Nel paese dell’aquilone cosmico di Olivier Guez è un libro che che diverte in prima battuta, affascina ad una lettura più attenta e poi conquista attraverso le riflessioni nasconde anche tra le pagine più spensierate.
Nel paese dell’aquilone cosmico di Olivier Guez
Cosa trasforma un gesto in storia? Cosa fa diventare un momento il simbolo di un’epoca? Certo, in primis che accada qualcosa di forte, eccezionale. Ma non esiste la storia senza che qualcuno la racconti, senza che qualcuno la raccolga e ne faccia mitologia. Si occupa di questo e molto altro Olivier Guez nel suo ultimo romanzo, ma lo fa da un punto di vista inaspettato.
Ritrovare Olivier Guez è un piacere, ma anche una sorpresa. Avevamo infatti letto con grande attenzione il suo affascinate La scomparsa di Josef Mengele nel 2017 (leggi la recensione), come Il secolo dei dittatori due anni fa, ma leggerlo qualcosa di suo sul calcio e lo sport è un piacere inaspettato. A dire il vero è una riscoperta visto che lo scrittore francese si era cimentato con lo sport in Elogio della finta, una ricostruzione della nascita di uno dei gesti tecnici più affascinanti del calcio.
Comunque la si voglia vedere, la penna di Guez è sempre estremamente efficace, ficcante, meticolosa, qualunque sia l’argomento che decida di sviscerare. Possiamo cogliere, in modo abbastanza netto, alcuni temi di fondo nell’opera di Guez: per esempio il disprezzo per l’omologazione e la cupezza di qualunque regime autoritario.
Nelle sue analisi storiche ha sempre di mira il potere, la violenza psicologica prima che fisica che uomini cinici e famelici esercitano sui più deboli. Qui sta anche la grande capacità di raccontare i deboli, gli oppressi, le vittime prescelte. In particolare in quest’ultimo lavoro viene fuori evidentemente questa direzione.
Nel paese dell’aquilone cosmico racconta prima di tutto una scelta di campo: si scelgono gli ultimi in questo libro. Con una partenza divertente e colorita, Guez ci porta nella sua infanzia di giovane calciatore che avrebbe dovuto e potuto emergere, ma che invece è rimasto fermo al palo.
Questo incipit permette di chiarire alcune riflessioni sul mondo del calcio. Prima di tutto sul tifoso che “investe somme mirabolanti in biglietti, abbonamenti (pacchetti di canali televisivi a pagamento, riviste, quotidiani), figurine, maglie, viaggi, scommesse, libri (occasionalmente), videogiochi (soprattutto)”, ma anche su tutta la mitologia del calcio e del suo confrontarsi e sfidare la realtà circostante.
Maradona e l’Argentina
È in questa seconda parte del libro che Guez emoziona e fa riflettere. La maggior parte delle pagine sono dedicate all’Argentina, paese che lo scrittore conosce molto bene evidentemente e il calcio è un mezzo perfetto per risalire la corrente della storia di questo Paese afflitto da una dittatura violentissima.
Il titolo prende spunto da una frase celebre “scappata” a Víctor Hugo Morales subito dopo che Maradona aveva segnato la seconda della due reti all’Inghilterra. Partita di per sé già segnata da forti sensazioni dopo le morti argentine a seguito della guerra per il controllo delle Malvine. Una guerra che gettò l’Argentina in una grave crisi sociale ed economica, in cui proprio nel 1986 si iniziava a vedere qualche spiraglio.
Guez coglie nel segno cominciando a raccontare proprio da lì un Paese che ha vissuto un anno di anime nere che si aggiravano per le strade, che però non ha mai perso la voglia di giocare a calcio e ballare il tango: autentiche forme di resistenza popolare.
Guez usa il calcio e Maradona per disegnare la parabola di un popolo in cammino verso la modernità, un paese in cui non a caso si rifugiarono molti ex kapò nazisti cercando di scomparire, portando la loro mano nera sulle terribili vicende che segnarono la storia Argentina degli inizi degli anni Ottanta.
Un libro che diverte in prima battuta, affascina ad una lettura più attenta e poi conquista attraverso le riflessioni nasconde anche tra le pagine più spensierate.
Olivier Guez – Nel paese dell’aquilone cosmico – Neri Pozza
Traduzione: Margherita Botto