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L’impensato. Teoria della cognizione naturale – Katherine N. Hayles

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L’impensato. Teoria della cognizione naturale di Katherine N. Hayles ci pone un dubbio che scuote alle fondamenta le nostre certezze antropocentriche di essere al centro del mondo e di essere gli unici esseri viventi ad avere un quid speciale, cioè la coscienza.  Qualcosa che ci fa superare di gran lunga qualunque altra specie presente sulla faccia della terra.

L’impensato. Teoria della cognizione naturale di Katherine N. Hayles

Ci pone un dubbio Katherine N. Hayles, un dubbio che scuote alle fondamenta le nostre certezze antropocentriche di essere al centro del mondo e di essere gli unici esseri viventi ad avere un quid speciale.  Qualcosa che ci fa superare di gran lunga qualunque altra specie presente sulla faccia della terra. Questo quid speciale sarebbe la coscienza nella tradizione filosofica occidentale, almeno dall’avvento della ragione in poi. Coscienza che costruirebbe narrazioni dell’io e quindi anche l’Io stesso, con la sua capacità di immaginarsi un continuum temporale al di là delle molteplici variazioni che vive ogni soggetto.

L’autrice però pone un dubbio, anzi due. Il primo fondamentale dubbio è se davvero la coscienza sia presente in tutti i nostri processi di apprendimento ed evoluzione. Il secondo è se davvero i processi cognitivi passino tutti per la coscienza se anche sistemi, oltre che esseri viventi, possono essere cognitivi, agire in modo efficace pur non presentando segnali di coscienza. Tema, questo, oggi ampiamente dibattuto in ambito neuroscientifico, come dimostra anche l’uscita di qualche mese fa di Pensieri della mosca con la testa storta, per Adelphi di Giorgio Vallortigara (leggi la recensione), raccolta di annotazioni scientifiche su casi di azioni complesse compiute in assenza di una coscienza.

Alla definizione del tema è dedicata la prima parte del libro, sicuramente la più affascinante, in cui si cerca di dimostrare l’esistenza stessa di un non-pensate agente, di un non-pensato in grado di cambiare le nostre risposte almeno a livello pratico-fattuale.

È decisamente convincente la tesi della Hayles, anche perché riesce a portare a suo favore congetture e studi che effettivamente dimostrano la grande capacità di azione di cui sono capaci molti esseri viventi a prescindere dalla coscienza.

Interessante, per esempio, il capitolo dedicato all’intelligenza delle piante, ovviamente un paradosso ma ricco di spunti di riflessione. Se è vero e assodato che le piante non hanno un cervello, almeno quello che comunemente  definiamo tale, cosa permette a questi esseri viventi di comportarsi in specifici modi di fronte a situazioni diverse o complesse?

L’analisi è pertinente perché si capisce come sia un apparecchiamento per poter esprimere una tesi ancora più forte.

Il peso delle menate della coscienza

Dopo molti esempi stringenti che dimostrano come la capacità del cervello di costruire risposte senza passare dalla coscienza sia una verità di fatto, senza però neanche allontanarsi poi tanto da almeno una parte della psicoanalisi, Katherine N. Hayles fa un passo in più: cercare di dimostrare che anche le macchine, o almeno alcune macchine vicino a noi, posso diventare esseri agenti in alcuni contesti.

Tesi che si esprime attraverso la categoria degli assemblaggi cognitivi, termine preso in prestito a metà da Bruno Latour che si riferisce all’integrazione di azioni umane e azioni compiute da macchine che saprebbero variare le risposte in base alle situazioni circostanti.

Il grande fascino che esprime il libro è quello di instillare un dubbio non così lontano da considerazioni molto semplici: per esempio l’effettiva simbiosi tra processi agentivi ed esclusione da essi della coscienza.

Se da un lato le tesi dell’autrice americana spiazzano, dall’altra in realtà confortano sulla capacità dell’umano, del vivente, di far fronte all’esistenza senza per forza doversi confrontare con le lentezze (vogliamo chiamarle menate) della coscienza. Anzi la coscienza in questo contesto rimane decisamente circostanziata solo a una parte della vita, ma soprattutto in alcuni casi la sua azione diventa quasi superflua, addirittura inefficace.

Un plauso per la bella realizzazione di questo volume va fatto ai due traduttori, Silvia Dal Dosso e Gregorio Magini, che riescono a ridare il carattere fondamentalmente colloquiale, per quanto complesso, immaginato dalla Hayles.

Augurandoci un buon successo per L’impensato, libro complesso ma che si può schiudere di fronte anche a chi non presenta nozioni di filosofia e neuroscienze, vi suggeriamo di cercare gli altri volumi di Katherine N. Hayles per poter scoprire quanta freschezza pop abbiano le sue idee sulla mente e sul rapporto tecnologia-umano.

Katherine N. Hayles – L’impensato. Teoria della cognizione naturaleEffequ
Traduzione: Silvia Dal Dosso, Gregorio Magini

Voto - 80%

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