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Belfast sulle note di Eureka Street di Robert Mcliam Wilson #1

Per approfondire i troubles seguendo i passi di Eureka Street, romanzo del 1996 di Robert Mcliam Wilson, sono stato tre giorni a Belfast. Ne è scaturita un’esperienza indimenticabile. Viaggiare sulla letteratura è il nostro dogma.

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Eureka Street e la sua Belfast anni ’90

Eureka street è un romanzo ricco di personaggi iconici, divertenti, stralunati e sognatori. Ma è anche un libro che va a fondo nella vita quotidiana degli abitanti di una città che ha vissuto troppo tempo a braccetto con il terrore, le bombe e la paura. Mcliam Wilson gioca con la politica, la religione e gli scontri. Strane amicizie si intrecciano, da teppistelli dodicenni a grandi uomini d’affari, sullo sfondo di due personaggi principali: Chuckie protestante e Jake cattolico, legati da una profonda amicizia.
Lo stile della scrittura ad alcuni può ricordare il Nick Hornby di Alta Fedeltà, la sua ironia e la sua forza espressiva. Ma nel capitolo più tragico, l’undicesimo che parla dell’attentato dinamitardo a Fountain Street senza risparmiare nessun particolare, si vede una penna autorevole, in grado di andare a fondo nei meandri più nascosti della sofferenza umana. Un grande scrittore, un grande libro, un’immensa Belfast anni Novanta

Benvenuto a Belfast

Arrivo a Belfast nel primo pomeriggio di un freddo giorno di inizio dicembre, subito l’aria del mare del nord mi pizzica sul viso la sua potenza, alzo la sciarpa fino a sotto gli occhi, il berretto di lana fino alle sopracciglia.
Ho preso una stanza in un appartamento condiviso, nulla d’eccezionale: ha il wi-fi, costa poco ed è a due passi dal centro. Un quadro sopra il letto attira subito la mia attenzione, ha la tipica forza espressiva dell’arte di massa, ricorda vagamente quegli squallidi quadri che si prendono da Ikea che ritraggono Londra in bianco e nero ma con il bus a due piani a colori. M’avvicino al quadro in questione, è ancora avvolto dalla plastica e l’etichetta del negozio, con prezzo incluso, è lì in bella vista all’angolo. Meglio uscire.

Donegall Square, centro città

Donegall Square, è la prima tappa obbligata per chi visita la capitale nord-irlandese, è il centro cittadino, la cosiddetta zona neutra, qui non vi sono cattolici e protestanti, è una terra di nessuno, è solo il centro.
Lo splendido parlamento svetta al centro della piazza, tutto intorno strade piene di negozi ed attività come se ne trovano in ogni capitale del vecchio continente. Erro per le sue strade limitrofe, posso usare serenamente il mio smartphone, la disattivazione del roaming all’estero è ormai un lontano ricordo. Sono solo, mi piace viaggiare da solo, a primo impatto ci si sente un po’ nostalgici e timorosi, ma con il passare delle ore si diventa più sicuri di sé, si fa affidamento alla propria esperienza, si accetta senza remore la persona che ognuno di noi è, per ogni chilometro effettuato la propria autostima si eleva sempre più. Ho bisogno di rigenerarmi, di ascoltarmi in profondità senza pressioni esterne, per far ciò non c’è maniera migliore che vagare per una città che non si conosce in perfetta solitudine.
Sono passate un paio d’ore, si prende subito confidenza con il centro, non è molto grande, non v’è molta gente in giro, ogni tanto attraverso vie completamente deserte, solo il rumore di una lattina trascinata dal vento sulla strada interrompe il silenzio. Sono le sei, ho vagato abbastanza, è l’ora di cominciare a praticare lo sport nazionale irlandese: il pub.

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The Spaniard, Guinness al pub

The Spaniard, in Donegall Street, è un locale piccolo ma con un atmosfera molto accogliente. Entrando l’angusto odore tipico di ogni pub d’Irlanda m’assale, ma dopo un po’ ci si abitua ed anzi lo si fa rientrare nelle autenticità locali, quelle che poi si raccontano agli amici al rientro. Visi pallidi e panze sporgenti, il chiacchiericcio è piacevole, ho bisogno una Guinness, poi ne prendo un’altra, alle nove di sera me ne ho bevute sei e parlo con chiunque nel locale, riprendo un po’ di confidenza con la lingua. La gente incuriosita mi chiede cosa ci faccia da solo a Belfast con quel freddo, quando gli dico il motivo rimangono attoniti ma comunque si complimentano: ho letto Eureka street di Robert Mcliam Wilson ed ho deciso di approfondire la questione dei troubles; ovviamente le informazioni da casa non mi bastano, devo andare sul luogo, è la mia vita e le passioni mi piace sentirle sulla pelle.

