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Glossario semiserio quasi patetico dell’avvocato degli anni 2000. Istruzioni per l’uso

INTRODUZIONE

Un giorno qualsiasi, di un anno poco importante, sei alla tua scrivania, rovistando fogli, stampate da internet, appunti, cazzeggi vari e ti compaiono quindici pagine quindici scaricate da internet ma non sai perché. Che te ne fai di un glossario dei termini giuridici, peraltro molto alla buona, a te che sei avvocato da una vita?

Poi ci pensi, e lo scrittore folle si lascia trascinare dall’idea folle. Perché no?

In un ordine che è il sovvertimento stesso dell’ordine di un qualsiasi glossario, pensi che sia proprio il caso. Di fare cosa? Di divertirti un po’, di raccontare in maniera semiseria, perché certe realtà non godono del crisma della serietà assoluta come fossero dogmi, cosa sia questo misterioso mondo della giustizia.

AULA D’UDIENZA

È il luogo che per il gladiatore era l’arena: il luogo dello scontro.

La definizione certo sembra pomposa, a una prima lettura. Un richiamo ad antiche regole, ad antichi scenari: il principe e l’editto.

Cosa immagina il comune mortale che non ha mai messo piede in questo luogo?

Forse quello che vede in tivvù, nei telefilm di origine anglosassone, dove l’aula è una grande sala, con tanto spazio predefinito, con distanze predefinite. Una parte di qua, una di là, comodamente seduti davanti ai loro grandi tavoli, a debita distanza dallo scranno del giudice.

Niente di tutto questo esiste in Italia.

Aula d’udienza.

L’aula che come primo passo devi individuare nel meandro dei corridoi del tribunale, perché nonostante un cartello, parecchio arrangiato, ti indichi le aule assegnate a ciascuna sezione, gli sconvolgimenti perpetui fanno in modo che quel cartello possa essere usato, eventualmente, per altri e meno nobili scopi.

L’aula che quando arrivi devi subito esibirti in una caccia al tesoro, dove il tesoro è il fascicolo d’ufficio della tua causa.

Essi giacciono, sparpagliati e abbandonati sui tavoli – non più di due – che arredano la stanza, o sui davanzali delle finestre – sempre due – che avrebbero la pretesa di arieggiare l’ambiente, se solo fossero aperte.

E i tuoi colleghi! Sono talmente tanti, accalcati uno sull’altro, e tutti abbrancati al proprio fascicolo, che individuare la tua controparte è una vera impresa, sempre che non abbia preso il fascicolo e sia andato a fare i fatti suoi da un’altra parte: una cancelleria, un’altra udienza.

Inizi a girare per la stanza, alzi fascicoli – no, non è il mio – chiedi al collega estemporaneo (la sostituzione è sempre in agguato): ” Pinco contro Pallo?”e lui o lei ti guarda schifato. Come hai osato pensare che il suo prestigioso studio possa occuparsi di Pinco o di Pallo?  ” No” risposta secca e seccata.

La caccia ricomincia. Nel frattempo devi tener d’occhio il corridoio, perché c’hai la p.t. (prova testimoniale) e non sai se il testimone sia arrivato. Mica lo conosci!

Vedi un signore smarrito, spaventato, che cammina su e giù per il corridoio, nervoso come se la causa fosse la sua. ” Signor Caio?” ” Sono io, è lei l’avvocato?” e lo dice guardandoti da capo a piedi, quasi deluso. Una donna? Eh già.

Eppure il signor Caio ha ricevuto una raccomandata con tanto di nome e cognome della sottoscritta. Vabbè.

Ora che il teste è arrivato, che il fascicolo è comparso come uno dei miracoli di Fatima nelle mani di uno sconosciuto che ti dice: “salve collega, sono in sostituzione dell’avvocato Bruto” e tu pensi che il collega Bruto poteva anche farti la cortesia di avvisarti, la sera prima, dell’inconveniente. Vabbè anche questa.

