Site icon EsteticaMente

Alessio Lega, recensione di E ti chiamaron matta

recensione disco alessio lega

Alessio Lega è un artista che al di là di meriti e talento andrebbe amato anche solo perché è tra i pochi ad avere il coraggio di sporcarsi le mani con argomenti scomodi, difficili. Ma questo non basterebbe a rendere il cantautore salentino-milanese un artista importante, la cosa che rende Lega un folk-singer d’eccezione è che ha amore e il rispetto per i  personaggi che caratterizza, proprio come fanno i grandi autori, i grandi poeti. A me viene in mente Tolstoj quando penso ad Alessio, per l’ironia ma anche per lo sguardo torvo di chi sa scoprire il dolore oltre la facciata. Ora la smetto, altrimenti conoscendolo mi tira un pugno alla prossima bicchierata insieme

Detto questo, che andava detto, il progetto di cui parleremo oggi si intitola “ E ti chiamaron matta”. La parola progetto è quanto mai adeguata vista la complessità di questo lavoro. L’elegante booklet, è composto da alcuni scritti estremamente interessanti: una “quasi” intervista a Piero Cipriani, noto psichiatra di sicura scuola basagliana e due belle prefazioni di Gianni Nebbiosi, autore de “La canzone dei matti”, una inclusa nella stampa del suo disco nel 1971 e una del 2018 dedicata invece alla re-incisione da parte del Lega e di Rocco Marchi.

Un altro importante testo che compare nel booklet è una bellissima lettere biografica scritta dallo stesso Lega sul perché di questo disco (del 2008), e la ragione della sua ristampa a dieci anni di distanza. Non vi lasceranno indifferenti queste intense parole del booklet, perché il ragionamento è raffinato, complesso, sempre ben mirato. I temi sono quelli, soprattutto ma non voglio dare limiti alla profondità di quello che troverete leggendo, della legge Basaglia e del suo inquadramento (qui la recensione de Le Libere Donne di Magliano, nel caso voleste approfondire) , del TSO e della sua pericolosità “politica”, della riflessione (necessaria, permettetemelo) sull’utilizzo di psico-farmaci e sedativi.

Temi che andrebbero discussi davvero e con grande profondità oggi con la stessa urgenza di un tempo, ma che troppo spesso sono scavalcati da discussioni sofistiche su questioni poco centrate sull’utilità di una terapia o di cura. Pazienza, peccato però che una delle menti più nobili del ‘900 abbia abitato in Italia e che di lui pochi si ricordino. Peccato che il Dottor Basaglia, sia riuscito a far passa in un’Italia democristiana e conservatrice, idee progressiste e per alcuni versi avanguardiste, ispirate dal sacro fuoco della filosofia che incontra la psichiatria e cura non il paziente ma l’essere umano.

Detto questo Alessio Lega ha scritto delle canzoni e le ha cantate. Canzoni molto belle, dense e ricche dell’ironia del poeta. Nel ruolo di arrangiatore, produttore e prima fiocina troviamo Rocco Marchi, artista geniale e versatile che ha sempre accompagnato Lega con le sue incursioni percussive a metà tra Reich e l’indie-rock di matrice francese. Marchi che, bisogna ricordarlo, animava quella splendida macchina da sogni che erano i Mariposa (ove militava un’altra grande anima del rock italiano Enrico Gabrielli).

Le dodici canzoni presenti sono a loro volta divise in due parti, la prima chiamata appunto “E ti chiamaron matta” dove compaiono le canzoni di Gianni Nebbiosi suonate e riarrangiate da Lega-Marchi e la seconda dove sei canzoni raccontano la storia di Mastrogiovanni con la partecipazioni in uno dei frammenti anche di Ascanio Celestini.

La voce di Lega e la metrica che ha deciso di usare riportano ad un cantautorato antico e sano, che dal mio punto di vista va a giocare più con la canzone popolare inglese che con la tradizione italiana, rimanendo sospesa tra la favola e la narrazione, con leggerezza là dove il tema di per sé porta a scavare tra le profondità umane.

Mirabile il lavoro di Marchi nel creare un giocattolo perfetto al servizio di Lega, permettendogli di muoversi come un menestrello in punta di piedi su di una città distrutta dal fuoco.

L’album ha senso nella sua interezza, anzi il progetto sarebbe meglio dire, ma ascoltatevi se andate di fretta Atto d’accusa, in coppia con Ascanio Celestini per capire quanto le parole siano scelte con cura e soppesate con attenzione per arrivare con dolcezza, ma chiarezza, alle orecchie dell’ascoltatore.

Acquista E ti chiamaron matta cliccando qui
Exit mobile version