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Che mi dici di Stefano Rosso? Fenomenologia di un cantautore rimosso – Mario Bonanno, Stefania Rosso

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Che mi dici di Stefano Rosso? Fenomenologia di un cantautore rimosso di Mario Bonanno, Stefania Rosso è informale e ficcante sin dal titolo, racconta il percorso artistico ed esistenziale del cantautore Stefano Rosso senza tracciare percorsi o cronologie troppo strette, bensì facendo emergere un importante profilo musicale attraverso ricordi, memorie, tracce di testi.

Che mi dici di Stefano Rosso? Fenomenologia di un cantautore rimosso di Mario Bonanno, Stefania Rosso

Scrivere la biografia di un artista è un gesto pericoloso, si può incorrere nell’agiografia descrivendo il povero malcapitato come un santo in cerca di beatificazione. Se la cosa avviene a posteriori il rischio è ancora maggiore, per questo è apprezzabile il bel volume uscito per Paginauno.

Informale e ficcante sin dal titolo, questo libro racconta il percorso artistico ed esistenziale del cantautore Stefano Rosso senza tracciare percorsi o cronologie troppo strette, bensì facendo emergere un importante profilo musicale attraverso ricordi, memorie, tracce di testi.

Bisogna fare una precisazione importante nel presentare questo libro: gli autori sono talmente fondamentali per la sua composizione che vanno raccontati. L’idea del libro nasce da Mario Bonanno, autore attento e curioso già conosciuto ai più per i suoi approfondimenti sulla musica d’autore, tra i quali ricordiamo 33 giri. Guida ai cantautori italiani (PaginaUno) e Rosso è il colore dell’amore. Intorno alle canzoni di Pierangelo Bertoli (Stampa Alternativa).

L’idea di Bonanno è quella di strappare dall’oblio della comunicazione di massa il profilo di Stefano Rosso per riportarlo nella posizione che merita all’interno della storia della canzone d’autore italiana. Nel suo intento, Bonanno ha escluso pettegolezzi, rivelazioni hot, tragedie personali, concentrandosi invece sul far affiorare la personalità di un artista che si muoveva tra palco e quartiere con la stessa ironia e la stessa joie de vivre. Un atteggiamento scanzonato e perfettamente anarchico che permeava l’uomo prima delle sue opere.

A portarci Stefano Rosso padre, marito di tutti i giorni, ci pensa invece Stefania Rosso, figlia dell’artista che racconta la semplicità di una vita vissuta con irriverenza e dolcezza, prima ancora di trasformarsi in opera musicale. Anche nei ricordi di Stefania Rosso però non ci sono racconti da rotocalco, segreti di famiglia, c’è la semplice complessità di una vita vissuta col piacere di stare bene assieme.

Da un’analisi semplice della vita e delle opere di Stefano Rosso nasce naturalmente un grande profilo, quello di un cantautore talmente anarchico, anche se autarchico forse gli calza meglio ancora come si sottolinea nel libro, da essere al tempo stesso avanguardia e retroguardia di movimenti e fenomeni di massa (la liberalizzazione delle droghe, il movimento hippy), senza mai diventarne bandiera, senza mai essere simbolo.

Sintomatico come la “la canzone dello spinello”,  apparente simbolo del cazzeggio e del vizio, in realtà si intitoli Una storia disonesta e giochi proprio con gli stereotipi del movimento studentesco e delle battaglie ideologiche.

La storia di Stefano Rosso viene ripercorsa in alcune tappe topiche, senza trascurare gli anni duemila dove il cantautore viene in qualche modo marginalizzato rispetto al proprio ruolo fondamentale di cantautore e straordinario chitarrista.

Allora, tra gli altri, è bello leggere il ricordo dell’amico e cantautore Andrea Tarquini mentre fotografa Stefano Rosso sul palco, mentre suonano, giocano insieme, costruiscono l’effetto stereo facendo accordi simili. Personalmente ho provato un certo effetto leggendo questo ricordo, perché, avendo avuto la fortuna di dividere il palco con Andrea, ho ritrovato quello splendido modo di fare spettacolo che doveva essere di Stefano Rosso, una scuola, un’impronta, che mi ha fatto pensare invece alla mia scuola milanese vissuta con Paolo Ciarchi.

Nel libro non mancano anche approfondimenti sia etnomusicali che più squisitamente giornalistici, basti pensare alla bella analisi di Francesco Giannattasio o all’articolo di Marcello Barillà, momenti che servono a posizionare correttamente la storia di Stefano Rosso nella più generale storia della musica italiana.

Altrettanto splendide sono le poche parole che Edoardo De Angelis dedica a Stefano Rosso, pochissime righe in cui però si disegna “l’artista del popolo, il poeta ingenuo”, una figura di cui si sente sinceramente la mancanza in un mondo che trasuda necessità, efficacia e omogeneità di pensiero.

Mario Bonanno, Stefania Rosso – Che mi dici di Stefano Rosso? Fenomenologia di un cantautore rimossoPaginaUno

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