L’operazione Mondo di Mezzo, oltre allo schifo che ha portato alla luce, ha sollevato nuovamente il problema annoso delle cooperative, colpevoli di tante cose, tra cui il distorcere il fine mutualistico che le fonda e di sfruttare in maniera generalizzata i suoi lavoratori. Tutto vero, e chi lo nega. Però, cazzo, stiamo parlando di un esiguo numero di casi deviati. La stragrande maggioranza è sana e virtuosa, per capirlo basterebbe solo guardarsi intorno
Con la scoperta di MafiaCapitale e dei vari Buzzi e Carminati, oltre alla sacrosanta indignazione per lo stato moralmente pietoso in cui versa la nostra classe dirigente, è tornato con forza in auge il concetto tanto caro a una certa classe politica, secondo cui le cooperative sono il male assoluto. Realtà malate, dietro alle quali si celano delinquenti di ogni risma, dediti esclusivamente a fare i propri interessi. Come detto sopra, non posso negare che questo sia un dato reale. Però, bisognerebbe anche aggiungere che questa realtà (peraltro per nulla sconosciuta alle aziende private) rappresenta solo una parte, e per nulla preponderante, del tutto.
Lo ammetto, m’incazzo quando sento parlare delle cooperative rosse e della loro funzione di mero strumento assoggettato ai poteri politici. Mi incazzo quando, deliberatamente, si manipola l’informazione per cavalcare un consenso polarizzato. Mi incazzo quando di queste fantomatiche cooperative passa solo quello che fa notizia, e cioè le storture. Mi incazzo perché semplicemente questa non è tutta la verità. Attenzione, io sono favorevolissimo a stigmatizzare i fatti negativi, ci mancherebbe altro, però la stigmatizzazione dovrebbe andare di pari passo con una maggiore consapevolezza di ciò di cui si parla, cosa oramai sempre più rara in questo paese.
Si può e si deve ragionare sulla fallibilità di alcuni aspetti dello statuto che consentono di sfruttare le cooperative per nascondere gestioni aziendali folli, ma si deve con altrettanta forza ricordare quello che di meravigliosamente buono c’è alla base della cooperazione, ossia il concetto fondante di mutualità. Il lavoro come comunione d’intenti dove l’imprenditorialità è condivisa e il destino di ognuno è legato a quello dell’altro, potrebbe essere se non la soluzione, almeno un punto di vista differente con cui affrontare l’emergenza del lavoro.
Non servirebbe molto per capirlo. Basterebbe guardarsi intorno. Basterebbe informarsi ad esempio sui risultati ottenuti da Banca Etica grazie ai programmi di credito ai giovani e alle nuove iniziative imprenditoriali (sì, lo so, Banca Etica è rimasta coinvolta nell’affaire 29 giugno, ma leggete QUI). Una visione completa e onesta del sistema cooperativo, ci farebbe vedere anche quanto di buono queste organizzazioni hanno fatto e stanno facendo per rispondere ai problemi sociali di tutta quella parte di persone che de André chiamava “gli ultimi”. Le cooperative di lavoro, di consumo ma soprattutto le cooperative sociali rappresentano l’unica risposta laica ai bisogni di una fetta sempre più vasta del nostro paese. Io mi domando, e qui chiudo, cosa ne sarebbe della società italiana attuale se non ci fossero le tanto vituperate coop. sociali? Organizzazioni che lavorano bene nonostante tutto, nonostante i tagli pressanti di Comuni e Regioni, nonostante il fatto che i suoi consociati non godono di nessun riconoscimento sociale (come gli insegnanti, del resto). Persone che lottano ogni giorno per alleviare condizioni di disagio gravissime, che vanno ben al di là dei soliti “poveri handicappati” che Matteo Salvini (per nominarne uno a caso, eh) cita ogni qual volta parla di problematiche sociali (come se ci fossero solo loro). Insomma, le cooperative non sono solo Carminati, Buzzi e la merda che abbiamo letto in questi giorni, ma sono un patrimonio fondamentale per il nostro tessuto sociale. La grande parte che funziona, non fa notizia ma c’è. Ed è molto più indispensabile di quello che vogliono farci credere.
Per capirlo basterebbe solo guardarsi intorno.
Se avete voglia, date un occhio ai siti di queste realtà:
Cooperativa Sociale di solidarietà Comin
Cooperativa Sociale La grande casa