Eredità
Eredità di Vigdis Hjorth
Vigdis Hjorth è, tra le scrittici norvegesi e scandinave in generale contemporanee, certamente la più affermata a livello internazionale. Capace di rappresentare lo spirito scandinavo in maniera lineare, quasi classica, con ovvi riferimenti a Ibsen e quindi al suo mondo di spettri e proiezioni, Vigdis Hjorth è, d’altro canto, una scrittrice che rompe in qualche modo con la scrittura serena e contemplativa a cui ci ha abituato una certa letteratura nordica.
La tragedia non è certo una priorità latina, come bene ci ha ricordato Bergam, pur considerandola da un punto di vista distaccato e filosofico posto più in alto rispetto alla tragedia stessa. In questo senso Vigdis Hjorth incarna perfettamente la tradizione scandiva appunto, ma di sicuro sono gli aspetti più personali che colpiscono di questa scrittrice.
Eredità, il libro di cui oggi vi racconto, è stato accolto dalla critica mondiale come uno dei libri più importanti degli ultimi vent’anni nella letteratura scandinava. Si può non essere completamente d’accordo con questa affermazione, ma di sicuro bisognerà riconoscere un certo valore intrinseco all’ultimo lavoro della Vigdis Hjorth.
Partiamo dalla trama che, in apparenza, è fin troppo semplice, ma anche qui scoprirete, leggendo il libro, che i piani sono differenti: anche l’evoluzione della narrazione non è mai lineare come appare leggendo le prime pagine.
Dopo la morte del padre di una famiglia benestante, una dei quattro figli, tre donne e un uomo, ripercorre senza una cronologia precisa eventi che hanno segnato il rapporto pericoloso tra la coppia di genitori e la loro progenie.
Tutta la riflessione parte da un gesto preciso: come spiegato dal titolo, c’è un eredità da suddividere; in particolare una casa al mare in cui la famiglia ha vissuto i momenti più felici della propria storia. Ma, con grande sorpresa dei figli, la casa fine è ceduta a due soli di loro, proponendo un rimborso per difetto agli altri due.
Doppio livello di lettura
Ovviamente la questione economica è secondaria, uno dei figli ormai è molto più ricco del defunto padre, ma questa scelta scatena una riflessione sulla qualità e la gerarchia dei rapporti stabiliti fra i componenti della famiglia. Questo è solo una primo livello di lettura di Eredità in cui si trova una riflessione forte, stringente, ma da un punto di vista più alto meno coinvolto emotivamente.
Il secondo livello a cui invece il libro ci trascina è lo sfaldamento interiore di una donna che ha voluto l’allontanamento dai propri genitori, ma che ora, nel ricomporre le fila della propria vita che piano va in pezzi, ha bisogno di capire cosa sia successo nella casa paterna per poter ritrovare il filo del discorso.
É su questo secondo piano della narrazione che a mio avviso si gioca la parte più interessante del libro, come se, in un gioco degli specchi, ad ogni mossa di uno dei personaggi se ne potesse sentire l’analisi e la riflessione da parte degli altri personaggi. Un intreccio interessante che prende spunto dal raccontato biografico, psicoanalitico se vogliamo, ma che gioca come in un testo teatrale ad aprirci nuovi scorci di osservazione.
Tra le pagine si citano Jung e Freud, ma in tutta sincerità viene difficile immaginare un riferimento o un indirizzo univoco della narrazione, dove in alcuni punti i rimandi sono a Proust e al suo sminuzzare le emozioni, ripercorrerle, più che all’interpretazione pura degli psicanalisti.
Il libro soffre sicuramente della traduzione da una lingua così lontana dalla nostra, si percepiscono alcune meccanicità che probabilmente non erano presenti nella versione originale, ma questo non rende la lettura del romanzo meno coinvolgente.
Potrebbe essere un libro utile da leggere durante l’estate, secondo me ha scelto bene il momento in cui pubblicare questo libro “freddo”, perché condurrà il lettore ad aprire riflessioni che richiedono tempo, spazio, in una parola ozio.
Vigdis Hjorth – Eredità
Traduzione: Margherita Podestà Heir