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Il più bello di tutti – Vincenzo Costantino

Il più bello di tutti - Vincenzo Costantino

Il più bello di tutti di Vincenzo Costantino è il cinismo dell’esperienza che si confronta con la purezza della curiosità. La poesia è sotto gli occhi di tutti, come un frutto di vita eterna va saputo cogliere. Come dice Costantino “non siamo frasi fatte, abbiamo dentro poesia.”

La poesia va saputa cogliere

Vincenzo Costantino è uno dei poeti italiani più famosi, più conosciuti, uno di cui insomma la gente si ricorda il nome. Le motivazioni di tale popolarità sono molteplici: le tante collaborazioni famose, gli innamoramenti per lui di grandi autori televisivi e radiofonici, le migliaia di esibizioni in teatri e cabaret.

Vincenzo Costantino puoi averlo incontrato una notte nel locale dove andavi ad affogare il tuo bisogno di amore o averlo letto sul muro di un bar che forse si è anche dimenticato di citarlo come fonte. Vincenzo Costantino è reo di aver commesso molti atti poetici. Sta di fatto che probabilmente lo hai incontrato e lo hai amato, anche se magari, fino a quando non hai preso un suo libro tra le mani, non lo avresti riconosciuto come autore di alcune massime che hai fatto tue. Strana sorte quella del poeta, la sua grandezza si vede soprattuto quando scompare, quando ci libera della sua presenza.

Perché la poesia è sotto gli occhi di tutti, va solo colta, come un frutto di vita eterna che va saputo cogliere. Come dice lo stesso Costantino “non siamo frasi fatte, abbiamo dentro poesia.”

Vincenzo Costantino, nel corso di tre libri e molti altri progetti tra cui un disco, Smoke, a cui hanno partecipato Simone Cristicchi e Vinicio Capossela, ha continuato a cercare bellezza e a ribaltare luoghi comuni, con un pizzico di spregiudicatezza e tanta curiosità. La voglia di scommettere che qualcosa di bello può accadere, qualcosa può succedere. Il cinismo dell’esperienza che si confronta con la purezza della curiosità.

Il più bello di tutti di Vincenzo Costantino

Quindi anche i titoli dei libri di Vincenzo Costantino, tutti editi per la coraggiosa Marcos y Marcos, sono un indicatore del percorso poetico. Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare è l’inizio di una provocazione che ribalta una sentenza biblica in una verità cinica, Nati per lasciar perdere è quasi la rivendicazione di un’andatura in direzione “ostinata e contraria”.

È però con Il più bello di tutti che Vincenzo Costantino si libera di ogni maschera e cala il poker che teneva nascosto. Quello vincente, quello definitivo che chiude i conti. Chiuso il conto cosa succederà? Si apriranno altre strade possiamo immaginare, come lascerebbe intendere l’ultima poesia.

“Siamo in uno chalet di montagna con il 
camino e il fuoco acceso,
Una bottiglia di Chablis,
Fuori nevica delicatamente.
Un tappeto davanti al camino.
Continua…”

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Fare i conti senza sconti

E di conti Vincenzo Costantino ne fa tanti e tutti senza scontare nulla, senza accondiscendenze.

Il primo conto che il poeta si fa portare è quello con il passato, con la gioventù, con l’innocenza. Una vita consumata tra dolori e antidoti alchemici al dolore. Le sigarette, l’alcol, la vita trasgressiva che diventano metodo per farsi portare altrove. E proprio quando tutto vorrebbe presentare un conto eccessivamente salato, arriva la poesia a portare sulle sue onde il poeta verso un altro mare, per dirla alla Claudio Magris, molto probabilmente un altro amore.

Da piccolo
buttavo sassi nel mare
Da grande
mozziconi per strada
Mi sono fumato l’infanzia,
bevuto l’adolescenza,
ora devo digerire il prezzo.
Butto parole sulla carta
per ritrovare
la strada.

Ma i conti sono anche con se stesso, Costantino si mette alla sbarra degli imputati e si assolve. Non falsificando le prove, ma accettando la dichiarazione di colpevolezza. Dichiarazione che porta alla verità, quindi al riequilibrio delle colpe.

sono colpevole di aver sognato
di averci provato
di provarci ancora

Il confronto con la vita e la morte

Tra le cento pagine di poesia, di cui le ultime dedicate soprattutto ad un eros visto come spoliazione di ogni verità ultima, scorre un leitmotiv impossibile da non notare.

Il confronto con la vita e, senza mai nominarla, sua sorella la morte. Anche la vita sarà assolta, ma non da un giudice: da un poeta, un uomo che conosce la strada. Conoscitore del buio, dell’inferno (“Solo l’inferno / fa credito”), è addirittura Costantino a proteggere la vita, riconosciuta come fragile di fronte alla porte dell’inverno. In un gesto arcaico e contadino è chi ha avuto meno a dare di più, il servo sfruttato salva la vita allo pseudo-padrone riconosciuto indifeso come da logica hegeliana.

Ogni volta
Che tra carta, sasso e forbice
sceglierai una scarpa
per giocare a Morra
con le attese
coltivando le assenze.
Mi viene in sogno la vita nuda
mi sveglio per vestirla 
riparla dal freddo
e scaldarmi.

Qui la poesia diventa metafisica, tutto è il rimando a qualcosa di cui non si vuole fare il nome, tutto è metafora e fuga.

Appena finito di leggere Il più bello di tutti, nella mia testa ho subito avvicinato molte delle composizioni di Costantino a Strand che, giustamente, Gian Paolo Serino cita nella postfazione, per la continua invocazione dell’assenza come figura fondamentale che con la propria mancanza ingombra grossi spazi di vita. Si veda, pur nella diversità quasi totale di forma e linguaggio, Uomo cammello di Strand per capire a cosa mi riferisco.

Se uniamo le mancanze
possiamo ridurre le assenze

Ma il poeta perdona e gioca ancora. Si mette ancora in discussione e lascia qualche giochino anche a noi, anche se forse stava parlando di lui.

Ci sono persone
scritte al contrario.
Puoi leggerle solo da dentro.
Allora
ci devi entrare

Vincenzo Costantino – Il più bello di tuttiMarcos y Marcos

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