Recensione IT il film – Ha sbancato i botteghini USA con un incasso di ben 117,2 milioni di dollari nel solo weekend di debutto (tra i record battuti migliore anteprima per un film horror e migliore incasso nel weekend per un film vietato ai minori), con la miniserie ha fatto paura alle generazioni dei quasi quarantenni di oggi (e non solo), con il romanzo continua a incutere ansia e terrore agli accaniti lettori. Parliamo ovviamente di IT, l’adattamento cinematografico dell’iconico romanzo di Stephen King.
Mi perdoneranno i fan del romanzo e della miniserie: non ho letto uno né ho visto l’altra, quindi il mio è un parere che si basa esclusivamente sul film, nelle sale italiane dallo scorso 19 ottobre. Siamo nel 1988 (contrariamente al romanzo ambientato negli anni ‘50) nella fittizia città di Derry in cui si rispecchia la patria di King, la cittadina del Maine Bangor, ma che nella sua tipicità potrebbe essere un qualsiasi paese della provincia americana. Il piccolo Georgie esce di casa sotto una pioggia scrosciante, per far navigare la barchetta di carta confezionatagli dall’inseparabile fratello maggiore Billy. Da quell’uscita, però, Georgie non tornerà più, in seguito all’incontro con il temibile Pennywise, un pagliaccio che vive nelle viscere della città e che si palesa al piccolo ragazzino dal pertugio di un tombino. Un anno dopo a Derry vige il coprifuoco, per far fronte a quelle continue sparizioni di persone (soprattutto bambini). Billy, però, non si rassegna all’idea di non trovare più il fratellino scomparso e, insieme ad un gruppo di fedeli amici, quelli presi di mira dai bulli della scuola, si imbarca in una serie di paurose avventure, sulle tracce del fratello e di tutti gli altri ragazzini scomparsi nei mesi successivi.
IT è innanzitutto un film sull’amicizia e sull’importanza di affrontare le proprie paure e di farlo insieme ad un gruppo di amici e di persone che ci amano “no matter what”. Il mondo dei grandi è lontano, distante, vissuto dagli occhi dei teenager come “coloro che non ci capiranno mai”, che non comprendono gli incubi dei loro figli, i loro timori e i loro sogni. Un mondo di adulti che non sembra affatto quello degli anni 80: nessuna famiglia tradizionale viene rappresentata, ma dei ragazzi protagonisti del lungometraggio si vede solo uno dei genitori. Forse si tratta di una scelta di economia del film, ma il regista sembra anche alludere alla generazione odierna, di famiglie disgregate e di genitori separati o assenti.
C’è distanza, quindi, tra figli e genitori, ma non c’è lontananza nel gruppo di coetanei e compagni di classe. Ognuno affronta da solo la propria paura, il proprio demone (che talvolta prende le sembianze del clown Pennywise), ma solo stando uniti riusciranno a sconfiggerlo. Proprio dalle viscere della terra e da un pozzo (reale e metaforico al tempo stesso) emerge lo spaventoso clown (ben interpretato dal giovane Bill Skarsgård anche se mi dicono che l’originale di Tim Curry era nettamente più inquietante e disturbante). Ed è proprio addentrandosi e calandosi dentro la propria caverna e affrontando la propria parte più buia che se ne può uscire vittoriosi. Ed è qui che secondo me il film risulta vincente e convincente, parlando di un tema molto più profondo, sempre attuale e che riguarda tutti noi, a prescindere dal tono inquietante e dai colori dark che assume la pellicola o dalla propensione personale verso un film horror.
Ho trovato azzeccata l’ambientazione negli anni ’80, sicuramente una trovata di marketing per andare a parlare agli spettatori della miniserie e anche per ambientare ai giorni nostri il secondo capitolo del film, che in base alla trama si svolgerà 27 anni dopo la prima parte, ovvero nel 2016. Questo conferisce al film un’aurea di nostalgia e di malinconia per quegli anni (nulla di nuovo sotto il sole, avete presente Stranger Things?). Non era tutto cassettine sul walkman e giacche di jeans: il bullismo c’era tanto quanto c’è oggi, solo sotto un’altra forma (niente social e insulti mezzo web, ma spintoni fuori dalla scuola e violenze più fisiche ma ugualmente feroci). IT sembra quindi un incontro, quindi, tra un film horror e i Goonies, dove allo stesso modo il gruppo di amici rappresentati sullo schermo ti fa venire voglia di vivere un’avventura insieme a loro e di far parte del loro gruppo.
I personaggi sono un altro importante tassello del film, per quanto sono ben delineati, caratterizzati e rappresentati nelle loro passioni, paure e nelle loro storie famigliari, una profondità psicologica sicuramente retaggio del romanzo. Bellissima e bravissima l’unica ragazza del gruppo, la giovane Sophia Lillis dagli occhi di un verde magnetico, che sicuramente avrà di fronte a sé una brillante carriera nell’industria cinematografica. Non mancano nemmeno gli aspetti più tipici del genere horror: la suspense, l’ansia e la paura, resi da una profonda immedesimazione coi personaggi e da un sapiente utilizzo della colonna sonora e degli effetti speciali. Insomma un film che può piacere a diversi pubblici e target: andatelo a vedere anche se (o soprattutto se) non siete fan del genere!
In attesa del DVD, se volete farvi una cultura sulle diverse declinazioni di Pennywise, ecco alcuni link utili.