Per quanto incantata e sfavillante, Belfast parla chiaro. Le bandiere, le scritte sui muri e i fiori sui marciapiedi parlano chiaro. È una città in cui la gente è pronta a uccidere e a morire per pochi brandelli di stoffa colorata. Un’assurdità, un rompicapo che avvelena il sangue, una spirale senza fine che impedisce ogni cambiamento.

La guerra civile

Secondo giorno, è mattino e devo incominciare ad esplorare seriamente la città, voglio sentire le storie di Belfast: i suoi drammi passati, i suoi racconti presenti e le sue speranze future. Dal 1969 al 1998 protestanti e cattolici si sono ammazzati in una guerra civile urbana sanguinaria che ha straziato un popolo meraviglioso ed ha ucciso più di tremila persone, la maggior parte delle quali, come è facile immaginare, non avevano nulla a che fare con i gruppi armati e le rivendicazioni politiche. Sono sempre stato molto affascinato da ciò che è avvenuto in questo luogo. Ho sempre pensato che il motivo religioso fosse un pretesto, che doveva esserci qualcosa di più importante, di più economico, altro motivo che mi ha spinto a venire fin qui.

Dalla prospettiva dei black cab

Prendo un black cab per fare un tour dei murales della città, è un’esperienza che consigliano in molti, l’autista funge sia da taxi driver che da guida. I black cab erano gli unici che entravano nei quartieri caldi durante i troubles, spesso a rischio della propria vita. Alcuni di loro sono stati sgozzati, molti feriti gravemente. Gary, la guida che mi sta portando in giro, ha subito invece un attentato d’arma da fuoco in un quartiere protestante, è stato ferito alle gambe da tre colpi di pistola. Era il 2001 quando avvenne, mi porta addirittura all’incrocio in cui gli spararono, quasi una riproduzione balistica del tentato omicidio. Mi spiega che nonostante il cessate il fuoco fosse stato proclamato nel 1998, gli uomini erano ancora pieni d’astio e rancore, per tutti gli anni duemila è proseguita questa assurda guerra nonostante la tregua. Mi porta in diversi quartieri, di entrambe le fazioni, non riesco a memorizzare tutti i loro nomi, ma da queste parti a parlare sono i murales e le storie che si manifestano nell’aria:

L’intera superficie della città pullula di vita. Il terreno è reso fertile dalle ossa dei suoi innumerevoli morti. La città è uno scrigno di storie e di racconti presenti, passati e futuri. È un romanzo. Gli uomini e le donne che vi abitano sono racconti affascinanti, infinitamente complessi. Anche la persona più noiosa e ordinaria è un racconto che non teme il confronto con la trama più bella e più ricca di Tolstoj. È impossibile rendere la grandezza e l’incanto di un’ora nella giornata di un qualunque abitante di Belfast. Nelle città le storie si incrociano, si scontrano, si fondono e si trasformano in una Babele di narrazioni.

È molto bello visitare la città dalla prospettiva di un black cab, attraverso quartieri che difficilmente penso avrei visto se mi fossi mosso a piedi e senza guida. Vedo le prime case a schiera, che da queste parti chiamano row, sono in tipico stile vittoriano, mattone rosso vivo e massima promiscuità tra gli immobili. Ma dietro la row, tra una casa e l’altra, si intravede un qualcosa di colore verde militare, sembra di ferro e molto alto, intuisco cosa sia ma non ne sono certo e chiedo a Gary, la mia previsione è confermata: è un muro che separa un quartiere protestante da uno cattolico. Appena la schiera termina tutto è molto più chiaro.

Eureka street e la Belfast anni ’90

In Eureka street l’autore, con uno stile ironico e profondo allo stesso tempo, parla della sua Belfast negli anni Novanta, quando il sentire in lontananza il boato di un’esplosione non provocava che un leggero fastidio. Era diventata un’abitudine talmente diffusa che le persone proseguivano a fare ciò in cui erano impegnati in quel momento senza praticamente batter ciglio. Erano così assuefatti dal quel quotidiano terrore che oramai era come se fosse diventato una parte immutabile del paesaggio.

