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Siamo tutti vittime, la protesta pacifica di St. Louis

Una protesta pacifica, nel pieno centro di St. Louis. La morte del giovane di colore Michael Brown a Ferguson, lo scorso agosto, è una ferita ancora aperta negli Stati Uniti, e proprio in questi giorni un Grand Jury dovrà decidere se incriminare o meno il poliziotto bianco che gli ha sparato. Il problema delle forze di polizia è un dato di fatto, e non solo negli USA

Centinaia di persone sono scese in piazza per chiedere giustizia, si sono sdraiati in strada e hanno disegnato con un gesso i contorno dei loro corpi, proprio come sulle scene del crimine. Una scena toccante che, purtroppo, non è confinata solo al di là dell’Oceano. Il rapporto con le forze dell’ordine anche da noi è quantomeno controverso. Dal recente caso Cucchi fino a tornare indietro alla mattanza di Genova nel 2001, la nostra storia recente è costellata di episodi ombrosi in cui l’operato delle forze dell’ordine non è stato dei più cristallini. Ogni episodio ha la sua storia ed è giusto, in questi casi come nella vita in generale, non generalizzare, però, è un dato di fatto che oramai l’uomo in divisa incute un po’ di timore. E forse, anche a ragione. È questione di rapporto di forza e di fiducia.

Alla base c’è un semplice fatto, che poi è anche il fondamento del ruolo delle forze dell’ordine nella nostra vita: la folla può essere fuori controllo quanto si vuole e il giovane spacciatore può opporre tutta la resistenza violenta che vuole, ma è inoppugnabile il principio che, qualsiasi cosa succeda, il rapporto di forza è sempre a favore di chi indossa la divisa. Ed è giusto che sia così. Sono loro che custodiscono la nostra sicurezza e solo a loro spetta il compito di proteggerci, in alcuni casi anche da noi stessi. In mancanza di questo le forze dell’ordine non sarebbero più forze dell’ordine, la loro divisa sarebbe svuotata di senso e, soprattutto, non avrebbero più l’autorità, anche morale, per fare al meglio il loro dovere.

La fiducia, invece, è la condizione indispensabile perché questo legame resti saldo e soprattutto sano. La polizia, passatemi la similitudine, è per certi versi il Super Io che ci siamo costruiti razionalmente: il Capo della Polizia rappresenta il dipartimento della Pubblica Sicurezza, cioè un’articolazione del Ministro dell’Interno, cioè lo Stato, cioè, in definitiva, noi. Le forze dell’ordine sono il controllo che noi stessi ci siamo imposti, siamo noi ad avergli “armato la mano” ed è per questo che dobbiamo riporre in loro la massima fiducia. Quando incontriamo un poliziotto dobbiamo sentirci protetti, quando siamo dentro a una caserma la dobbiamo considerare come il luogo più sicuro al mondo, quando ci controllano i documenti dobbiamo sentirlo a pelle che viene fatto per la nostra sicurezza. Se viene a mancare questo, anche soltanto a causa di un episodio isolato, vengono minate tutte le ragioni su cui si fonda il senso delle forze dell’ordine. Essendo le forze dell’ordine costituite da uomini, lo sbaglio, anche grave, ci può stare, è fisiologico e nell’ordine della fallibilità umana. In questi casi, la fiducia si mantiene se l’errore viene riconosciuto prima di tutto e poi, va da sé, rimediato con provvedimenti equi. Pretendere l’impunità  in caso di sbaglio, o peggio, giustificare le proprie azioni e arrivare addirittura a negarle (che siano gli ignobili fatti di Genova oppure il calpestamento volontario di una manifestante a terra), è quanto di più sbagliato possa fare un organo di controllo.

Per questo appoggiamo in pieno la manifestazione pacifica dei ragazzi di St Louis e speriamo che il processo che si terrà in questi giorni dalle loro parti possa stabilire delle responsabilità. Come del resto, tornando in Italia, speriamo che la nostra Cassazione sappia dare risposte in merito alla morte di Stefano Cucchi. Abbiamo bisogno di chiarezza, dobbiamo tornare a fidarci.

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