscerlo prima di tutto, sapere che quello che sta accadendo è esattamente il “momento”. “Il momento esatto è in un dettaglio, bisogna capire quale” dice ad un certo punto David, il bambino con metà anima che interloquisce con la protagonista, ed è qui che riconosciamo, tra la sfilza di immagini, un senso che è quello proustiano della ricostruzione a posteriori.
Certo nelle pagine di Distanza di sicurezza si trova molta letteratura argentina, con inserti al limite del magico e del surreale, ma non può non saltare agli occhi una certa propensione per i fantasmi e le presenze-non presenze tipiche del teatro di Ibsen.
Si potrebbe dire che è un thriller dove non c’è un omicidio, oppure un dialogo psicanalitico a cui manca la struttura, ma non è importante dare una definizione alla letteratura di Samanta Schweblin. L’importante è godersi l’inferno di emozioni in cui riesce a trascinarci.
Samanta Schweblin – Distanza di sicurezza – SUR
Traduzione: Roberta Bovaia
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