Negli anni Settanta, dopo le prime bombe le strade di Belfast sembravano più spente, sbiadite, quasi fossero saltati in aria anche i colori. Ora invece le esplosioni erano diventate soltanto una seccatura, un problema per il traffico.

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Luoghi significativi

Gary è una guida molto appassionata, ha vissuto i troubles sulla propria pelle. Ogni abitante di questa città ha almeno un parente, un amico, un compagno di scuola o un collega di lavoro che è stato coinvolto direttamente nel conflitto armato.
Mi porta a vedere un luogo molto particolare, una vecchia scuola cattolica che non solo si trova all’interno di un quartiere protestante, ma è situata propria di fronte una scuola protestante. È stata centro di scontri acerrimi durante il trentennio di fuoco, addirittura i bambini non sono potuti andare a scuola per molto tempo perché i protestanti vi avevano posto una sorta di barricata, non volevano “contaminazioni” nel loro quartiere. Ad un certo punto il sindaco della città ha risolto la questione: ha fatto dipingere le inferriate della scuola cattolica di verde e quelle della scuola protestante di blu, scontri terminati.

Il tour prosegue, abbiamo preso confidenza, anche se l’inglese di Gary è troppo rapido per me ed alle volte mi perdo, riesco comunque a seguire le sue spiegazioni. Ci tiene particolarmente a farmi visitare un luogo a cui è molto affezionato. Si tratta di un cortile di case all’interno del quale vi sono diversi murales commemorativi di combattenti dell’Ira, tira fuori dal cruscotto due proiettili di gomma, una sorta di facsimile degli originali che venivano usati per far fuoco durante i troubles. Mi narra le loro storie, il loro coraggio, i loro ideali, ne è molto fiero, lo vedo emozionarsi, è sincero. Prendo in mano i due proiettili di gomma, sono morbidi e massicci, se fossero stati in vendita avrei potuto farci un pensierino, lo riconosco.

A notte fonda, però, la fresca brezza che attraversa Belfast sussurra che l’odio è come Dio: non lo potete vedere, ma se combattete in suo nome e credete ciecamente in lui, riscalderà le vostre notti.

Shankill Road, muri e murales

Ormai sono più di due ore che va avanti il tour. Ci avviamo per una strada di curve saliscendi, è vorticosa e piacevole, ad un certo punto un immenso muro verde ci accompagna per diversi chilometri, vi sono disegnati murales, milioni di scritte di vario genere ed alcune iscrizioni che ricordano altre città nel mondo separate da muri. Siamo in Shankill Road, roccaforte unionista e forse l’emblema più lampante della separazione cittadina. Attraversarla è un’esperienza molto profonda, continuo a domandarmi com’è possibile tutto ciò e per quanto tempo ancora. Ci sono ventisette muri a Belfast, simbolo di odio, sangue e intolleranza. Le nuove generazioni vogliono dimenticare, ma i muri sono ben eretti a dimostrare una divisione che è sempre viva negli occhi della sua gente.

Sentire espressioni come “strada cattolica” e “area protestante” mi continua a stupire, come può una casa essere cattolica o protestante? Eppure quando bisogna descrivere questa realtà è difficile trovare altri termini (Gerry Adams, Strade di Belfast, Gamberetti editrice 1994).

Lascio Shankill Road con un nodo di stupore nell’anima, sono ancora turbato. Fratelli che si odiano, che insegnano ai propri figli di continuare ad alimentare vendetta e rancore. Quanta violenza è passata in questo luogo, assassini depravati hanno trasformato questa città in un cimitero a cielo aperto, in un posto pieno di fantasmi, di paura. La consapevolezza appresa dalla letteratura si è trasformata in una sensazione reale e visibile, in qualcosa di tangibile. Il tour in black cab mi ha insegnato molto sui troubles, è un’esperienza da intraprendere senza pensarci due volte se si vuole approfondire il conflitto nord-irlandese.

I suoi abitanti vivono in un mondo andato in frantumi, ma ancora affascinante. Se ad un certo punto vi trovate in strada e per qualche incredibile istante non passa una macchina e il rumore del traffico si affievolisce, e vi guardate intorno contemplando i marciapiedi, i lampioni e le finestre e ascoltate con attenzione, potrete sentire i sussurri dei fantasmi di quelle storie.

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