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Anni senza perdono – Victor Serge

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Anni senza perdono di Victor Serge è un piacere per chi ama nella letteratura la verità, la sincerità. Come gli viene rimproverato da Iouriev nel libro, nei saggi si trovano troppo spesso falsità, proprio quelle che Victor Serge si augura di non riportare nei suoi scritti.

Anni senza perdono di Victor Serge

Victor Serge, celebre per le sue Memorie di un rivoluzionario, capolavoro di verità e fedeltà, non è stato solo un giornalista e saggista, storico e romanziere, ma una delle figure più affascinanti del movimento culturale e rivoluzionario della prima metà del Novecento. Anarchico in gioventù, poi bolscevico, condannato per essere stato vicino alla Banda Bonnot, schieratosi con Trockij e deportato a Oremburg. Vagabondo e mente curiosa, Victor Serge ci ha insegnato i costi della lucidità e della schiettezza in tempi di autoritarismo. Mai piegato né al pensiero di moda né a quello di comodo.

Nei suoi scritti si ritrova la strada, le grandi idee ridotte e spalmate sulla gente comune: gli ideali che si scontrano con la realtà. A cosa pensava Serge mentre scriveva? Certo, alla Rivoluzione, al cambiamento, ma anche all’uomo, alle sue povertà, ai corpi e alle sue fragilità. Viene difficile oggi pensare, come sottolinea con dovizia Iacopo Adami, che le sue parole sarebbe state usate in chiave anti-comunista, lui che pur deportato per le sue diffidenze mai si staccò dall’ideale rivoluzionario.

Eppure proprio questa fragilità di coerenza, sinonimo di vivacità intellettuale e personale, è la chiave dell’originalità degli scritti di Victor Serge, Per questa ragione e per tante altre, ogni qualvolta che si incontra uno scritto di Victor Serge ci troviamo di fronte ad una pagina di verità talmente lampante che spesso stride con le immagini che abbiamo di molti ideali.

Nel caso di Anni senza perdono ad essere analizzato è un pezzo di Russia che vive sotto lo stalinismo. La freddezza, quasi distacco, con cui Serge ci porta in questo pezzo di mondo è spiazzante e ci lascia un po’ di freddo nelle ossa, situazione aggravata se paragonata alla storia recente e recentissima della Russia. Viene infatti difficile immaginare un intellettuale simile, un uomo simile, alle prese col putin-pensiero, anche se i risultati ottenuti con lo stalinismo la dicono chiara sui possibili scenari a cui andremmo incontro.

Due racconti

Troviamo due racconti che per forma, tempi della narrazione e precisione descrittiva, ricordano più un romanzo breve.

Il vicolo di San Barnaba è un bestiario umano di povertà e miseria che dalla materia passa allo spirito. Il linguaggio si fa affilato e umido, quasi a voler dare fisicamente la sensazione di solitudine e miseria. Il confronto immaginato con una superpotenza che nessuno ha visto viene vissuto come immagine specchio per farsi andar bene la realtà che si presenta sotto gli occhi. Anche la socialità diventa condivisione della propria miseria.

Così ritroviamo la vecchia Anissia a camminare sotto la neve per procurarsi del pane, ostinata quando non vuole per nessuna ragione cedere il proprio appartamento invidiato da tutto il quartiere. A maledire la vecchia, personaggi che vengono descritti per la magrezza, le deformità e i segni fisici del dolore spirituale. Mentre la vecchia Anissia, simbolo della capacità di adattarsi alla vita che ti ritrovi, finge di non sentire le maledizioni e intanto prega per le mille ingiustizie che vede attorno a sé.

Il secondo racconto, L’ospedale di Leningrado, ci riporta ad una realtà più complessa da leggere, meno immediata: la defenestrazione dei dissidenti. Aperto da un momento autobiografico in cui Victor Serge spiega lo stato di dissidente sotto il regime stalinista, a differenza del racconto precedente, ha un focus preciso, anche se conclusioni più difficili da trarre.

Invitato a visitare un ospedale psichiatrico dove vengono internati gli oppositori al regime stalinista, Victor Serge trova un’umanità difficile da inquadrare, colta e selvaggia insieme. Come, per esempio, nel dialogo che lo stesso Serge intrattiene con Iouriev, misterioso “amico dei letterati” che dà un’immagine diversa della reclusione.

Leggere Victor Serge è un piacere per chi ama nella letteratura la verità, la sincerità. Come gli viene rimproverato da Iouriev nel libro, nei saggi si trovano troppo spesso falsità, proprio quelle che Victor Serge si augura di non riportare nei suoi scritti.

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Curatore: Giò Sandri

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