Serie TV Netflix – La Marvel, grazie a Jessica Jones, riesce a portare su di un livello più profondo la narrazione delle gesta di un supereroe. Tra pochi poteri e tante paure, tutte maledettamente ordinarie, questa serie TV riesce a rapire.
Partiamo dalla trama. Jessica Jones è una “dotata”, fa cioè parte di quella piccola parte di popolazione che ha dei poteri speciali. Nel suo caso parliamo di una forza sovrumana unita alla capacità di scolarsi superalcolici come se non ci fosse domani e, nonostante ciò, sfoggiare un culetto niente male. Dopo un breve passato da eroina in una New York parallela, a causa di un trauma emotivo molto violento, Jessica decide di chiudere con la “vita mascherata” reinventandosi investigatrice privata. Vive in un appartamento sgarrupato e quando non risolve casi (principalmente di infedeltà coniugale) è dedita a fottersene bellamente di se stessa, della sua vita e di tutto quanto non è strettamente connesso alle basilari incombenze quotidiane. In questo quadro parecchio deprimente, Jessica ha un solo appiglio emotivo, la sua amica nonché sorella adottiva Trish. Poi, qualcosa dal suo passato ritorna e Jessica dovrà finalmente fare i conti con i suoi demoni. Il demone in questione porta il nome di Kilgrave, un uomo con la diabolica capacità di controllare le menti e che, per un certo periodo di tempo ha tenuto soggiogata Jessica facendole fare le peggio porcherie ( e causandole il trauma emotivo di cui sopra).
Questo, in sintesi, il canovaccio con cui Marvel e Netflix hanno dato vita al personaggio di Jessica Jones e, contestualmente, riempito ulteriori 13 ore della mia inutile vita. Non vado oltre con il racconto per evitare spoiler, però è giusto anticipare che quella che vi accingerete a vedere, sempre che decidiate di farlo, non è una tipica serie con protagonista un supereroe: le tematiche, infatti, sono ben diverse, più pesanti, più vere e, suppongo, hanno rappresentato per Netflix e per la stessa Marvel una scommessa non da poco. Omosessualità, scene di sesso, abusi e sindromi post traumatiche da stress non sono certo gli ingredienti tipici per questo tipo di prodotto, eppure, caspita, nonostante alcune “pecche” nel racconto (praticamente obbligate dato che si parla di supereroi) devo ammettere che gli sceneggiatori sono riusciti a colpire nel segno.
Jessica Jones, intesa come serie, infatti, si è posta un obiettivo molto alto: raccontare in termini reali il problema del controllo. Della necessità di averlo, della paura di perderlo, del bisogno (spesso maschile) di imporlo. Alto tema toccato di riflesso è quello della ferocia del senso di colpa, sentimento che rappresenta il vero guinzaglio di chi è invischiato in una relazione malata. A trasportarci in fondo a questa palta ci sono tre personaggi femminili perfettamente disegnati (oltre a Kilgrave, obviously). Jessica Jones, questa volta intesa come personaggio, è la vittima di una relazione tossica, che le ha tolto tutto e che l’ha umiliata e ferita nel profondo. Il suo controllo si rivela nel nichilismo feroce con cui esclude tutto e tutti dalla sua vita. Il dolore va circoscritto, contenuto in un bicchiere, rifuggito con ogni mezzo e Jessica si è costruita una corazza di indifferenza, sarcasmo e sano alcolismo con cui crede di riuscire a gestire tutto questo. In questo, il visino pallido e l’occhio a metà tra il distaccato e il disperato di Kristen Ritter è perfetto, la sua Jessica Jones è credibile e sempre intensa. L’amica Trish, interpretata da Rachel Taylor, ha un passato dominato da una madre che ha riversato su di lei ogni sorta di aspettativa. Trasformata in un personaggio televisivo fin da bambina, Trish è intrappolata in una vita che fatica a sentire sua e vede in Jessica un appiglio, ma anche un modello di donna da cui non sa bene se dipendere o affrancarsi. Terzo personaggio femminile parecchio denso è Jeri, interpretata da Carrie Ann-Moss (Memento, Matrix tra gli altri): un avvocato con le palle divisa tra un divorzio difficile e una nuova relazione con una sua sottoposta (sì, il suo è un personaggio dai tratti maschili, e infatti nel fumetto è un uomo). E poi c’è Kilgrave, il cattivone dotato della “fiatella che convince” (il suo potere deriva da degli ormoni trasmessi con la voce che gli permettono di assoggettare le menti di chi gli sta intorno). Il suo personaggio, reso bene da David Tennant è un villain decisamente anomalo, almeno per ciò che riguarda l’universo Marvel. Kilgrave, infatti, fa paura non perché ha un potere sovrumano, al contrario. Lui fa paura perché è troppo umano. E di riflesso le sue perversioni sono ammantate di quella familiarità agghiacciante che vediamo troppo spesso raccontata al telegiornale nella sezione di cronaca nera.
Insomma, per chiudere, se cercate mantelli svolazzanti, questa non è la serie che fa per voi. Se volete i buoni sentimenti e il bene che vince contro il male, Jessica Jones non è la serie che fa per voi. Se siete dei precisetti che non riescono ad accettare alcune (evidenti) falle nella trama e l’uso, a volte forzato, di riferimenti ad altre serie, allora potreste giudicare Jessica Jones un prodotto più che perfettibile. Se al contrario siete convinti che l’universo Marvel (come del resto quello DC) abbia le potenzialità per raccontare qualcosa che va oltre ciò a cui ci ha sempre abituati, se più della coerenza narrativa vi interessa lo sviluppo delle tematiche interne e la caratterizzazione profonda dei personaggi, allora guardare Jessica Jones potrebbe offrirvi numerosi spunti di riflessione.