La Groenlandia non era tutta verde. Il cambiamento climatico e le decisioni da prendere di Gianluca Lentini è un libro, prima che sul cambiamento climatico, di epistemologia e di riflessione sull’antropocentrismo, in cui ad ogni passo entriamo nella questione con nuovi strumenti e definizioni. Un libro importante per chi non voglia cadere nella sgraziata mania contemporanea di parteggiare o contrastare a prescindere per una causa senza avere bene afferrato la questione.
La Groenlandia non era tutta verde. Il cambiamento climatico e le decisioni da prendere di Gianluca Lentini
Nella primavera lui e Thorgest lottarono ed Erik fu sconfitto; dopo questo evento i due si riconciliarono. Quell’estate Erik partì per colonizzare la terra che aveva trovato e che aveva chiamato Grønland perché, diceva, gli uomini sarebbero stati persuasi più facilmente ad andarci se quella terra avesse avuto un nome propizio.
Con queste parole tratte dalla saga dei groenlandesi scopriamo in Erik il Rosso il primo uomo in assoluto a rendersi artefice di Green-Washing (letteralmente, tra l’altro), denominando la fredda terra scoperta Grønland (Terra Verde) verso la fine del X secolo. Il nome doveva essere invitante e di buon auspicio per i temerari navigatori che avrebbero intrapreso il viaggio verso un nuovo domicilio, ma, anche se l’operazione riuscì, presto i coloni avrebbero scoperto di abitare su una coperta di ghiaccio secolare.
Ingenuo o furfante Erick il Rosso? Tutte e due le cose insieme. Il furbo Erik il Rosso capitò in Groenlandia proprio durante l’epoca geologica che gli scienziati definiscono “il Periodo Caldo Medievale, meglio definito come Anomalia Calda Medievale, dove particolari processi naturali” diedero all’esploratore la sensazione di essere capitato in un luogo diversissimo da quello che si sarebbe poi dimostrato.
Il caso di Erik il Rosso ci insegna una cosa: il clima cambia, si possono riscontrare caratteristiche differenti negli stessi luoghi a distanza di molti anni.
Con questa introduzione divertente e curiosa, Gianluca Lentini apre il suo saggio con un espediente apparentemente a favore dei negazionismi del cambiamento climatico che sostengono semplicemente che ogni tanto la terra cambi un po’ le temperature a proprio piacimento.
Ben lungi dal dar credito ai negazionisti del clima, poi lo vedremo meglio, Gianluca Lentini non compie un atto di divulgazione (di cui siamo saturi tutto sommato), bensì ci accompagna tra i secoli di cultura umana a scoprire cosa significato i termini sulla bocca di tutti quando si parla di cambiamento climatico e di come da ciò possiamo trarne una lezione concreta e pratica.
Questione di distinzioni
Lasciato Erik il Rosso ci troviamo di fronte ad una importante distinzione linguistica ed epistemologica. Meteorologia e climatologia non si occupano della stessa materia, solo tangenzialmente hanno alcuni dati in comune. La loro distinzione si origina da due discriminanti ben precise: la meteorologia cerca di prevedere i fenomeni atmosferici attraverso complessi algoritmi, la seconda studia l’impatto di processi interni naturali o a forze esterne sul clima.
Nello studio della climatologia sono importanti appunti, osservazioni, racconti che arrivano dal passato, come sottolinea con una bellissima divagazione Lentini, raccontando tra l’altro delle osservazioni effettuate all’osservatorio di Brera da Virginio Schiepparelli e di come la storia degli strumenti di misurazione ci dia il polso dei passaggi epistemologi.
Si fa centrale quindi un’ulteriore distinzione tra cambiamento climatico attribuibile ad attività umane che alterano la composizione atmosferica e variabilità climatica attribuibile a cause naturali. Ed è in questo passaggio del libro che Gianluca Lentini, con semplicità e chiarezza, racconta gli interventi umani sul clima e di come questi abbiano prodotto negli ultimi cento anni un cambiamento repentino e straordinario dell’ordine naturale. L’impatto umano, già antipato nel 1975 da Wallace Smith Broecker (padre controvoglia del global warming), definito antropogenico ci racconta lo sviluppo tecnologico umano, ma anche l’incapacità culturale di percepire la pericolosità della nostra specie sui processi naturali.
Per cogliere la nostra potenza di influire sui cambiamenti climatici bisogna ritornare a Lovelock e alla sua definizione di Gaia, dove il visionario scienziato indipendente descriveva il pianeta su cui viviamo come un unico grande organismo in cui tutti (vulcani, maree, noi compresi) giocano un ruolo determinante nella vita dell’organismo stesso.
La Groenlandia non era tutta verde racconta nel dettaglio le lampanti prove che il surriscaldamento globale sia provocato negli ultimi cento anni dall’uomo, ma in particolare disvela alcuni passaggi epistemologici fondamentali per poter con chiarezza afferrare la problematica. Uno dei pregi della scrittura di Lentini e che non subodora mai di invettiva ideologica o saccenza non corroborata: in ogni passaggio il geofisico milanese pondera le posizioni e smonta luoghi comuni legati al cambiamento climatico con dati e riflessioni.
Per questo è un libro, prima che sul cambiamento climatico, di epistemologia e di riflessione sull’antropocentrismo, in cui ad ogni passo entriamo nella questione con nuovi strumenti e definizioni. Un libro importante per chi non voglia cadere nella sgraziata mania contemporanea di parteggiare o contrastare a prescindere per una causa senza avere bene afferrato la questione.
Gianluca Lentini – La Groenlandia non era tutta verde. Il cambiamento climatico e le decisioni da prendere – EGEA