Spotlight di Tom McCarthy è un film rigoroso sul giornalismo d’inchiesta e in particolare sui giornalisti che hanno scoperchiato il caso della pedofilia all’interno della Chiesa di Boston. Ben scritto, girato in modo lineare ed affidato ad una recitazione corale misurata e di livello.
La pellicola vincitrice del premio Oscar come miglior film, non sono in grado di affermare se il premio sia meritato, ma sicuramente è un film ben scritto. Spotlight è la squadra di giornalisti che si occupano di inchieste per il Boston Globe. L’arrivo di un nuovo e coraggioso direttore spinge il lavoro dei quattro giornalisti nella direzione dell’accusa di pedofilia ai danni di un prete della città. Le indagini scoperchiano un vero e proprio sistema da parte della Chiesa locale, e non solo, per mascherare i delitti di più di sessanta preti.
Non si tratta però di un film sulla pedofilia all’interno della Chiesa e nemmeno della copertura che ai fatti hanno fornito le alte sfere cattoliche. Questo tuttalpiù è un argomento forte che concede alla pellicola un’importanza che va oltre ai meriti squisitamente artisti. Trattare argomenti come questi va annoverato certamente tra i meriti, perché portare sul grande schermo vicende di tale portata è importante e mai banale.
Ciò che ci racconta Spotlight è la nascita di un’inchiesta, il modus operandi di giornalisti che sanno ancora inseguire storie rilevanti , che si impegnano su temi scottanti senza sottostare alle regole non scritte che spesso affossano le vicende. La molla è il nuovo direttore che, venendo da fuori e per questo non essendo legato all’ambiente della città, decide di affidare a Spotlight una storia in cui non si sarebbe dovuto intromettere. Il resto lo fa la professionalità e la bravura della squadra di giornalisti.
Il film, lucido e rigoroso, mostra come la spinta sia, naturalmente, quella di guadagnare lettori, di scovare argomenti che aiutino a vendere più copie. Da qui parte il lavoro meticoloso e insistente dei giornalisti che, durante lo sviluppo dell’inchiesta, si rendono conto di avere per le mani una storia più grande di quanto prevedessero. Lungimirante la scelta del direttore di non accontentarsi della versione basica di quanto successo, di non volersi fermare alle accuse a qualche prete, ma voler arrivare alle coperture del sistema, alle alte sfere che hanno deciso di insabbiare tutto e non intervenire nei confronti del colpevole. Questo atteggiamento ha consentito all’inchiesta di assumere uno spessore ben diverso e, infine, ai lettori di essere informati in modo più profondo.
Spotlight non concede nulla alla spettacolarizzazione, non indugia su reazioni facilmente prevedibili e visto l’argomento è una nota di merito importante. Il film ha un ritmo incalzante come le indagini, con una regia lineare e interpretazioni misurate, affidando alla coralità degli attori quella che si rivela come un’ottima prova. Assistiamo in sala allo stesso rigore che riconosciamo ai protagonisti nel loro lavoro.
Vengono messe in luce anche le responsabilità più ampie, cioè quelle che non riguardano direttamente membri della Chiesa. Gli esponenti di spicco della comunità di Boston desiderano coprire il tutto tanto quanto le autorità ecclesiastiche, con un atteggiamento complice che addossa responsabilità non eludibili. Lo stesso caporedattore che guida Spotlight, quando era giovane e incerto, non ha dato la giusta importanza ad informazioni che avrebbero potuto condurre alla scoperta molto prima. Insomma, puntiamo pure il dito contro i colpevoli diretti, ma che nessuno si nasconda dietro le responsabilità degli altri, ognuno analizzi le proprie.
Trovano evidenza anche gli aspetti più squisitamente inerenti al giornalismo. Il direttore che, in pieno periodo di attentato alle torri gemelle, decide di rinviare gli approfondimenti sulle vicende della Chiesa di Boston. Fa bene o male? Una delle vittime, comunicatogli che l’inchiesta viene sospesa, sottolinea come le vittime degli abusi abbiano già atteso molto e non si possano far riaprire certe ferite per poi metterle in attesa. Ma un giornale come può non occuparsi in primis di un attentato come quello? E poi è necessario considerare come la rilevanza dei fatti dipenda anche dal contesto e il racconto di quegli abusi, in piena fibrillazione attentati, avrebbe perso incisività.
Possiamo anche notare la corsa folle dei giornalisti per non farsi anticipare dalla concorrenza, la cosa fondamentale non è solo scrivere di qualcosa d’importante, ma farlo per primi, bruciare la concorrenza. Dunque è inutile ricercare anime belle, la moralità di ognuno ha diverse sfaccettature non inquadrabili in modo granitico.
Poi, per approfondimenti sullo scandalo pedofilia nella Chiesa, ma soprattutto sulle coperture delle alte sfere cattoliche, nel mio piccolo mi sento di consigliare Chiesa e pedofilia
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