Ora urge trovare un posto, un buco, uno spiraglio d’aria nella calca dove potervi accomodare e interrogare il teste.  Ma prima…

Prima occorre guadagnare uno spiraglio di pavimento per avvicinarsi al Giudice, al quale, con deferenza, devi chiedere di poter ascoltare il teste in contraddittorio. Ma prima è opportuno che sappiate che ci sono vari modi di ascoltare un teste e verbalizzarne la deposizione.

Secondo il codice di rito, il tutto dovrebbe svolgersi in una stanza, possibilmente quella del Giudice, alla presenza del medesimo, dei soli avvocati di parte e del teste di turno. Sarebbe l’applicazione all’istruttoria del rito camerale. Sarebbe. Perché a quanto pare ai ministeri italiani importa poco del fatto che la carenza di strutture e di mezzi faccia in modo che tutti i presenti nell’aula possano ascoltare i fatti del tuo cliente e della controparte. E meno male che abbiamo l’obbligo del segreto professionale. Quindi il Giudice autorizza e le parti trovano lo spiraglio d’aria in cui ascoltare il teste e verbalizzare. Ciò potrebbe anche far pensare a una agevolazione: ascoltato il teste, verbalizzato, riconsegnato il fascicolo si va via a farsi i fatti propri. Invece no. Perché il fascicolo lo riconsegni e viene impilato sempre in coda. Da qui parte l’attesa: di essere chiamati, di presentare il teste al giudice che gli chiede di confermare quanto dichiarato e di firmare il foglio del verbale.

L’altro metodo è quello più inviso ai giudici. Diciamo che già dalle prime battute ti trovi di fronte il collega scorretto che tenta in ogni modo di confondere e sviare il tuo teste. Allora ti fermi, fascicolo in mano vai dal giudice, aspettando di poter fiatare tra una discussione e l’altra, e fai presente che il teste in contraddittorio non è possibile ascoltarlo e allora deve farlo il giudice. Che, a rigor di logica, di codice e di Costituzione, come amministratore di giustizia dovrebbe essere contento di svolgere appieno il suo ruolo. Invece ti guarda come fossi l’ultimo degli scarafaggi. Poi, soffiando le parole come fa il mio gatto quando è tanto ma tanto incazzato,  dice: ” va bene, ma dovrete aspettare la fine dell’udienza”. Cioè devi aspettare, tu, il cliente e il teste, che tutti i fascicoli sulla cattedra del giudice siano esauriti. Il che avviene non prima di un orario compreso fra le 13 e le 15, dipende dalle giornate. Insomma è una punizione: hai osato chiedere a sua maestà il magistrato di fare il suo lavoro? Sarai punito! (come ho potuto verificare ciò non accade nella maggior parte dei tribunali da Roma in su). Non solo, perché ti viene anche il sospetto che da qualche parte abbia preso un appunto per ricordare, al momento della stesura della sentenza, tale ignominioso oltraggio. Perché l’appunto segreto vi chiederete? Perché il verbale non reca alcuna traccia delle modalità di raccolta della prova. Secondo il verbale, “sono presenti gli avvocati, nonché i testi citati, che le parti chiedono sia ascoltato” A capo: “il Giudice dispone in conformità”. A capo, le generalità del teste e l’impegno a dire la verità. Poi a capo: “ADR (a domanda risponde) – risposta.

Bellissimo vero? Interroghi un teste che dovrebbe rispondere pari pari alle domande già portate all’attenzione del giudice e da questi approvate con la memoria istruttoria. Ma gli avvocati sono vecchie volpi, furbi azzeccagarbugli che mirano al miglior risultato e magari sanno già che il teste è falso o è stato indottrinato. Allora la domanda risultante ammessa nella memoria istruttoria viene manipolata, aggiustata, e l’altro avvocato interviene per fermare lo scempio, ma il teste ha già sentito tutto. Quindi ADR: a quale domanda risponde? (continua)

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